Alberto Angela, lo scorso martedì, ha ricevuto la laurea ad honorem in Archeologia, conferitagli dal Rettore dell’Università Suor Orsola Benincasa, per la sua straordinaria capacità di sintesi tra conoscenza scientifica e comunicazione del sapere nell’era dei nuovi media.
“Per me fare televisione è continuare a fare ricerca” – così spiega Angela nella sua lectio magistralis che ha incantato il pubblico riunito nella suggestiva cornice della Sala degli Angeli del Suor Orsola Benincasa in occasione del conferimento della laurea ad honorem. La cerimonia si è svolta martedì 25 giugno, e ha visto la partecipazione di un folto gruppo di accademici, ma anche di tanti giovani e studenti.
Uno studioso meritevole
Ricevere una laurea honoris causa non è cosa da tutti i giorni, e per meritarla bisogna distinguersi per l’alto valore e per il grande impatto sociale del proprio lavoro. Questo è precisamente quanto viene riconosciuto ad Angela attraverso la sua nuova laurea in archeologia, conferitagli da Lucio D’Alessandro, il rettore della bellissima ed antichissima università Suor Orsola Benincasa.
“Umanista contemporaneo”, D’Alessandro elogia i notevoli meriti del neo-dottore in archeologia paragonandolo al poeta del “Porto Sepolto” di Ungaretti, che riemerge per distribuire la conoscenza, il proprio sapere. Di fatto, è la sua “capacità di ripensare il passato per creare modernità” – come afferma D’Alessandro – ad essere cruciale nel lavoro di Angela. “Di questa complessiva eredità” – continua il rettore – “si è saputo rendere straordinario mediatore, unendo i valori della conoscenza scientifica con i metodi della trasmissione del sapere nell’era dei nuovi media, in modo da garantire non solo la conoscenza del bene ma anche la diffusione di un culto non inerte del passato, anche tra i più giovani”. Questa sua capacità di unire conoscenza scientifica e grande sapienza nell’uso dei mezzi di comunicazione dell’era del digitale è la chiave che gli vale la laurea ad honorem.
“Non ho parole […] La prima sensazione che ho salendo qui è di non meritarmi tutto questo” – inizia la sua lectio un emozionatissimo Alberto Angela – “ho avuto solo la fortuna di avere un mezzo che comunica la conoscenza […] ma in realtà penso anche a chi non ha tutto questo e fa ricerca, è piegato in uno scavo, chino su dei papiri o su dei testi”.
Con un’anima da accademico e ricercatore, non un semplice divulgatore scientifico, Alberto Angela si distingue, dunque, per i suoi importanti meriti di indagine, per le attività di ricerca e per l’efficace divulgazione dei risultati. Il suo lavoro si configura, quindi, come un vero pilastro per l’identità culturale.
Come fa riflettere l’archeologo De Simone, il neo-dottore è riuscito in un’impresa ardua, ovvero ‘conquistare’, con un programma di grande spessore culturale, il sabato sera di Rai1, normalmente dedicato a programmi più ‘leggeri’, tra l’altro con altissimi ascolti. Non è da tutti, e questo vuol dire che la comunicazione di Angela funziona, ed è in grado di raggiungere e solleticare le menti di tutte le fasce di quella popolazione che ha fame di sapere.
Sapere Aude!
Ma qual è il quid che ci trascina inevitabilmente verso i suoi libri e le sue trasmissioni televisive? Da un lato, la passione con la quale è capace di affascinare letteralmente i suoi spettatori. Tuttavia, c’è dell’altro che traspare in ogni fibra del suo lavoro. Si tratta della sua insaziabile sete di conoscenza, quella stessa sete che spinge Ulisse oltre i propri limiti, verso l’ignoto. Quel vorace desiderio di sapere che, in termini danteschi, si traduce nel “fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”.
De Simone, nel ricordare l’arrivo di Angela al cantiere di Pompei, nel lontano 1993, lo descrive come un giovane dalla grande discrezione e dalla smisurata curiosità intellettuale, sottolineando come le sue continue domande abbiano spesso fatto emergere aspetti trascurati nella ricerca di stampo esclusivamente accademico.
“Le trasmissioni e soprattutto i bellissimi libri di Angela sono costellati di domande. La domanda che mette in azione la testimonianza, il reperto, la traccia.”
Con queste parole, la professoressa Giammattei, nella sua coinvolgente laudatio, riprende il fil rouge già emerso nell’intervento di De Simone.
Lo stesso paleontologo confessa di sentirsi quasi un bambino nel porsi domande, talvolta difficili. Ma non è forse proprio questo l’atteggiamento che ci permetter di scoprire ciò che ancora non conosciamo, e di costruire, tassello dopo tassello, il puzzle della nostra storia?
“È importante chiedersi sempre il perché delle cose. Anche le domande più semplici, non aver paura di chiederle”, dichiara Angela, richiamando, più o meno implicitamente, l’espressione latina Sapere Aude! (lett.: “osa sapere!”, ma tradotta anche con “abbi il coraggio di conoscere!”).
Imparare da Angela si può
La sua genuina passione per la scoperta e per la ricerca è evidente quando ci rivela che, avendo tra le mani un qualsiasi manufatto antico, la reazione più immediata e, allo stesso tempo stimolante, è il chiedersi “come ha fatto ad arrivare fino a noi?” E questa semplice domanda, è chiaro, apre un mondo di possibilità, di ulteriori interrogativi, che spingono il ricercatore ad investigare e a cercare risposte. Sorridendo, poi, Angela afferma “continuo a fare ricerca, continuo a fare domande”, evidenziando che il lavoro del vero ricercatore si nutre di domande, e non potrebbe esistere senza di esse.
