Non bastava il Covid-19 e la conseguente assenza di manodopera : a rendere ancor più duro il lavoro in agricoltura arriva il freddo fuori stagione.
A pochi giorni dall’inizio ufficiale della primavera, la colonnina di mercurio si è ritrovata a scendere al di sotto dello 0 in diverse zone d’Italia.
Il risultato? Stagione in gran parte compromessa ancora prima di iniziare per migliaia di lavoratori che non possono restare a casa perché hanno l’onere di sfamare il Belpaese.
Estremamente variegata la situazione al Meridionale. La zona che pare aver subito più danni è il versante adriatico a causa di una perturbazione che ha portato nevicate dalle Marche fino alla parte Nord della provincia di Bari. In Puglia si è registrato il brusco abbassamento delle temperature fino a -1 gradi, quando due giorni fa si registravano anche 23 gradi.
Meno grave, ma egualmente preoccupante la situazione in Campania. Qui, nella notte tra lunedì e martedì, le temperature non sono scese sottozero e, quindi, non si sono verificate gelate. Tuttavia, diversi sono i danni registrati. Forte la ripercussione della gelata tardiva nell’agro-nolano.
Annunciata già per domani la seconda allerta meteo della primavera. C’è il concreto rischio che nei prossimi giorni la conta dei danni sarà ancora più grave.
Fragole e Asparagi: prodotti di stagione in crisi
In grande crisi riversano i produttori di fragole e asparagi. Prodotti delicati e dai costi di produzione elevati, che hanno subito un forte crollo di consumi a causa della chiusura dei ristoranti e/o delle pasticcerie ma anche perché le famiglie, in questo delicato momento, non li ritengono indispensabili. Tanti preferiscono acquistare altri beni di prima necessità, come patate, agrumi o mele, o addirittura acquistare prodotti secchi, più facili da conservare.
La mancanza di manodopera
Tuttavia, prima ancora che l’enome calo di fatturato, il problema principale che attanaglia il settore agro-alimentare è la mancanza di manodopera.
Mai come in questo periodo di crisi emerge un dato incontrovertibile: il made in Italy agroalimentare si regge in gran parte sulla manodopera straniera. Manodopera che, oggi, non può arrivare. Secondo le stime della Coldiretti, quest’anno infatti, mancheranno all’appello 370mila lavoratori che arrivano ogni anno dall’estero, principalmente da Romania, Bulgaria e Polonia.
Sul tema si è espressa anche la ministra delle politiche agricole alimentari e forestali Teresa Bellanova che nei giorni scorsi ha coinvolto nel merito Luciana Lamorgese e Nunzia Catalfo, con una lettera già sui tavoli delle Ministre degli Interni e del Lavoro, verso obiettivi precisi: fare di tutto “per mantenere il tessuto produttivo vivo, sicuro, stabile” e perché negli insediamenti informali non si determini una “gravissima emergenza sanitaria”.
Quali soluzioni?
Romano Magrini, responsabile delle politiche del lavoro della Coldiretti, avanza ancora una volta la proposta della reintroduzione dei “voucher in agricoltura”.
Si tratterebbe, secondo Magrini, di “una misura temporanea per tamponare la crisi e per ridare fiato sia all’agricoltura, che ha bisogno di manodopera, sia ai lavoratori di altri comparti”.
“Ed è per questo che chiediamo che siano reintrodotti i voucher in agricoltura e con questi la possibilità di impiegare nei campi i lavoratori in cassa integrazione o di altri settori che si sono fermati, come quelli della ristorazione e del turismo”.
Ma soprattutto– aggiungiamo noi – del florovivaismo. Con il divieto di cerimonie come battesimi, matrimoni, lauree e funerali ma anche per il blocco della mobilità, il mercato dei fioriè praticamente fermo.
Solo nella nostra regione – secondo quanto comunica Coldiretti Campania – comunica che sono a rischio 50 milioni di euro di fatturato e circa 20.000 addetti tra aziende agricole e indotto.
Infine, per quanto riguarda la mancanza di manodopera estera, c’è da dire che migliaia di stranieri la cui domanda d’asilo non è stata (o non è stata ancora) accolta si trovano già in Italia.
In gran parte privi di tutele e costretti a vivere condizioni di povertà estrema (e di grande rischio per la proliferazione del virus) potrebbero essere messi in regola come lavoratori proprio in agricoltura.
Insomma, in tempi di crisi da Covid-19 emergono le debolezze di un settore, quello primario, che non può assolutamente fermarsi. Perché se l’Italia resta a casa, qualcosa dovrà pur mangiare.
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