Continua #BussoLaLeggenda, la nostra rubrica sulle leggende della Campania: questa volta ci occupiamo della tomba di Dracula a Napoli
Grazie ad alcuni fenomeni di culto moderni, come per esempio la controversa saga adolescenziale di Twilight, i vampiri hanno assunto nuove caratteristiche, cambiato per così dire i loro connotati nell’immaginario collettivo. Sebbene sia dunque nata questa nuova specie di vampiri che al sole finisce per luccicare invece di trasformarsi in cenere, nonostante molti di noi avrebbero preferito vederli ridotti in polvere invece che ridursi ad essere al centro di bizzarri triangoli amorosi, per fortuna resiste allo scorrere del tempo ed all’erosione della letteratura adolescenziale l’immagine del classico vampiro, coi suoi denti aguzzi e la moralità controversa.
Rievocando l’immagine del vampiro aristocratico, pallido ed assetato di sangue, il primo nome che sovviene alla mente dei più è indubbiamente quello di Dracula.
Vlad III, il diavolo impalatore
Il romanzo Dracula, scritto dall’irlandese Bram Stoker, si basa sulla figura realmente esistita di Vlad III, nato in Transilvania e poi governatore della Valacchia.
Considerato ormai un eroe nella tradizione rumena, Vlad III in vita venne conosciuto con due nomi: il primo era Vlad l’impalatore, data la sua abitudine di impalare i nemici; il secondo era invece un patronimico, Draculea. Il padre era infatti membro del 1431 dell’Ordine del drago, ordine cavalleresco il cui obiettivo era quello di sconfiggere l’eresia hussita. Il simbolo dell’ordine era un drago con una croce sulla schiena: dato che nel medioevo il drago era un simbolo legato al diavolo, e che drac in lingua rumena vuol dire diavolo, il patronimico voleva dire proprio questo: il diavolo, del diavolo. Un nome che sicuramente ha contribuito, insieme alla ferocia di Vlad III, a far nascere intorno a questa figura un alone di mistero e paura che ha contribuito ad accrescere le dicerie prima e le leggende poi intorno al suo nome.
Perché un vampiro?
Il motivo per cui il nome di Vlad III sia stato associato a quello del vampiro più famoso di tutti i tempi è da ricercarsi in molteplici elementi.
Il primo è senza dubbio dovuto alle voci che i suoi avversari ungheresi misero in circolazione per screditarlo quand’era ancora in vita e particolarmente amato dal suo popolo. Furono loro i primi a chiamarlo come “il diavolo” e ad associarlo al cupo folklore della Transilvania, che abbonda di figure simili a quelle dei vampiri.
Le leggende sui vampiri sono probabilmente nate per colpa d’una malattia del sangue, la porfiria, caratterizzata dall’alterazione di un enzima che contribuisce a sintetizzare uno dei componenti dell’emoglobina, i cui sintomi all’epoca inspiegabili sarebbero stati simili ad una vera e propria maledizione, sintomi che comprendevano pallore, anemia e insofferenza alla luce del sole. La cura a questa malattia è stata per molti secoli quella di far bere sangue di animali, ed il quadro doveva apparire abbastanza atipico ed inquietante da favorire indubbiamente il fiorire di favole cupe e di leggende sempre più distanti dalla verità. I vampiri divennero dunque creature maledette e vicine al diavolo a cui il povero Vlad III venne sempre più spesso accomunato dai suoi avversari.
Un secondo elemento che ha contribuito ad associare Vlad III alle leggende sanguinarie sui vampiri è stata la sua presunta parentela con Erzsébet Bathory, sadica contessa passata alla storia come la “contessa sanguinaria” o, appunto, “contessa Dracula”. Erzsébet, coinvolta in riti orgiastici di magia nera, venne arrestata per aver torturato ed ucciso un numero spropositato di donne aristocratiche – dai suoi diari parrebbero circa 650, ma gli storici pensano che il numero reale si aggiri intorno ai 300 – con il solo scopo di lavarsi nel loro sangue e di berlo, convinta che questo la rendesse più potente e la facesse ringiovanire. Condannata, venne murata viva nel suo castello, con solo una finestrella aperta per ricevere cibo. Si lasciò morire di fame pochi anni più tardi, non più di quattro, e la sua parentela con Vlad III ha contribuito ad associare il nome del diavolo impalatore a delle creature legate al sangue come possono esserlo i vampiri.
