Siamo ormai vicinissimi al giorno di Natale ed alla Vigilia, e chi è solito cucinare già sta svaligiando i supermercati e facendo scorta per organizzare il cenone della Vigilia ed il pranzo di Natale.
A Napoli il cibo è cosa davvero seria e forse i pasti legati a questa festa sono i più importanti dell’anno: tra tovagliolini e bicchieri va in scena l’esecuzione di una delle tradizioni più sentite della città e della regione.
Se vorrete lanciarvi nella titanica impresa di metter su un pasto natalizio tipicamente napoletano è necessario che sappiate che la tavola imbandita per il 24 ed il 25 Dicembre deve seguire regole precise: oggi ve le sveleremo tutte.
Il Cenone della Vigilia
Per la Vigilia de lo Santo Natale ce vonne vruoccoli zuffritti co l’alice salate, vermicielli co la mollica de pane e vongolelle o pure zuffritti co l’alice salate, anguille fritte, ragoste vollute co la sauzade zuco de limone, e uoglio, cassuola de calamarielli e seccettelle, pasticcio di pesce, arrusto de capitone e struffoli.
Questa è la “ricetta” per il perfetto cenone della Vigilia che possiamo leggere in “Trattato sulla cucina teorico-pratica“, trattato culinario del 1837 di Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino, notissimo letterato e cuoco napoletano.
Dopo tantissimi anni, il menù della Vigilia resiste in larga parte allo scorrere del tempo: e se, tra gli antipasti, troviamo una pizza di scarole a far compagnia al polpo all’insalata, immancabilmente immutati permangono i primi con i frutti di mare ed il capitone fritto, presente in tavola dall’inizio fin quasi alla fine della cena – il piatto che lo ospita, nell’insolito caso in cui ne ospitasse ancora qualche pezzetto, viene sparecchiato soltanto quando la tavola viene dominata da uno dei dolci più tipici ed amati della Campania: gli struffoli.
Il Pranzo di Natale
Menestra de cecorie, bollito de vaccina e aute ccose, capuni a lo tiano, puorco servatico, bocconotti mbuttunati de nteriora de pulli, costatelle de puorco ngrattinate, nsalata cotta de cavolisciore e bruoccoli, ammennole ncroccanda.
Questa invece il menù che ci suggerisce dal 1837 il nostro Ippolito Cavalcanti.
Se il cenone di Natale è sempre e rigorosamente di pesce, le ricette dedicate al pranzo del 25 Dicembre sono tutte (o quasi) a base di carne.
Già dagli antipasti vediamo serviti salumi e formaggi di ogni tipo, freschi e stagionati, saporiti e più delicati; immancabile è la celebre minestra Maritata, una minestra a base di manzo, prosciutto e verdure di stagione (soprattutto verza, scarole e cicoria), così chiamata perché piena di ingredienti i cui sapori si “sposano” perfettamente tra di loro.
Oltre a primi che contengono sempre un po’ di ragù o almeno delle polpettine (come la lasagna, i maccheroni al forno ed il sartù di riso) quando arrivano i secondi di carne questi vengono sempre ed inevitabilmente accompagnati dall’insalata di rinforzo, a base di cavolo, olive nere, alici e papaccelle.
Il sapore della minestra, molto intenso anche per via dell’aceto con cui è condita, non è sempre apprezzato – pare sempre che non piaccia mai a nessuno, ma non c’è mai nulla da fare, è sempre pronta in tavola, a Natale, per essere mangiata: è ineluttabile, come la morte.
Quando ormai tutti, già provati dal cenone del giorno prima, son così pieni da scoppiare, il pranzo finalmente si conclude – ma non prima di aver consumato i dolci tipici del natale Napoletano! Paste reali, divinamore, mustaccioli, susamielli, raffioli, roccocò e struffoli affollano la tavola, pronti a tentare il nostro palato e dare il colpo di grazia al nostro stomaco.
Stomaci a prova di Natale
Sopravvivere al Natale napoletano non è semplice, soprattutto se magari desiderate tentare l’impresa di affrontarlo se non l’avete mai fatto: è una prova di gusto e vera e propria resistenza fisica, oltre che uno dei festeggiamenti più belli dell’anno.
Non vi resta dunque che prepararvi: sia che dobbiate cucinare voi stessi o che siate semplicemente dei fruitori di questi banchetti, adesso sapete cosa fare e cosa aspettarvi.
Buon Natale!
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