“Perduti nei quartieri spagnoli” è l’opera prima di Heddi Goodrich, edita da Giunti Editore.
Sebbene l’autrice sia americana, il romanzo è scritto in italiano e ha come protagonista proprio Napoli, con cui la protagonista ha un rapporto che la stessa Heddi descrive come “umano” e fatto di momenti felici, di delusioni e di passioni.
La storia raccontata nel libro si ispira alle esperienze realmente vissute dell’autrice, sebbene le abbia, come lei stesso specifica, spesso romanzate. Heddi Goodrich ha presentato pochi giorni fa, insieme a Giovanni Laino, il romanzo presso la libreria Ubik di Napoli.
Una dichiarazione d’amore per Napoli
“Per me non è solo la trama di una storia d’amore” – dice l’autrice – “anche se amo queste storie, e a chi non piacciono? Però per me questo libro è stato soprattutto una dichiarazione d’amore per Napoli: io l’ho scritto perché volevo rivivere i miei anni universitari a Napoli, volevo proprio reimmergermi negli ambienti dei quartieri spagnoli, del centro storico, piazza San Domenico… e rivivere tutte le follie che io e il mio gruppo di amici abbiamo fatto, tutte quelle cose pazze che non potevamo raccontare ai nostri genitori. Sono stati anni di grande libertà e di grande follia, in cui abbiamo anche sbagliato e sbagliando abbiamo imparato.”
La protagonista e autrice, prima di entrare nel vivo della narrazione del romanzo, vive cinque anni a Castellammare di Stabia e poi si trasferisce a Napoli per frequentare l’università. Qui incontra un gruppo di amici, fuorisede come lei, che definisce come “una tribù di studenti dell’orientale”. I ragazzi vivono in case non particolarmente belle né ben rifinite ma economiche. L’appartamento, naturalmente, si trova nei quartieri spagnoli.
Un’indagine sull’idea di radici e sull’appartenenza
L’approccio autobiografico è evidente, e sono presenti due registri narrativi: il primo svela il passato di Heddi a Napoli e parla dei suoi anni da fuorisede, delle sue amicizie e del suo amore con Pietro; il secondo invece è costituito da una serie di lettere che Pietro ed Heddi si scambiano nel romanzo. Le lettere del presente anticipano gli eventi importanti del passato di cui Heddi ci parlerà di lì a poco – ed è che per questo che sin dalla prima riga del romanzo scopriamo che quella tra i due personaggi principali non sarà una storia a lieto fine.
Pietro e suo fratello, Gabriele, originari dell’Irpinia, vivranno con Heddi nella casa studentesca dei quartieri spagnoli, e la ragazza, conoscendoli e incontrando la loro famiglia, si ritroverà in un mondo che non riesce a comprendere del tutto: mentre il personaggio di Heddi, non sa dove viene e non sa dove andare essendo completamente sradicata da un’identità territoriale, gli altri personaggi del romanzo mostreranno un certo attaccamento alla terra, alle proprie radici. “Come americana, pur vivendo qui tantissimi anni, ci ho messo una vita a capire questa cosa. Tutt’ora non la capisco in fondo: che cos’è questa cosa che si chiama ‘casa’? Cosa sono le radici? Il romanzo per me, personalmente, è un’indagine sull’idea delle radici e sull’appartenenza. L’appartenenza è una cosa misteriosa, bella, storica, emotiva… una cosa complicatissima.”.
Personaggi sospesi tra la vigliaccheria e la complessità
La famiglia dei due ragazzi – che conta un terzo fratello, Vittorio – viene presentata da subito in una maniera che Laino definisce come “un po’ grigia”. Ossessivamente legati al denaro, considerano qualsiasi altra cosa di poco valore; la madre fa del proprio sacrificio per il lavoro e per la famiglia un’arma di ricatto per tenere i figli ed il marito imbrigliati in quel mondo arcaico legato alla materialità, al denaro e alla terra.
L’Irpinia diventa un mondo a parte, che, sebbene sia relativamente vicino a Napoli, rimane collocato in una sorta di “prima modernità”. Pietro, Gabriele e Vittorio sono appesantiti da questa terra che sente il peso del passato, della storia – e, quando i primi due arrivano a Napoli da fuorisede, vivono un’esperienza eccitante e di estrema libertà. Nonostante ciò, mentre Gabriele e Vittorio riescono ad evitare il “destino” che la famiglia ha scritto per loro, Pietro spesso segue il cammino che i genitori, e soprattutto la madre-padrona, ha tracciato per lui.
Durante la presentazione, Heddi Goodrich interrompe Laino, per “difendere Pietro”, come lei stessa dice: “Alcuni lettori mi hanno detto: Pietro è un vigliacco. Ma io volevo dargli spessore psicologico: non mi interessa [parlare del] principe azzurro, mi interessa [parlare] di uomini complessi, perchè siamo tutti esseri umani con le nostre debolezze e i nostri difetti. Le email e le lettere presenti nel romanzo servono anche a questo, a dare una voce anche a Pietro, a conferirgli il suo spessore.”. L’autrice aggiunge che è interessante considerare il bagaglio culturale di Pietro: “viene da un luogo dove c’è proprio un attaccamento alla terra, che Heddi in quanto americana non riesce proprio a concepire. Si può parlare di Pietro come simbolo delle radici e delle tradizioni.”
“Io me ne sono andata in un posto remoto, sono andata in Nuova Zelanda, ma Napoli non mi ha lasciata, è rimasta con me. Io ho romanzato delle cose che mi sono capitate, ma gli episodi successi a Napoli sono tutti veri, non ho esagerato – sono momenti magici e strani che sono sempre rimasti con me. Io sono tornata a Napoli per la prima volta dopo dieci anni e vi ho trascorso una sola giornata, ma mi sono successe talmente tante di quelle cose – strane, bellissime e bruttissime, teatrali e umane, delicate – tutte insieme, in una giornata sola. Quando sono tornata in nuova Zelanda mi sono messa al computer ed ho scritto un racconto di dieci pagine su quella sola giornata: Napoli, per me, è una città che ispira. Non so se sarò capace di scrivere bene senza Napoli come sfondo.” Conclude l’autrice. “Napoli è un’anguilla che sfugge tra le mani: non si può descrivere perché è una cosa che sfugge alle parole ed alla comprensione. Perciò è bella.”.