Il giornale del professore – la nostra rubrica di satira sul mondo della scuola – propone la sua terza puntata e si avvia per quest’anno alla conclusione. In questo numero disquisiremo di fine anno scolastico, tra cronache disumane e piccole punture di ironia.
Tempo reale vs tempo a scuola
I Greci riconoscevano tre divinità in cui si identificava il Tempo: Aion, il tempo infinito, l’eternità, Kronos, la successione degli attimi, il padre tiranno che si nutre dei suoi figli, infine Kairòs, il momento giusto, il tempo dell’occasione e della decisione. La modernità ha aggiunto il tempo ferreo degli orologi, la scansione rigida delle giornate e delle azioni.
Bisognerebbe tuttavia aggregare una ulteriore definizione di temporalità: quella scolastica. A scuola il tempo si trasforma, sfugge alle categorie consuete, appare infinito e fugace allo stesso tempo, forma una dimensione a sé in cui la vita comune è sparita. Il tempo della scuola è un universo parallelo, un’altra categoria kantiana, un’essenza inafferrabile e schizofrenica. Il tempo della scuola è mistico, teleologico, tende a un fine ben preciso: la fine dell’anno scolastico!
Il rush finale
Nel multiuniverso della scuola il divenire ha le sembianze alienate del sogno: la mattina si è già stanchi, durante le lezioni si sviene sui banchi, a fine giornata si è pronti per il ricovero. A maggio questa eterna stanchezza diventa delirio lucido: le pupille dilatate dalle poche ore di sonno, le mandibole aperte per uno sbadiglio tipo Urlo di Munch, le menti galleggianti nell’ottundimento come Nemo nell’Oceano, gli studenti trasformati in zombie sensienti a cui di umano resta ben poco. È il risveglio dei morti viventi.
Che poi risveglio è una parola grossa, un eufemismo inappropriato, Il ritorno dei morti viventi: ecco. Eppure proprio a maggio servirebbero le migliori e residue energie: è tempo del rush finale! Ma i diciottesimi che si susseguono come le puntate di Grey’s Anatomy, le feste di compleanno generiche, le feste e basta, le cresime, i battesimi, le nozze d’oro dei nonni costringono a fare le ore piccole ripetutamente e al mattino seguente è uno stillicidio: si dorme con gli occhi aperti, come i fachiri indiani. E allora vai con Polase, Supradyn, Multicentrum e vitamine B 12 a catinelle, perché lo stress è lo stress e bisogna aiutare l’organismo a sostenersi.
Maggio è il mese delle nottate studio, si sa. La nottata è l’unica via di salvezza e il susseguirsi di nottate la sola possibilità di coprire 12 programmi e 25 interrogazioni, nonché 10 compiti scritti e il corso di preparazione a medicina. Che poi ogni anno ci si ripromette di non ridursi mai più così: “giuro sulla tomba dei miei avi che l’anno prossimo mi organizzerò in modo da finire le interrogazioni a aprile, massimo primi di maggio!” Solennemente. E ci si crede pure.
Ma il tempo della scuola, si è detto, è un tempo a sé, non è rettilineo, né logico, né lineare è l’eterno ritorno dell’uguale! Del resto le buone intenzioni degli studenti iniziano già a settembre, “quest’anno studierò da subito!”, si protraggono durante le vacanze di Natale, “recupererò tutti gli arretrati!”, defluiscono verso le festività pasquali, “mi metterò al passo sicuro!”, si concludono a maggio, “farò un’ultima settimana di fuoco!”. Ma poi si sa come va la vita, a settembre la testa è ancora sulle spiagge, a Natale la Befana arriva in un soffio e a Pasqua il casatiello stronca ogni buon proposito.
La fine dell’anno per i professori
I professori non se la passano meglio, anzi, il fine anno scolastico è per loro devastante. A confronto lo sbarco in Normandia fu una gita fuori porta, le Crociate una crociera Costa, la guerra dei cent’anni una scazzottata tra amici. I poverini si ritrovano assediati da turbe scalpitanti di studenti pronti al martirio pur di evitare il debito, questuanti in cerca di salvezza che i penitenti del Muro del Pianto sembrano pivellini. Cingono d’assedio il docente schierandosi come la falange macedone e programmano interrogazioni al ritmo serrato di Gerry Scotti: tabelle giornaliere, ora per ora, materia per materia con la precisione della Nasa. Quello che non hanno fatto per tutto l’anno intendono recuperarlo nell’ultima settimana.
È una missione, una chiamata mistica, e loro la porteranno a termine con la determinazione di Rambo. Se avessero studiato come nell’ultima settimana, se si fossero offerti come nell’ultima settimana, la scuola italiana sfornerebbe Nobel a ripetizione. Cattedre circondate da decine di studenti da interrogare, i quali sommergono il docente, che diventa una macchina da ascolto, un walkie talkie culturale, un Orecchio di Dioniso in forma umana. Le domande si ripetono come rosari, gli autori vengono ripetuti come mantra, il Fanciullino diventa un parente prossimo, il Superuomo un eroe dei fumetti, Euclide uno zio e Pitagora un vicino di casa.
Tutto viene triturato in un delirio nozionistico in cui triangoli isosceli si fondono con La Gerusalemme liberata. A fine giornata i professori sono dei budini viventi e rimpiangono il giorno in cui si iscrissero all’Università anziché votarsi alla pastorizia. Insieme alle interrogazioni, se non bastasse, ci sono i programmi da finire. I Programmi ministeriali che hanno la stessa riverenza delle Tavole dei Comandamenti.
Un’entità superiore li ha scritti e gli adepti professori devono attuarli. Ma il tempo è tiranno feroce, tempus fugit: a settembre gli studenti sono ancora in spiaggia e mandano i loro ologrammi tra i banchi, a ottobre si inizia, poi arrivano in sequenza il ponte dei morti, Natale, la Befana, San Valentino e Pasqua, che quest’anno è durata quanto Natale, poi i viaggi d’istruzione ed ecco che ti ritrovi catapultato a maggio manco fossi salito sulla macchina di Ritorno al futuro! Ma i Programmi vanno conclusi: è il primo comandamento del dio Moloch-Ministero.
E allora bisogna, obtorto collo, tagliare. Si, saltare delle parti, riassumere, succingere, correre. Dante si ritrova da Paolo e Francesca al cospetto di Satana, Renzo dalla rivolta dei forni al lazzaretto tra gli appestati, Ottaviano Augusto nomina come successore Carlo Magno, la Pioggia nel Pineto fa fiorire i Limoni, Mastro Don Gesualdo è lo zio di Mattia Pascal.
I Professori ce l’hanno messa tutta ma il fine anno scolastico è al di là delle possibilità umane. Hanno ancora registri da riempire, consigli da fare, programmi da redigere e, sotto casa, qualche studente da interrogare.
W la scuola. Sempre.
Articolo a cura di Michele Salomone