domenica, Settembre 8, 2024
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Napoli, premio all’assassino del vigilante per i 18 anni

Una banda di giovani, ai tempi tutti minorenni, la sera del 13 marzo 2018 uccise brutalmente a sprangate la guardia giurata Francesco Della Corte, aggredito mentre prestava servizio davanti alla stazione di Piscinola della metropolitana con l’obiettivo di rapinargli la pistola d’ordinanza. Un fatto di cronaca che molti dei lettori ricorderanno. I tre imputati confessarono il reato e furono condannati in primo grado a 16 anni e mezzo di reclusione.

Il giudice Angela Draetta li definì «Ragazzi indifferenti al male» nelle motivazioni della sentenza che ha respinto la richiesta di messa alla prova. Il 19 settembre è fissato il processo d’appello. Alla fine di luglio uno di loro, Ciro U., assistito dall’ avvocato Nicola Pomponio, ha chiesto e ottenuto dai giudici il permesso di lasciare temporaneamente l’istituto minorile di Airola, dove è detenuto, per incontrare familiari e amici in occasione dei suoi 18 anni. Ad ospitarli è stata una canonica a poca distanza da Airola ed ivi sono state scattate le foto, poi pubblicate qualche giorno dopo da una familiare dell’imputato sui social, assicura la difesa, a sua insaputa.

Il permesso è stato accordato tenendo anche conto delle valutazioni degli assistenti sociali, così come previsto dalla legislazione minorile. La figlia della vittima Marta Della Corte si è espressa in un’intervista per Repubblica. «È vergognoso mi chiedo come sia possibile concedere un permesso premio a una persona che solo un anno fa è stata condannata per omicidio volontario con l’aggravante della crudeltà. Lo trovo assurdo, non c’è niente di rieducativo in tutto questo. Io non ho festeggiato il mio, di compleanno, perché non me la sarei mai sentita dopo il dolore che ho subito. E questi ragazzi, allora, dove hanno trovato il coraggio dopo un delitto tanto grave? Evidentemente, non hanno compreso quello che hanno fatto».

Marta ricorda che solo uno degli imputati, alla vigilia del processo di primo grado, «ci ha scritto tre righe di scuse. In udienza, li ho sentiti parlare. Spiegavano come avevano ucciso un uomo, un padre di famiglia che usciva di casa tutti i giorni per lavorare, senza piangere, senza lasciar trasparire alcuna emozione. Nelle loro parole non c’era alcun sentimento. Come famiglia, ci siamo affidati sin dal primo giorno alla giustizia, ma oggi comincio ad avere paura».

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