Per il Teatro Stabile di Napoli, dal 4 al 9 Febbraio viene messo in atto “Scene dal Faust“, tratto dall’opera di Johann Wolfgang Goethe.
Lo spettacolo è un susseguirsi altalenante di momenti d’estasi e di grettezza incorniciati dalla splendida cornice della scenografia ed accompagnati da una lirica sorprendente.
Con “Scene dal Faust” a calcare il palco è l’uomo nella sua interezza, quel piccolo dio tormentato la cui esistenza risulta essere la perfetta sintesi tra momenti di dotta bestialità e di semplice purezza.
Lo spettacolo: “Scene dal Faust”
“Scene dal Faust”, nella sua versione italiana, porta la firma di Fabrizio Sinisi, mentre la regia e la drammaturgia sono affidate a Federico Tiezzi. Ad occuparsi egregiamente della scenografia, dei costumi e delle luci sono invece Gregorio Zurla e Gianni Pollini; infine, le coreografie sono di Thierry Thieu Niang, mentre lo splendido canto è di Francesca della Monica.
Lo spettacolo, che al suo debutto nel Maggio 2019 raccolse appassionati consensi, approda al Teatro Mercadante, dove viene messo in scena da un cast eccezionale: degni di particolare menzione sono Sandro Lombardi – nel ruolo di un pungente Mefistofele – Marco Foschi – che interpreta Faust – ed una talentuosa Leda Kreider – nei panni e nella voce di Margherita.
Un Faust scarnificato, essenziale ed intenso
Quest’opera è tratta dalla prima parte del Faust di Goethe.
Si tratta d’un Faust essenziale, che scarnifica il contesto in cui hanno luogo le vicende dei protagonisti e che così facendo rende la narrazione universale: arriva alla carne viva della storia, al suo senso più puro.
I colori sono assoluti e forti, quasi violenti – talvolta abbagliano lo spettatore. I vari elementi della scenografia vengono portati sul palco da delle figure completamente vestite di bianco, con indosso tute e mascherine di contenimento – come se non dovessero contaminare la scena né esserne contaminati, completamente alienati dal mondo e dal cuore di questo Faust ridotto all’osso ed alla sua forma più autentica – così intenso da essere pericoloso per chiunque gli si avvicini.
Lo spettatore, che invece non ha niente che lo protegga, sente sulla propria pelle tutte le emozioni che vivono i personaggi che si muovono sul palco: non ci sono filtri, non c’è protezione che possa mediare il dolore, la dannazione, l’insoddisfazione e l’amore che prende vita sul palco.
La storia è ridotta alla sua essenza, condensata in emozioni forti che hanno un sapore tanto intenso da essere doloroso – e, per questo, forse un po’ più vero.
Lo spettatore che levita verso la propria poltrona: un non-inizio delizioso
Lo spettacolo comincia prima di cominciare, con una deliziosa trovata che ha lo scopo di chiamare a sedersi quegli spettatori che non hanno ancora preso posto o che sono appena fuori dalla sala: alcuni attori si siedono in terra, formando un cerchio dentro il quale è seduto un altro di loro.
Sulla parete bianca alle loro spalle campeggia una scritta che spiega ciò che sta per avvenire: gli attori, tramite la meditazione, cercheranno di far levitare quello di loro che è seduto al loro interno; nel caso in cui non avvenisse la levitazione, si metterà in scena lo spettacolo “Scene dal Faust”.
Gli attori cominciano dunque come promesso ad intonare un canto di meditazione, e le loro voci aumentano di volume fin quando le luci si abbassano – ormai tutti gli spettatori si sono seduti – e la scritta avvisa che, dato che la levitazione non è avvenuta, lo spettacolo può cominciare.
Questa introduzione così delicata ed anche divertente sorprende e predispone piacevolmente allo stupore che, di lì a poco, riempirà occhi e cuore dello spettatore: il meglio deve ancora venire.
