Il Limoncello è un liquore dolce a base di limone, famoso ed amato ormai in tutto il mondo.
Sebbene abbia iniziato a diffondersi in maniera più estesa nel novecento, ha origini davvero antiche: alcune leggende dicono che la sua ricetta abbia a che fare con Zeus, altri con delle Sirene.
Il vero mistero, questa volta, è nella paternità della ricetta, contesa tra Capri, Amalfi e Sorrento.
Tra le Esperidi, Zeus e le Sirene
I limoni sono al centro di una delle dodici fatiche di Ercole.
I limoni, detti “pomi d’oro“, erano custoditi nel giardino delle Esperidi. Compito di Eracle era quello di recuperare i pomi d’oro: con l’aiuto delle ninfe, ci riuscì.
Alcune leggende asseriscono che sia stato Zeus stesso, venuto in possesso dei preziosi limoni, ad inventare il limoncello ed a regalare la sua ricetta ad un mortale, che poi l’avrebbe diffusa col suo favore tra gli esseri umani.
Altri dicono invece che le custodi di questa preziosa ricetta fossero le Sirene e che queste non avessero alcun interesse a condividere il loro sapere con gli uomini, con cui non sembrava avessero affatto buoni rapporti: furono infatti i monaci certosini a rubare la ricetta alle Sirene dopo averle scacciate dalle loro terre.
I pescatori avrebbero poi fatto proprio quel segreto, bevendo un sorso della preziosa bevanda per scaldarsi nelle mattine più fredde.
La vera storia del Limone in Campania
Plinio il Vecchio conferma la presenza in epoche antiche del limone in Campania parlandone più d’una volta. Ma non solo: troviamo l’albero di limone dipinto ben due volte sulle pareti della “casa del frutteto” di Pompei.
Già nel VI secolo d.C. troviamo testimonianze dell’uso del limone a scopo medicamentoso da parte dei medici di Salerno, ma una maggiore diffusione dell’albero di limone si ebbe probabilmente dal I secolo d.C.; gli arabi li portarono in Spagna ed in Italia meridionale nel corso delle invasioni del X e del XII secolo. Probabilmente contribuirono alla diffusione del limone anche i crociati di ritorno dalle guerre sante.
Ad ogni modo, nel 1500 Napoli era ormai piena di limoni ed agrumi, particolarmente apprezzati dai Gesuiti; nel 1800 l’economia della penisola sorrentina si basava in larga parte sulla coltivazione dei limoni.
Chi ha inventato il limoncello?
Di chi sia effettivamente la paternità della ricetta del limoncello è ancora oggi oggetto di discussione.
Gli amalfitani sostengono che già ai tempi delle invasioni saracene i contadini lo bevessero nelle mattinate più fredde – e questo troverebbe un collegamento con la leggenda delle Sirene, dei monaci e dei pescatori.
I sorrentini asseriscono invece che siano loro gli inventori del liquore, e che le famiglie nobili di Sorrento offrissero sin dai primi anni del 900 un bicchiere di limoncello ai loro ospiti, alla fine dei pasti.
Alcuni capresi sono infine sicuri che sia stato l’imprenditore Massimo Canale, nel 1980, a creare il limoncello. Fu in effetti lui a brevettarne la ricetta nel 1988.
Altri capresi asseriscono che a creare il limoncello sia stata Maria Antonia Farace, all’inizio del 1900; la donna gestiva una piccola pensione a Capri, dove curava anche un giardino dove crescevano diversi alberi di limone. Il nipote della donna, nel dopoguerra, aprì un bar accanto alla pensione della nonna, dove serviva un liquore che aveva inventato la donna: il limoncello. Il figlio di quel nipote sarebbe stato proprio Massimo Canale, che avrebbe infine quindi registrato il celebre liquore a suo nome.
Alcuni storici pensano tuttavia che nessuna di queste rivendicazioni sia autentica, e che probabilmente il limoncello sia stato creato in epoca medioevale in uno dei tanti monasteri presenti sul suolo campano.
Un mistero giallo come un limone
Per adesso l’autentica origine del limoncello, oggi diffuso in tutto il mondo e prodotto anche in California, rimane un vero e proprio mistero irrisolto.
Nella speranza di scoprire prima o poi chi sia l’autore di questo delizioso delitto alcolico non ci resta che gustarlo, magari a fine pasto, e ringraziare chiunque lo abbia creato – caprese, sorrentino o amalfitano che sia.
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