XXII indagine AlmaLaurea, risultati positivi per la Federico II per retribuzione e occupazione. Bene anche UniSannio. Laureati soddisfatti e lauree efficaci per UniSa e Suor Orsola.
Dopo la recente QS World University Rankings, che ha dato ottime notizie a due atenei campani, lo scorso 11 giugno sono stati comunicati i dati della XXII indagine Almalaurea sulla condizione occupazionale dei laureati italiani. L’indagine analizza le risposte dei laureati di primo livello (triennali) e di quelli di secondo livello (magistrali), questi ultimi ulteriormente divisi in biennali e a ciclo unico.
In che misura i laureati sono soddisfatti del proprio percorso di studi? Quanti sarebbero disposti a emigrare all’estero? Quanto è importante il percorso di formazione? I laureati sono soddisfatti? A queste e a molte altre domande risponde ogni anno il consorzio interuniversitario Almalaurea con i suoi dati ad ampissimo spettro.
Gli intervistati per la XXII indagine di Almalaurea sulla condizione occupazionale dei laureati sono stati 650mila laureati triennali e magistrali iscritti presso i 76 atenei italiani aderenti al consorzio e contattati a 1, 3 e 5 anni dal conseguimento del titolo.
La situazione italiana
Le performance occupazionali dei laureati italiani continuano il loro trend in miglioramento. In generale, il tasso di occupazione – definito dal consorzio come il rapporto tra gli occupati e gli intervistati, considerando i primi come tutti coloro i quali dichiarano di svolgere un’attività, anche di formazione, purché retribuita – in Italia si conferma in salita.
Ad un anno dalla laurea il tasso di occupazione per l’intero collettivo è del 53,5%, con sostanziali differenze tra il primo livello (41,4%) e il secondo livello biennale (74,8%). A cinque anni dal conseguimento del titolo il tasso di occupazione dei laureati magistrali biennali sale all’86,5%.
Parallelamente sono in discesa i tassi di disoccupazione. A tre anni dal conseguimento del titolo, il tasso è del 7,2% per i laureati triennali e dell’8% per il totale di quelli magistrali, con punta del 10,2% per quelli a ciclo unico. A cinque anni dalla laurea, invece, il tasso di disoccupazione cala e si attesta intorno al 6% per tutte le categorie, in particolare al 5,7% per i laureati di primo livello e al 6,2% per tuti quelli di secondo livello.
Università e lavoro
I dati AlmaLaurea confermano la necessità del titolo di studio per avere accesso a migliori condizioni occupazionali. I livelli di occupazione sono più alti per i laureati rispetto ai non laureati, e i valori aumentano con gli anni anche per chi si era inserito nel mercato del lavoro durante gli anni della crisi economica.
Una buona connessione tra università e lavoro è data dall’aumento dei tirocini curriculari, opportunità interessanti per gli studenti che vogliono acquisire competenze professionali pratiche. I tirocini coinvolgono il 60,7% dei laureati di primo livello e il 63,1% dei laureati di secondo livello.
Un dato che può orientare i giovani nella scelta universitaria è sicuramente la retribuzione. Come spiega il rapporto sull’occupazione, le retribuzioni reali dopo un anno dalla laurea crescono del 16,7% per i laureati di primo livello, e del 18,4% per quelli di secondo livello, rispetto al 2014. Il miglioramento è evidente anche nell’ultimo anno, con un +3% per i laureati triennali e un +3,8% per quelli magistrali.
A distanza di cinque anni, in media i laureati di primo livello percepiscono 1.418 euro, mentre quelli di secondo livello 1.499 euro, con un aumento rispetto alla precedente rilevazione.
Quanto alla retribuzione, bisogna, tuttavia, tristemente segnalare che permangono differenze di genere pressoché ovunque. Gli uomini, infatti, tendono ad avere un guadagno medio mensile superiore rispetto alle donne, a volte anche di diverse centinaia di euro.
Gli studenti si formano all’estero?
Buone notizie da Almalaurea a livello di internazionalizzazione del percorso formativo. Lo studio all’estero è sicuramente una carta da giocare per entrare nel mondo del lavoro. Secondo il rapporto Almalaurea, gli studenti che hanno svolto un’esperienza all’estero hanno il 12,9% di possibilità in più di trovare un lavoro a un anno dalla laurea.
In particolare, il 15,7% dei laureati magistrali biennali ha scelto di studiare fuori dai confini italiani. Questo dato aumenta del 5,1% considerando i laureati che hanno partecipato a programmi di studio all’estero durante l’intero percorso 3+2. Questo porta la percentuale a 20,8%, valore che supera l’obiettivo fissato per il 2020 in sede europea (20%). I programmi di scambio sono scelti dai laureati magistrali biennali soprattutto per svolgere una parte rilevante di ricerca per la propria tesi (45,5%). Internazionalizzare il proprio percorso formativo si conferma, quindi, un vantaggio per i laureati.