Dio è uno specchio rotto
Lo spettacolo può avere davvero inizio.
La scenografia è bianca, algida e quasi del tutto vuota – ci sono degli uomini appesi per le caviglie, delle corde li tirano verso l’alto; li fanno ascendere verso il cielo – mentre viceversa dall’alto scivola una cornice dorata che contiene uno specchio rotto, la cui superficie straborda: è questa una manifestazione, la rappresentazione di un Dio che non si può guardare e del cui aspetto si può a stento immaginare.
Dio è qualcosa in cui il Mefistofele che calcherà il palco – ed anche gli uomini – potranno specchiarsi, ma in maniera distorta: Dio è intero e comprende tutto, ma il diavolo e l’uomo ne sono soltanto dei riflessi spezzati.
Come reciterà il satanasso infernale che di lì a breve, col permesso di Dio, tormenterà l’ingordo Faust finché questi avrà vita, l’uomo non è altro che un piccolo dio tormentato, la cui ricerca non potrà mai dirsi conclusa – qualcosa che tende verso il divino ma che non raggiungerà mai la sua meta, turbato dai sensi e dalle tentazioni della natura e del proprio intelletto.
La Lirica è la lingua degli Angeli
Mentre Dio riflette gli uomini e questi rivelano la propria immagine deforme, le figure che ascendono al cielo – quasi completamente nude – sono invece degli arcangeli che, sottosopra, iniziano a cantare un meraviglioso canto lirico. La scena è suggestiva, il canto a cappella struggente – i corpi degli angeli, tesi nello sforzo del canto e dell’ascensione, appaiono (loro sì) come frammenti dell’immensità divina.
La lirica è la lingua degli angeli e, anche se siamo figli di un vetro spaccato, la loro voce ci riempie e colma di luce e di perfezione; la voce di Dio, invece, che tuona dall’alto ci fa sentire piccoli e mortali – e fa cadere gli arcangeli fino a terra: anche loro sono imperfetti e minuscoli e quasi terreni in confronto alla magnificenza divina.
La performance degli arcangeli (Alessandro Burzotta, Nicasio Catanese e Ivan Graziano) è davvero divina: una delle cose più belle di tutto lo spettacolo.
Faust viene morso dal Diavolo
Faust è un uomo che ha studiato ogni cosa – matematica, alchimia, filosofia, teleologia – ma a cui sembra sempre di sapere poco, di sapere niente – di essere infinitamente più piccolo dello spirito della natura che pervade tutte le cose.
Dalla sua insoddisfazione nasce un demone, un diavolo che a lui s’incolla come un’ombra e che rappresenta tutte le oscurità di un animo ingordo come il suo: nulla mai basta, nulla mai lo soddisfa, niente gli provoca piacere. Faust non resiste alle tentazioni di questo tenebroso alter-ego e lo segue in luoghi dell’animo dove il male è di casa.
Mefistofele conduce Faust da streghe che indossano le vesti della sapienza umana (sono vestite come medici e chirurghi) ma che in realtà, ottenebrate dalla cupidigia e dalle proprie motivazioni egoistiche si trasformano in animali: indossano tutte una maschera da scimmie e si muovono seguendo gestualità oscene e sgraziate.
Faust viene sedotto da questa dotta bestialità e lascia che la strega gli dia una pozione che lo fa ringiovanire: ha di nuovo tutto il tempo per vivere e godere, per conoscere e consumare il mondo, per farlo suo.
Il diavolo – rappresentato da un cane, da un lupo – morde Faust in una posa plastica: inizia qui la sua discesa verso l’inferno.
Tra dotta bestialità e purezza spirituale: l’uomo
La mostruosità che si annida nell’animo di Faust si manifesta in tutta la sua bruttura quando seduce Margherita/Gretchen, una donna pura su cui il diavolo non ha alcun potere. La brama e la desidera, il suo candore luminoso lo abbaglia: non vuole altro che lei.
