domenica, Settembre 8, 2024
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Il registro del professore: i docenti

Con questo breve articolo, se le Muse (e il Direttore del giornale) vorranno, inizia una rubrica che si occuperà del continente Scuola. Con dosi di ironia e satira, come fossero borracce d’acqua, tenteremo di tracciare una cartografia di questo misterioso territorio, di narrare la geografia di un luogo per iniziati, individuando i deserti e segnalando le oasi. Sorridendo ma non troppo.

Il mondo della scuola

La Scuola è un mondo, un universo parallelo e tangente alla realtà. È un’idea di mondo, nonostante si cerchi di trasformarla in una copia del mondo. Essa tuttavia resiste, ostinata e affaticata, cercando disperatamente di veicolare saperi e di formare coscienze. La Scuola ci accoglie bambini e ci saluta giovani, e noi porteremo nell’animo le sue tracce indelebili, per tutta la vita.

I professori

È doveroso cominciare da coloro che eroicamente si sono immolati in difesa dell’estinzione di questa terra, assediata da alternanze, edifici fatiscenti, paghe da minatori dell’800, genitori scalmanati, registri elettronici, formazioni elettroniche, lavagne multimediali, allievi elettronici: i professori!

Il docente dimostra la sua indole titanica fin da ragazzo: nonostante la famiglia tutta lo scoraggi, egli, col piglio del martire moderno, affronta venti anni di studio come requisito minimo, possibili dottorati e specializzazioni (per almeno un altro lustro), scuole di formazione, concorsi abilitanti, attese messianiche al provveditorato, incarichi spezzettati, anni di precariato, fasce di abilitazione per ricevere: la Chiamata!

Come un novello mistico, finalmente vede la luce dell’incarico a tempo indeterminato. Alcuni ci arrivano con l’artrosi, altri con l’esaurimento nervoso, tuttavia questo percorso biblico non è la conseguenza degli istinti sadici del Ministero, ma no!, bensì è una sacrosanta darwiniana palestra per temprare gli animi e i corpi dei futuri docenti della pubblica istruzione. Eppure l’immissione in ruolo riscatta tutto: l’inferno è alle spalle, le soglie del paradiso attendono. La vocazione religiosa si compie; perché se non è vocazione, allora è masochismo. L’Eden raggiunto prende la forma di austere sale professori, in cui tutti corrono, di aule tappezzate delle scritte più improbabili, su cui muri gli allievi esercitano i loro talenti poetici, di classi finlandesi composte da una trentina di giovani e attentissimi virgulti, assetati di conoscenza e in attesa di abbeverarsi.

La vita d’aula

Quando non è impegnato in Consigli di classe, Collegi dei docenti, prove Invalsi, simulazioni d’esame, PON, esercitazioni antincendio, piani di evacuazione, piani di lavoro, programmazioni, scrutini, incontri scuola-famiglia, uscite didattiche, il docente dovrebbe anche insegnare.

La vita d’aula è la vera soddisfazione del professore. I suoi mirabolanti studenti sono il senso del suo agire. Il primo quarto d’ora trascorre nel sedare i trenta giovani individui, detti alunni, che intendono il cambio d’ora come la liberazione dalla guerra di trincea, poi c’è l’invito (sarebbe un obbligo in realtà) a spegnere i telefonini, poi c’è chi deve urgentemente uscire (i problemi precoci di incontinenza sono l’emergenza medica degli anni nostri), chi ha bisogno della merendina alla macchinetta perché ha il calo di zuccheri, chi finge un pallore da anemia mediterranea, chi svenimenti compulsivi, chi mostra la giustifica per non aver studiato, scritta su papiri egiziani da genitori contriti che mandano “distinti saluti”, chi ha già falcidiato un’intera famiglia e non sa più come giustificarsi.

Finalmente si inizia: il docente intona la sua lezione, in cui immette il suo pathos e vede comparire negli occhi degli alunni un pesciolino che galleggia tra cellule neuronali acquatiche. Coglie l’attenzione degli studenti da teste che si muovono ritmicamente come se fossero nel coro della chiesa. Qualcuno sembra dormire con gli occhi aperti usando tecnica yoga.

I professori, proprio come credono gli alunni, non sono esseri umani come gli altri; anzi qualcuno azzarda che non siano proprio umani ma appartengano a una categoria esistenziale a sé. Dio creò il mondo, gli esseri viventi e poi, percependo che qualcosa mancasse: i professori.

Le tipologie di docenti

Le tipologie di questa speciale forma dell’Essere sono molteplici e, solo per comodità di narrazione, potrebbero essere sintetizzate in alcuni particolari archetipi.

Il/la severo/a:

Solitamente insegna matematica, o comunque discipline scientifiche, è temutissima, spesso incomprensibile, si esprime attraverso formule, che restano, orfane e incomprese, sulla lavagna. Non lascia trasparire emozioni.

L’annoiata/o:

Gli studenti non hanno e non avranno mai voglia di far niente, il suono della campanella è la Nona di Beethoven, la scuola non cambierà nulla, ha ben altro da fare.

La materna-il democratico:

Gli alunni sono tutti bravi ragazzi, cresceranno, bisogna comprenderli, l’adolescenza è difficile, le regole sono opprimenti, i voti non servono, per cui dall’8 in su a tutti!

L’ignorante:

C’è sempre un errore nel libro di testo, le date non sono importanti, leggete e spieghiamo, qualcosa può sfuggirmi, ero distratta, siete sicuri che sia così?, il libro di testo è la Bibbia.

Il peggio per un professore

Il peggio per un professore o per una professoressa tuttavia non è la burocrazia che li assedia e li strangola, non la scarsa attenzione degli studenti, non gli obblighi schizofrenici del ministero, non la diminuita considerazione sociale, non le orde caucasiche dell’intervallo bensì gli incontri con le famiglie. L’incontro scuola-famiglia è la vera esperienza al di là della realtà. In questa circostanza apocalittica, schiere di genitori iperprotettivi e ipercritici si riversano nelle scuole con la foga dei barbari alla conquista dell’Impero romano per sgranare un rosario di luoghi comuni.

I professori hanno torto per principio, hanno antipatie e simpatie, il mio ragazzo è penalizzato e non ciuccio o sfaticato, è un genio incompreso, non sono mai stati ragazzi loro? Sono presuntuosi, non sanno insegnare l’educazione (!), fanno quattro mesi di ferie all’anno e Natale a casa. Insomma la colpa dell’effetto serra, del riscaldamento globale, dello scioglimento dei ghiacciai, della crisi economica e del stavamo meglio quando stavamo peggio è della Scuola, cioè dei professori!

 

Articolo a cura di Michele Salomone, docente al liceo “F. Brunelleschi” di Afragola (Na)

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