Una ricerca italiana ha ricostruito l’attività medievale dello Stromboli, che scatenò alcuni tsunami di cui fu testimone anche il Petrarca.
La ricerca, coordinata dall’Università di Pisa e pubblicata sulla rivista «Scientific Reports», è stata condotta in collaborazione con Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Università di Modena-Reggio Emilia e Urbino, Istituto di studi del Mediterraneo antico del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), City University of New York, American Numismatic Society, Associazione Preistoria Attuale.
Gli studiosi hanno ordinato tre zone di scavi nella parte settentrionale di Stromboli, facendo emergere strati sabbiosi che, analizzati e datati, hanno permesso di stabilire un’inequivocabile relazione con i ritrovamenti archeologici che testimoniano il rapido abbandono dell’isola a seguito degli tsunami.
Il principale dei tre tsunami fu quello del 1343 e, secondo gli esperti, causò la devastazione dei porti di Napoli e Amalfi. Dell’evento fu testimone anche Francesco Petrarca, che, trovatosi a Napoli nel ruolo di ambasciatore di Papa Clemente VI, in una lettera parlò di aver assistito a «una strana tempesta» che provocò vittime e l’affondamento di numerose navi.
L’identificazione dello Stromboli come la sorgente di questi tsunami è stata possibile grazie a un lavoro interdisciplinare realizzato da vulcanologi e archeologi e portato avanti dai ricercatori Mauro Rosi e Marco Pistolesi. Sara Levi, dell’università di Modena-Reggio Emilia, osserva che «nella prima metà del Trecento Stromboli era abitata e rivestiva un ruolo importante come snodo del traffico navale dei crociati provenienti dalle coste italiane, spagnole e greche». In seguito, l’isola è stata totalmente abbandonata fino alla fine del Seicento, quando iniziò il suo ripopolamento moderno. Secondo la ricercatrice questo lavoro «rivela per la prima volta la capacità del vulcano di produrre eventi di dimensioni assai superiori a quelli fino a oggi noti». D’accordo la vulcanologa Antonella Bertagnini, dell’Ingv di Pisa, secondo cui la ricerca «porta alla luce, per la prima volta, la capacità del vulcano di produrre, anche in tempi relativamente recenti, tsunami di scala nettamente superiore e potenzialmente in grado di raggiungere aree costiere anche molto distanti».