Violenza e nuova aggressione all’Ospedale del Mare: un uomo scatta senza apparente motivo, però le telecamere non erano in funzione.
Violenza e nuovo episodio di aggressione all’Ospedale del Mare. Un uomo arriva di corsa al pronto soccorso, si siede e comincia a lamentarsi: ha un forte dolore alla pancia e chiede una siringa per calmare le fitte. Il medico con pazienza gli dice di accomodarsi sulla barella così da visitarlo ma l’uomo ha uno scatto improvviso e butta tutto quello che aveva davanti per aria e si dilegua.
Ecco quanto accaduto ieri mattina: non ci è dato sapere di cosa si sia trattato, se del gesto di un folle o una provocazione, le telecamere del pronto soccorso non erano funzionanti. L’aggressione è la n. 94 del 2019 e come sottolinea Francesco Emilio Borrelli, consigliere regionale dei Verdi:
«Una media di 2 a settimana solo a Napoli»
e torna a chiedere posti di polizia negli ospedali.
Pino Visone, della Cgil Medici, ha detto:
«Al netto di casi riconducibili alla follia dei singoli o al trasferimento, tra le mura ospedaliere, di usi e costumi di un tessuto socio-culturale degradato bisogna considerare che le aggressioni trovano radici anche nell’attuale organizzazione dei pronto soccorso che comportano affollamento e lunghe file per i codici a bassa urgenza, elementi indicati in letteratura come precondizione di aggressività dell’utenza. Capita in un ufficio postale figuriamoci in un pronto soccorso dove c’è un vissuto di ansia.»
E continua:
«Prendiamo i codici verdi fanno riferimento alla registrazione di parametri vitali stabili ma possono contenere alcune situazioni difficili per il paziente e talvolta evolvere in maniera critica. Coliche renali, dolore addominale da aneurisma dell’aorta addominale, primo episodio di uno scompenso diabetico, acidosi metabolica. È importante la sicurezza ma militarizzare i pronto soccorso non è la soluzione».
Sarebbe fondamentale evitare che pazienti con patologie banali giungano in ospedale, si tratta di un problema culturale e di organizzazione dei servizi di primo livello su cui pure il ministro della Salute ha annunciato, nell’intervista di ieri al “Mattino”, di voler intervenire. Poi bisognerebbe gestire meglio i carichi di lavoro, per evitare sia lunghe file e attese con flussi di parenti continui per decine e decine di giorni che non fanno altro che creare ingorghi. Senza contare che stress e burn-out innesca nel personale medico e infermieristico ostilità.
Sempre Visone, conclude così il commento:
«Al Cardarelli il fatto che dopo il triage si attende in una grande stanza dove tutti possono vedere l’enorme flusso dei pazienti in gravissime condizioni stempera l’aggressività e consente un rapporto diretto senza frapposizione di porte, tra noi e l’utenza che si sente più protetta».
Natale De Falco, operatore della medicina del territorio e consigliere regionale della Cimo, ci tiene a sottolineare che:
«La ricetta per venire a capo delle aggressioni? Far rispettare le leggi che ci sono. Ci sono procedure aziendali già previste e norme che prevedono l’arresto immediato per interruzione di pubblico servizio più l’aggravante in caso di lesioni. Sembra che siamo sempre all’anno zero. Oggi nei reparti abbiamo un infermiere ogni otto ricoverati, in un pronto soccorso ne gestisce molti di più».
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