Una dichiarazione del pentito Alfonso Mazzarella svela “gli affari funebri” della camorra sulle salme dei cinesi che muoiono a Napoli
L’indagine
“Il container dondolava mentre la gru lo spostava sulla nave. Come se stesse galleggiando nell’aria, lo sprider, il meccanismo che aggancia il container alla gru, non riusciva a dominare il movimento. I portelloni mal chiusi si aprirono di scatto e iniziarono a piovere decine di corpi. Sembravano manichini. Ma a terra le teste si spaccavano come fossero crani veri. Ed erano crani. Uscivano dal container uomini e donne. Anche qualche ragazzo. Morti. Congelati, tutti raccolti, l’uno sull’altro. In fila, stipati come aringhe in scatola. Erano i cinesi che non muoiono mai. Gli eterni che si passano i documenti l’uno con l’altro. Ecco dove erano finiti. I corpi che le fantasie più spinte immaginavano cucinati nei ristoranti, sotterrati negli orti d’intorno alle fabbriche, gettati nella bocca del Vesuvio. Erano lì. Ne cadevano a decine dal container, con il nome appuntato su un cartellino annodato a un laccetto intorno al collo. Avevano tutti messo da parte i soldi per farsi seppellire nelle loro città in Cina. Si facevano trattenere una percentuale dal salario, in cambio avevano garantito un viaggio di ritorno, una volta morti. Uno spazio in un container e un buco in qualche pezzo di terra cinese”.
Inizia così il libro di Roberto Saviano, Gomorra. Un libro che ha restituito allo scrittore napoletano tante lodi quanto accuse. Un’indagine giornalistica, un romanzo storico: dov’è la verità? Dove il romanzato?
Le dichiarazioni del pentito Alfonso Mazzarella sui cinesi che muoiono a Napoli
Nessuno aveva osato confermare o smentire ciò che Saviano aveva descritto nel 2006. Fino a ieri, quando il Mattino ha pubblicato la dichiarazione del pentito Alfonso Mazzarella, che aggiunge ulteriori particolari agghiaccianti sui cinesi che muoiono a Napoli: mille euro per ogni cinese morto. Questa sarebbe la somma imposta dalla camorra alle famiglie che intendono far tornare la salma del proprio caro a casa.
Da quanto Mazzarella ha raccontato agli inquirenti, tutto è nato da un incontro, avvenuto nel 2002 in un ristorante del Borgo Marinaro. Vi avrebbero partecipato, oltre ai Mazzarella, esponenti dei clan Contini (insieme a quelli facenti parte dell’Alleanza di Secondigliano), del clan Calone di Posillipo e del clan Misso della Sanità. Ad aver organizzato l’incontro e dato il via all’attività sarebbe stato un certo “Dogana”, il cui vero profilo è ancora sconosciuto. Le dichiarazioni del pentito Mazzarella costituirebbero un importante tassello da aggiungere all’inchiesta che i Pm Valerio Sico e Ida Frongiello stanno conducendo per svelare una rete di affari illeciti legati ad alcuni appalti relativi al porto di Napoli e che potrebbero portare presto a nuovi risvolti.
Ma al di là di ciò che potrebbe essere ancora rivelato, resta il fatto che si aprono gli occhi, ancora una volta, su una realtà che sa andare ben oltre la fantasia. Un’antica tradizione cinese vuole che durante un rito funebre sulla porta di casa del defunto si incollino dei pezzetti di carta bianca. Le porte dei vicini, invece, sono tappezzate di fogli rossi, ad indicare la felicità di una vita che non si spezza, che continua nell’oltretomba. A tinte assai più fosche, Roberto Saviano aveva parlato dei “cinesi che non muoiono mai”, di coloro a cui la morte non è concessa, e se è concessa è solo perché vale mille euro. Mille euro, per potersi appropriare della morte, laddove appropriarsi della vita non sia bastato.