venerdì, Novembre 22, 2024
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Industria del tessile, in Campania a rischio 800 imprese. Barbara Preziosi (Italia Viva): «Intervenire subito o sarà un dramma sociale»

«Se non interveniamo subito assisteremo alla morte di tante piccole e medie imprese impegnate nel settore del tessile, in contesti socialmente fragili come quello campano questo potrebbe tradursi in un dramma».

Barbara Preziosi, coordinatrice provinciale di Napoli di Italia Viva, lancia l’allarme per un comparto che in Italia vale 97 miliardi di euro (due terzi dei quali per le esportazioni). E i dati campani della crisi sono preoccupanti.

«Da una nostra analisi– spiega Preziosi – risulta evidente che 800 imprese del settore sono ad alto rischio di chiusura. Servono misure concrete o 1 azienda ogni 10 delle 8.000 che producono reddito in questa regione non arriverà al prossimo anno. Un danno economico ben superiore ai 100 milioni di euro, considerando che nel contesto nazionale la Campania, con un valore aggiunto nel comparto moda di 1.027 milioni di euro, é la  prima regione tra quelle del Mezzogiorno. Lo studio “Impact of the Coronavirus on the Italian non-financial corporates” di Cerved Rating Agency (agenzia di rating del Gruppo Cerved tra le prime in Europa) dimostra chiaramente che a fare maggiormente le spese di questa situazione – aggiunge Preziosi – sarebbe proprio il manifatturiero tessile. Le conseguenze del contagio sono già evidenti: rallentamenti nella produzione, chiusure temporanee forzate degli esercizi commerciali, calo dei margini. Con questi presupposti lo scenario a breve termine delle ricadute economiche e occupazionali in Regione è drammatico. E le cose possono andare anche peggio se si guarda al medio e lungo periodo».

In assenza di interventi concreti la situazione campana rischia di replicarsi in tutte le altre realtà nazionali. L’Italia è infatti il primo Paese in Europa per la produzione del tessile, abbigliamento e accessori, staccando di 30 punti la Germania e di 43 la Francia.

«Il 41 per cento della produzione europea di moda – ricorda Preziosi – è fatto da aziende italiane».

Ed è proprio la voce di queste aziende che Barbara Preziosi intende far arrivare ai vertici nazionali del Governo.

«Ci sono brand, anche di grande importanza come Meritex (leader nella produzione di calze), che soffrono la mancata programmazione di misure a sostegno delle imprese. Sono aziende che si trovano a dover pagare migliaia di euro tra dazi doganali, affitti e salari, aziende che nel loro complesso danno lavoro a migliaia di famiglie se si considera anche l’indotto che generano. Il tessile è un settore che sta morendo nell’indifferenza del Governo». 

E il caso di Meritex, brand partenopeo sul mercato dal 1923, è emblematico.

«Seppure in molti casi si va avanti con le vendite online- spiega l’imprenditrice e membro dell’assemblea nazionale di Italia Viva Palmira Pratillo,  – questo non basta. Le persone hanno meno voglia di comprare vestiti a causa dell’incertezza del futuro, e a questo si aggiungono le oggettive difficoltà economiche di molti e anche il semplice obbligo di restare a casa. Inoltre le consegne online sono rallentate per garantire le norme di sicurezza, come la distanza minima di un metro tra i dipendenti, la diminuzione delle ore di lavoro e le frequenti sanificazioni degli ambienti. Molti rivenditori, tra cui Amazon, danno priorità a beni di prima necessità, facendo slittare le consegne di vestiti e accessori. Il sistema è diventato lento, costoso e meno affidabile e molti hanno deciso di rinunciarvi e chiudere del tutto».

A questo si aggiunge un altro grosso problema, per le piccole boutique come per i grandi magazzini: il costo degli affitti, che può arrivare anche al 20 per cento dei ricavi.

Ecco perché Barbara Preziosi ha deciso di rilanciare le proposte con le quali dare respiro agli imprenditori del tessile.

  1. Rapida ripartenza per queste aziende, così come sollecitato dal Presidente della Camera della Moda.
  2. Misure economiche a favore delle aziende e degli esercizi commerciali atte a consentire un’adeguata ripresa delle attività con i dovuti dispositivi di sicurezza sanitari.
  3. Slittamento e riduzione dei fitti per gli esercizi commerciali (ragionando a strumenti di controllo utili a calmierarne i prezzi, a sospensioni dei pagamenti con contestuale politica di sostegno ai percettori degli stessi. Crediti d’imposta più coraggiosi, di portata più ampia rispetto a quanto già fatto, per tutte le categorie catastali e sicuramente slegati dal pagamento.
  4. Incentivi per la realizzazione di piattaforme personalizzate (con sostegno alle aggregazioni tra le imprese) di vendita online, anche per le realtà più piccole.
  5. Riduzione e differimento al 30 settembre dei pagamenti di tutti i dazi doganali all’importazione.
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