In disuso da una decina d’anni, la caserma “Battisti” di Napoli sita nel rione di Cavalleggeri Aosta diventerà un istituto di custodia attenuata per detenute madri o per minori. Lo hanno annunciato il ministro della difesa Elisabetta Trenta e il ministro della giustizia Alfonso Bonafede.
Una storia di progetti abbandonati
La caserma “Battisti” è un complesso di edifici ed aree verdi che raggiungono la notevole metratura di 115350 metri quadri, posta tra Bagnoli e Fuorigrotta in quello che in passato era il polo industriale della città.
La caserma ha vissuto una storia abbastanza travagliata: inaugurata nel 1932 in epoca fascista fu distrutta dai bombardamenti tedeschi. Alcune zone del complesso rimasero a lungo in uno stato di abbandono.
Abbandonato fu anche il progetto, portato avanti dalla giunta Jervolino, di trasformare la caserma in pubblici alloggi ed uffici militari.
In seguito, la caserma fu ristrutturata nel 2011 e nel 2016 sarebbe dovuto sorgervi un centro di accoglienza che avrebbe potuto ospitare cinquemila persone per far fronte all’emergenza immigrazione con un investimento mai realizzato di 40 milioni di euro.
Il passaggio dalla difesa alla giustizia
Oggi la caserma è stata ceduta dal ministero della difesa al ministero della giustizia. I ministri Trenta e Bonafede hanno sottoscritto un protocollo che prevede il recupero del complesso attraverso l’investimento di cinque milioni di euro nell’immediato e di altri dieci in un prossimo futuro.
La caserma “Battisti” si trasformerà dunque in un carcere per madri, potenziando quello di Pozzuoli, o per minori, potenziando invece il carcere di Nisida – il progetto è in questo senso abbastanza nebuloso e poco chiaro – per far fronte all’emergenza sovraffollamento delle carceri italiane e napoletane, che persiste almeno dagli anni settanta.
Dichiara infatti il ministro Trenta che il protocollo “è stato concertato tra le parti per individuare aree militari non più utili ai fini istituzionali della Difesa, utilizzabili per realizzare nuovi istituti penitenziari, così da offrire una concreta soluzione alla nota problematica relativa al sovraffollamento delle carceri italiane e consentire l’attuazione del piano di riequilibrio territoriale del sistema penitenziario nazionale“.
Pena carceraria senza depenalizzazioni o indulti
Il ministro Bonafede aggiunge: “Si è portati a pensare all’esecuzione della pena come parte marginale, quasi non presente nel percorso che fa la giustizia, dimenticando che la giustizia fa valere i propri principi e valori nella misura in cui riesce a far percorrere alle persone condannate un percorso di rieducazione vero, reale. L’esecuzione della pena, se fatta come dev’essere fatta, se incanalata in un percorso di rieducazione, riabilitazione e reinserimento sociale, è esecuzione della pena a beneficio della sicurezza dei cittadini“.
La firma del protocollo è stata effettuata a palazzo Salerno, sede del comando forze operative sud dell’Esercito Italiano, e prevede la trasformazione in carceri non solo della caserma “Battisti” di Napoli ma anche di altri tre edifici. Ne sono stati inoltre individuati altri quattro.
“Abbiamo ereditato una situazione carceraria drammatica” conclude Bonafede “invece di fare indulti e leggi svuota carceri che non servono a nulla abbiamo deciso di investire risorse nell’edilizia penitenziaria. Dobbiamo puntare sulla rieducazione e sull’edilizia penitenziaria perché non esistono depenalizzazioni che permettano di risolvere il problema penitenziario“.
La certezza della pena
Che la certezza della pena sia elemento necessario è indubbio, come è indubbio d’altro canto che il sovraffollamento delle carceri non aiuti il conseguimento dell’obiettivo di rieducare, riabilitare e reinserire coloro che sono stati giudicati colpevoli, obiettivo che costituisce la ragione per cui in Italia esiste la pena carceraria.
Tuttavia, nonostante la corrente politica e sociale spinga ormai verso ben altra direzione, sebbene oramai si percepisca la pena come unica soluzione, anche se la pena è tornata ad essere intesa come punizione, vendetta, come risarcimento, e sebbene quest’idea si stia mettendo radici così profonde da far sì che certi cittadini stiano ritornando ad invocare pene corporali, castrazione e pena di morte, c’è ancora chi si chiede se in effetti non ci siano altre soluzioni per rendere le carceri meno affollate.
Affinché uomini, donne e minori non commettano delitti sarebbe forse opportuno fare in modo di incrementare la formazione di questi ultimi. Investire sui cittadini per far sì che sia la loro consapevolezza e coscienza sia il maggiore deterrente dal commettere crimini sarebbe un investimento di certo a lungo termine, ma anche fruttuoso. Consentire a tutti gli strati della popolazione di avere accesso agli strumenti sociali, cognitivi e culturali che permettano loro di vivere una vita legale e dignitosa, investire nella prevenzione del crimine e dunque nell’educazione e nella scuola, nell’educazione civica e sociale, senza educare alla violenza, al suprematismo ed alla prevaricazione di qualsiasi altro tipo di essere umano è più redditizio del potenziare le carceri o inasprire il sistema giudiziario, anche se richiede un investimento maggiore ed un tempo molto ampio, quasi generazionale, per raggiungere dei risultati apprezzabili.
E di certo nel frattempo una soluzione provvisoria e a breve termine per contrastare il disagio di coloro che già sono in carcere e di coloro che il carcere devono amministrarlo deve essere presa, ma non si può fare a meno di chiedersi: quanti fondi sono stati investiti nell’educazione della popolazione? Quanto è stato investito per prevenire il crimine? Cinque milioni di euro sono stati investiti per portare madri o minori in un nuovo carcere, ma quanto denaro è stato investito per far sì che meno madri e meno minori si ritrovino in qualsiasi carcere, che sia questo affollato o meno?
La certezza della pena non è stata ancora assicurata, i carceri forse saranno momentaneamente meno affollati. Quanto tempo occorrerà affinché si riempiano di nuovo fino al collasso?