Dalla Campania all’estero
Considerando i dati relativi alla regione Campania, l’università con maggiore numero di studenti che hanno effettuato un’esperienza all’estero è “L’Orientale” di Napoli, con il 19,3% dei laureati classe 2019 di primo livello, e il 32,8% di secondo livello. Seguono l’Università di Salerno e il Suor Orsola Benincasa, i cui laureati triennali del 2019 sono stati all’estero nel 6,7% e nel 6,4% dei casi rispettivamente. Quanto ai biennali, invece, laureati sempre nel 2019, hanno studiato fuori rispettivamente il 10,6% e il 7,3% degli studenti dei due atenei. Valori piuttosto alti anche per l’Università del Sannio e per la “Federico II”: nelle due università ha effettuato un soggiorno fuori Italia il 14,3% e l’11,8% dei laureati biennali.
L’emigrazione
Ecco che, dunque, ritorna lo spettro che l’Italia teme. Tutti lo immaginano, i dati lo confermano. L’emigrazione all’estero è una prospettiva che molti laureati prendono sempre più in considerazione. Quasi la metà dei laureati italiani è disposta a emigrare (47,3%), mentre il 31,8% si sposterebbe addirittura in un altro continente. In aumento rispetto alla precedente rilevazione, la percentuale di laureati magistrali biennali che ad un anno dal titolo lavora all’estero è del 7,1%, che sale al 7,6% a cinque anni dalla laurea.
Il divario Sud-Nord
Sostanzialmente in linea con la precedente indagine, dopo aver studiato nel proprio territorio, il 14,1% dei residenti al Sud trova lavoro al Nord, mentre solo il 5,7% al Centro.
Il divario tra il Nord e il Sud del Paese coinvolge principalmente il tasso di occupazione (14,6%). Se, tra i residenti del Nord, è occupato l’83,2% dei laureati ad un anno dal titolo, il tasso di occupazione per il meridione è del 68,6%. Una delle aree disciplinari più interessata da questo gap è quella dell’insegnamento, con un differenziale del 22,4% a discapito del Sud. Parallelamente, tra i residenti al Sud il tasso di disoccupazione è superiore dell’11,8% rispetto al Nord, attestandosi al 20,1%, contro l’8,3% delle regioni settentrionali. A pagarne lo scotto, soprattutto i laureati del gruppo geo-biologico e psicologico, con un divario di oltre il 20% tra Nord e Sud. Diseguaglianze evidenti anche per chi è laureato in letteratura (19,9%) e in discipline relative all’insegnamento (18,2%).
Sebbene il divario persista a 5 anni dalla laurea, questa forbice tende ad assottigliarsi nel tempo. Una notizia davvero incoraggiante per chi sceglie un ateneo del Sud. Infatti, il tasso di occupazione al Nord è pari al 91,1%, mentre al Sud è del’82,3%, con un divario che è ‘soltanto’ dell’8,8% (la stessa coorte partiva da un gap del 20% ad un anno dalla laurea).
Laureati magistrali biennali anno 2014: tasso di occupazione per ripartizione geografica di residenza alla laurea. Anni di indagine 2015, 2017, 2019 (valori percentuali). Fonte: dati pubblicati da Almalaurea, riportati così come estratti da “Rapporto laureati magistrali biennali”, p.15.
Il quadro degli atenei campani
Occupazione
Buone notizie da AlmaLaurea per gli atenei campani che, in linea generale, danno buoni risultati considerando i tassi occupazionali dei laureati.
Nel breve periodo, sono i laureati dell’Università Suor Orsola Benincasa ad avere il tasso di occupazione medio più alto ad un anno dalla laurea (47,3%). Tuttavia, prendendo in considerazione i laureati di primo livello nello stesso periodo, a guidare la classifica troviamo l’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” (39,4%), con buoni risultati anche per l’Università Suor Orsola Benincasa e per la “Parthenope” (entrambe al 37,4% di occupazione). Considerando, invece, i laureati biennali, la “Parthenope” ha un tasso occupazionale a un anno dalla laurea del 75,3%, il valore più alto tra gli atenei campani. Seguono Università “Federico II” (70,3%) e Università del Sannio (70,2%).
Sono, invece, i laureati dell’Università “Federico II” ad avere il tasso di occupazione più elevato a 5 anni dal conseguimento del titolo (82,4%), con i valori più alti in assoluto raggiunti dai laureati biennali (84,6%). Buoni risultati anche per i laureati magistrali biennali dell’Università “L’Orientale” e dell’Università degli Studi di Salerno, con tassi di occupazione, dopo cinque anni, dell’81,9% e dell’81,8% rispettivamente. Buoni risultati anche per la Vanvitelli (81,1%), mentre i restanti atenei presentano valori tra il 70-79%.