Così è l’animo degli uomini: costantemente conteso tra una dotta bestialità e purezza spirituale. Faust tuttavia non riesce ad assaporare il frutto dolce della povera Gretchen senza sporcarlo dei suoi piaceri e della sua insaziabile fame: la seduce e la fa scendere con lui in una spirale di dolore e di follia che la condurrà ad azioni terribili ed infine alla morte.
L’animo della povera ragazza è ormai corrotto come quello di Faust, e per lei, nell’aldilà, non può esserci salvezza fin quando amerà quell’uomo ormai orribile. Il lupo-diavolo morde ancora Faust: oramai è imperdonabile.
Lo sconvolgimento di Faust è umano – ma il suo cuore è dannato ed orrendo. Arso dai sensi di colpa, sceglie di cercare di salvare l’anima della ragazza ed il suo diavolo personale si offre di aiutarlo, sebbene, adesso, Faust gli gridi contro tutto il proprio disgusto.
Il velo dei pensieri di Gretchen
La messa in scena si trasforma in capolavoro quando vediamo l’avanzare lento e dolorosodi Margherita/Gretchen, avvolta in un velo candido, come crocifissa verso un letto.
Ad accompagnarla ci sono due degli uomini in tuta bianca, ma poi, una volta stesa nel giaciglio – unico oggetto di scena – è sola. L’attrice è sublime nella sua performance da solista: parla a Dio ad a Faust, anche se nessuno dei due è sul palco.
E’ la rappresentazione perfetta di una mente sconquassata e folle, spezzata, imprigionata nel dolore ed infranta nella pazzia che da questo scaturisce.
Si alternano grida, pianti, risate, canto lirico; Gretchen si agita sul palco, si contorce sul letto, trasforma il velo in cui si avvolge e dispera in tutto ciò di cui parla – nella madre morta per il sonnifero che le ha dato Faust, nel fratello assassinato dal suo amato con l’aiuto del diavolo e nel bambino nato dall’unione del dottore e di Margherita che lei, abbandonata, sola e invisa dai suoi compaesani, ha annegato nel fiume.
Il velo altro non è che i pensieri di Gretchen, terribili eppure puri; sono pensieri in cui si avvolge come a proteggersi, che la costringono nella prigionia, che passano tra le sue mani trasformandosi in neonati che cercano il suo seno o che giacciono morti e freddi contro il suo petto.
Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto per amore
Margherita grida contro Faust: tutto quello che ho fatto, l’ho fatto per amore! Ed anche se non sentiamo la risposta dell’uomo, sappiamo che è insufficiente, orribile e che strazia il cuore di Gretchen.
La ragazza ha commesso degli errori, ma le intenzioni del suo cuore erano pure; nella sua purezza, sottolineata dal velo che ora le vortica intorno come impazzito, percepisce l’orribile oscurità del cuore del dottor Faust.
E così mentre corre verso Dio, mentre tende la mano verso il padre celeste quando anche la sua anima muore, stritolata dal velo, grida la sua maledizione a Faust: Heinrich, mi fai orrore! Padre – aggiunge poi rivolta a Dio – sono tua.
Gretchen ottiene il perdono, forse dalla sua mente sconvolta dagli orrori che si nascondono in quella dell’amato, più che da un Dio. Il suo lungo monologo è arte e bellezza – ascende verso il paradiso insieme alla sua voce. Faust, invece, è perduto, e di lui Dio non accetta più nemmeno il distorto riflesso.
Dove e quando vedere “Scene dal Faust”
Sarà possibile vedere lo spettacolo “Scene dal Faust” dal 4 al 9 Febbraio 2020 al Teatro Mercadante.
Non possiamo che consigliarvi questa meravigliosa versione dell’opera di Goethe: qualsiasi siano i vostri gusti e le vostre preferenze, non potrete fare a meno di sentirvi incantati.
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