Maria Balsa
Ma come può il conte Dracula essere legato in qualche modo alla Campania e alle sue leggende? Ebbene, parrebbe che la sua tomba e le sue spoglie mortali si trovino a Napoli.
Nello specifico, nel 2014 è stata individuata da alcuni studiosi nel chiostro di Santa Maria la Nova, nel sepolcro di Mattia Ferrillo. Anche in questo caso, sono molti i misteri che accompagnano questa scoperta, come molti sono i motivi che hanno portato gli studiosi a pensare che questa tomba appartenga proprio a Vlad III.
I primi studi sono partiti studiando la storia di Maria Balsa, principessa adottata da Alfonso d’Aragona dopo essere giunta in Italia come orfana in seguito alle persecuzioni turche, e, secondo alcune leggende non confermate, fu proprio Alfonso d’Aragona a portarla con sé dall’europa dell’est dopo la guerra, quando la bambina avrebbe avuto sette anni. L’uomo la diede in sposa al nipote Alfonso Ferrillo, conte di Muro Lucano e signore di Acerenza. Lo stemma della fanciulla, apposto non solo nel sepolcro di Mattia Ferrillo ma anche nella cattedrale di Acerenza, dove Maria Balsa visse parte della sua vita, rappresentava un drago proprio come quello del conte Vlad III. L’Ordine del Drago venne inoltre fondato non solo dal padre di Vlad III, ma anche da Sigismondo di Lussemburgo, padre di Alfonso d’Aragona. Nella cappella sono presenti numerosi altri riferimenti alla dinastia di Vlad III.
Sul nome della principessa sono state fatte anche numerose congetture: Bal-sa significherebbe, secondo alcuni, “del dragone”.
La misteriosa morte di Dracula e la sua tomba
Ma cosa c’entra Maria Balsa con Vlad III? Secondo alcuni studiosi di Tallin, pare che la principessa misteriosa sia la figlia del Dracul, e che questi non sia morto in battaglia, cosa sempre presunta ma di cui non si sono mai avute prove certe. Fatto prigioniero dagli ottomani, Vlad III sarebbe stato liberato e portato a Napoli dalla figlia Maria Balsa, dove poi sarebbe morto.
Sepolto nel sepolcro di Mattia Ferrillo, in questo luogo ci sarebbero alcuni elementi del tutto estranei all’arte ed alla tradizione Napoletana, come una misteriosa ed inquietante lastra in pietra su cui sono incisi dei simboli non appartenenti all’alfabeto latino, una sorta di incomprensibile codice su cui sono stati fatti numerosi studi.
Non è stato possibile tradurre la lastra misteriosa, che viene a volte indicata da alcuni testi storici come una traduzione dal greco. Solo un vocabolo è stato tradotto: il nome Vlad, ripetuto più volte nell’iscrizione marmorea.
Delle analisi basate sulla fluorescenza indotta dalle radiazioni ultraviolette, portate avanti dall’ingegner Falcucci, hanno rivelato che la lastra, che inizialmente si riteneva risalente al 1800, pare risalire invece ad almeno trecento anni prima, se non di più.
La presenza del nome Vlad, lo stretto rapporto con la corte aragonese di quest’ultimo, l’identificazione di Maria Balsa come sua figlia e la datazione della lastra della sua presunta tomba con il periodo in cui effettivamente questi morì lasciano pensare che effettivamente ci si trovi davanti ai resti del vero conte Dracula.
Non possiamo fare insomma altro che aspettare che le iscrizioni della lastra nel chiostro di Santa Maria Novella vengano tradotte, sperando che, nelle leggende serpeggiate nel corso dei secoli sul sanguinario diavolo impalatore, l’autentico Dracula immortale, ci sia ben poco di vero.
Per le altre leggende della Campania:
BussoLaLeggenda I : Da dove nascono le Janare?
BussoLaLeggenda II : Il fantasma del Caffè Gambrinus
BussoLaLeggenda III: La maledizione della Gaiola
BussoLaLeggenda IV: La Strega del Vesuvio
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