Non è un avvenimento recente. Antonio il vetraio si uccise il 29 Maggio del 2014, strozzato dagli usurai dell’ “Alleanza di Secondigliano“, con cui aveva debiti che non era in grado di ripagare. Si impiccò nella zona di San Carlo nell’Arena, in cui stava eseguendo alcuni lavori di ristrutturazione.
La lettera d’addio alla moglie e alla famiglia fu ritrovata dai carabinieri, e riportava tali parole:
“Cara Anna, perdonami, ma non ce la faccio più; sono stanco, ma tanto stanco. Ci sono delle situazioni che non sopporto più. Sono e mi sento in pericolo pressato da alcune storie. Spero che dopo di questo non ti daranno più fastidio, almeno con questo gesto spero di sanare alcune cose. Non stai conducendo una buona vita, anzi peggio di così non si può. Può darsi che questo serva a cambiare alcune cose, so che soffrirai, ma ti ripeto sto male, non riesco più a ragionare, trascuro persino il lavoro. Anna, per unico conforto che ti posso dare in questo momento è dirti che ti ho amata sempre e sempre ti amerò. Perdonami. Sto facendo questo perché ho un forte senso di ansia procurato da persone intollerabili. Tu gli dici che c’è un problema adesso e ti chiamano dopo mezz’ora, e questo tutti i giorni. Il fatto di non potere aiutare più nessuno della mia famiglia mi rende inutile. Non posso sempre vedervi piangere per me e la situazione. Addio.”
Prestiti illegali dagli interessi gonfiati e con una particolare inclinazione per la pressione fisica e psicologica sulle vittime. È questo il modus operandi della cosiddetta “Alleanza di Secondigliano”, della quale sono indagati quattro presunti membri per i prestiti al vetraio: Giulio Barbella, Giuseppe De Rosa e i due figli di quest’ultimo Antonio e Gennaro. Dall’indagine è fuoriuscito un numero di altre vittime, tutte vittime di soprusi molto gravi: insultati, minacciati, picchiati e costretti a favori di vario genere.
In uno dei casi un imprenditore edile di Somma Vesuviana è stato costretto a cedere agli usurai la sua casa nel periodo di Natale. Un avvocato civilista che non era riuscito a portare a termine degli investimenti è arrivato allo stesso gesto estremo del povero vetraio. Le intercettazioni del Ros fra quest’ultimo e gli strozzini lasciano tristemente emergere le sue sensazioni, il suo disagio e la sua frustrazione
Antonio veniva chiamato più volte al giorno dagli usurai della famiglia De Rosa, era costantemente minacciato e pedinato. Il Ros ha intercettato Giuseppe che dava disposizione al figlio Antonio: “Non ti muovere da là, diglielo che te li deve dare adesso i soldi“. L’artigiano si sentiva perseguitato anche se faceva grossi sforzi per saldare il debito (poche centinaia di euro) e ritrovare un po’ di serenità.
Sull’”Alleanza di Secondigliano” continua a indagare un pool di pm: Ida Teresi, Maria Sepe e Alessandra Converso, con il coordinamento del procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli. Non si escludono novità importanti, in particolare sull’ospedale “San Giovanni Bosco” che è stato per decenni il loro feudo, con appalti pilotati, assunzioni di amici e parenti per controllarne la gestione, esami gratuiti e senza rispettare le liste di attesa, ambulanze per trasportare a casa le persone decedute in reparto contro la legge e in nero. Un andazzo sconcertante che coinvolge anche alcuni sindacalisti, usati dal clan per fare pressioni sui vertici dell’ospedale. Proprio su questo fronte dell’inchiesta potrebbero arrivare presto interessanti sviluppi.
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