Ai microfoni della stampa, Albero Angela afferma inoltre che “il ruolo di tutti, compreso quello dell’università, è di essere in fondo un trampolino per tuffarsi nelle conoscenze, per divulgare il sapere. Il sapere non dev’essere chiuso, dev’essere aperto e deve essere come l’aria. E deve essere, ovviamente, condiviso da tutti.”
Abbiamo tutti molto da imparare da queste parole, in particolare chi fa ricerca nei diversi settori scientifico-disciplinari. La ricerca è, in primo luogo, lavoro ‘sul campo’, ‘di bottega’ o, in generale, lavoro ‘tecnico’. Ma qual è il punto di fare ricerca se poi non se ne massimizza la condivisione col pubblico, contribuendo al miglioramento della società? Ecco, in estrema sintesi, il lavoro di Angela riassume in sé il fascino per la ricerca unito a una straordinaria capacità di veicolazione dei contenuti nella maniera accessibile ai più.
Una lectio da brividi
“La storia non è altro che un susseguirsi di presenti, un po’ come tanti cassetti in un armadio: ognuno contiene qualche cosa di diverso. Noi vediamo l’armadio, ma è fatto di cose diverse.”
Evidentemente emozionato, Alberto Angela mette in luce un elemento centrale nel raccontare la storia. Prendendo come esempio Pompei, evidenzia che un luogo deve “raccontare la vita”, deve, insomma, trasmettere le emozioni della quotidianità per poter coinvolgere gli ascoltatori.
Nella suo lectio Angela parla di tutto: racconta dei suoi albori da studente a Roma, dei suoi primi scavi, dell’opportunità di studiare negli Stati Uniti, ma soprattutto di come ha preferito rimanere in Italia, ricca di straordinaria bellezza e di un patrimonio artistico-culturale invidiato in tutto il mondo.
Elogia la vastità del patrimonio museale italiano ma, in particolare, si sofferma su Napoli e sul valore del materiale conservato nei magazzini del MANN. Convinti, ormai, di trovarci nel pieno di un’interessante lezione universitaria, o in una di quelle sessioni plenarie che aprono, solitamente, le conferenze internazionali, ascoltiamo, rapiti. Angela racconta di quando, durante una registrazione nel ‘dietro le quinte’ del Museo Nazionale, si è soffermato su una bottiglia in vetro e – non smettendo mai di farsi domande – ha rinvenuto al suo interno una grande quantità di olio d’oliva, arrivato fino a noi dal passato. E tutto il pubblico è letteralmente stregato dalla sua testimonianza.
L’Italia di Angela
Il lavoro che Angela porta avanti quotidianamente è da considerarsi un canale privilegiato per poter trasmettere un’immagine positiva di Italia, intesa come un Paese rispettabile, meritevole e degno di ammirazione. Il nostro patrimonio culturale è unico al mondo; queste meraviglie sono frutto del nostro passato, di un’espressione artistica che, come spiega Angela, si è manifestata attraverso i secoli, declinata in innumerevoli forme, e coinvolge tutto il nostro territorio, a differenza di ciò che accade in altri Paesi che, magari, brillano soltanto in un particolare tipo d’arte.
“Io metterei tutta l’Italia come sito UNESCO” – confessa Alberto Angela, aggiungendo che il riconoscimento dell’agenzia delle Nazioni Unite implica non solo avere a disposizione un ricco patrimonio culturale, ma anche saperlo integrare al meglio con l’ambiente che lo circonda.
Il discorso di Angela è chiaro e ci suggerisce di essere grati ai nostri antenati per aver creato passo dopo passo un patrimonio del quale siamo non soltanto chiamati a godere, ma che siamo moralmente tenuti a preservare!
Riprendendo quanto detto in precedenza, il sapere deve essere masticato quotidianamente. E se grande valore deve essere riconosciuto agli accademici, quelli che studiano sui libri e insegnano nelle università, è altrettanto importante che esistano persone che possano avvicinare tutti – anche chi è lontanissimo dagli ambienti dove tradizionalmente ‘si fa cultura’ – agli aspetti più stimolanti della cultura.
“Il futuro ha le sue radici nel passato”
In conclusione del suo intervento – quando al suo “e qui finisco” ci verrebbe da chiedere un bis, perché potremmo continuare ad ascoltarlo per ore – Angela afferma che “il futuro ha le sue radici nel passato” e che è necessario “puntare sulla conoscenza”, poiché “solo con la conoscenza questo Paese andrà nel futuro”.
Lo studioso rivolge un pensiero particolare a Napoli, da leggere quasi come un appello alla cultura e alla consapevolezza, affermando che “questa è un’area che era amata fin fai greci e romani non a caso, perché è ricca di stimoli e un Paese ricco di stimoli permette di trovare delle soluzioni e dà futuro anche ai ragazzi”.
La rockstar della cultura
Alla fine della cerimonia, Angela viene letteralmente sommerso da una folla di seguaci, di quelle che non si vedono neanche ad un concerto dei Rolling Stones. Giovani e meno giovani, studenti e accademici, tutti fremono per avere una foto o un selfie con lui, come se fosse la rockstar del momento. Una vera rockstar della cultura.
Qui i dettagli sulla commissione di laurea.