La Campania si sposta al Nord?
Nel breve e nel lungo periodo più del 60% dei laureati negli atenei campani, in media, resta al Sud. I valori ovviamente oscillano in base a diverse variabili, tra le quali il ciclo e il corso di studi. In testa, l’Università Parthenope, con il 76,6% dei laureati che in media, ad un anno dal titolo, lavora al Sud. Spostando l’attenzione sui laureati biennali, questo valore sale fino all’83,9% del Suor Orsola Benincasa.
Contattati a 5 anni dal conseguimento del titolo, più della metà dei laureati biennali in tutti gli atenei della Campania, ad eccezione dell’Università del Sannio, lavora al Sud. La percentuale più alta è registrata dall’Università Vanvitelli (72,4%), mentre il valore più basso è dell’UniSannio (49,5%). Il 57,1% dei laureati biennali della Federico II lavora al Sud, mentre in tutti gli altri atenei campani le percentuali sono superiori al 60%.
Dopo un anno, in media, lavorano al Nord soprattutto i laureati della Federico II (16,2% al Nord-Ovest e 6,3% al Nord-Est), quelli dell’UniSannio (15,6% al Nord-Ovest e 6,1% al Nord-Est), e quelli dell’Università di Salerno (14,2% al Nord-Ovest e 6,6% al Nord-Est). Dati confermati anche a 5 anni: Federico II e UniSa sono gli atenei con il maggior numero di laureati al Nord. Restringendo il campo ai laureati biennali, nel lungo periodo, gli ex-studenti della UniSannio si sono spostati al Nord quasi nel 30% dei casi. In particolare, il 16,2% lavora nel Nord-Ovest e il 13,5% nel Nord-Est.
Lavoro a tempo indeterminato
In termini di lavoro a tempo indeterminato, la Federico II è l’ateneo con una percentuale maggiore di laureati con contratto a tempo indeterminato nel lungo periodo (59,2%), insieme al Suor Orsola (59,2%). Bene anche l’Università di Salerno, dove gli occupati con contratto a tempo indeterminato dopo cinque anni rappresentano il 58,1%. A un anno, invece, maggiori possibilità sono offerte dalla Vanvitelli, con il 30,7% di contratti a tempo indeterminato. Anche in questo caso troviamo la Federico II e il Suor Orsola, entrambi al 29,8%. Forse per la natura delle discipline offerte, abbastanza male, rispetto agli altri atenei campani, va L’Orientale, con il 21,6% di contratti a tempo indeterminato ad un anno, e poco più del doppio (46,7%) dopo cinque anni.
Retribuzione
Secondo AlmaLaurea, laurearsi in Campania comporta una retribuzione leggermente inferiore rispetto al profilo nazionale, anche se i valori variano in base all’ateneo. Chi si è laureato all’Università di Napoli “Federico II” o all’Università del Sannio ha migliori possibilità di guadagno nel breve e nel lungo periodo. Ad un anno dal titolo, l’ateneo beneventano presenta una media complessiva di 1.094 euro, superiore anche a quella della scorsa indagine, mentre l’ateneo partenopeo una media mensile di 1.068 euro.
A cinque anni dalla laurea, gli studenti della Federico II possono godere, invece, di una retribuzione mensile media di 1481 euro, che raggiunge i 1523 euro, superiore alla media nazionale, se si considerano i laureati magistrali biennali. Alti livelli anche per l’Università del Sannio, i cui laureati a cinque anni guadagnano in media 1469 euro, con punta di 1.501 euro per quelli biennali. In tutti gli altri atenei, la media complessiva dopo cinque anni dal conseguimento subisce oscillazioni che vanno dai 1244 euro (Suor Orsola) ai 1365 (Università di Salerno).
Considerando l’Italia ad ampio spettro, alcuni divari permangono. Dopo un anno dalla laurea, le retribuzioni nette sono più alte del 26% per i laureati che lavorano al Nord (1.303 euro vs 1.034 euro). Tuttavia, il gap retributivo tra Nord e Sud sembra ridursi, poiché nel 2019 AlmaLaurea segnala un aumento delle retribuzioni del 5,4% al Sud e del 2,5% al Nord.
Pillole flash sugli atenei campani
Università di Napoli Federico II
Gli ex-studenti della Federico II godono di un maggiore tasso di occupazione a cinque anni dalla laurea. Tuttavia, prendendo in considerazione le lauree magistrali biennali, l’occupazione è nettamente minore nelle aree psicologiche (75,3%), letterarie (75,9%), politico-sociali (75,9%). Al contrario, all’apice della classifica troviamo gli occupati in difesa e sicurezza (100%), ingegneria (94,1%) e in discipline economico-statistiche (87,7%). In termini di corrispondenza tra occupazione e retribuzione, alla Federico II i laureati biennali in ingegneria sono anche quelli che guadagnano di più (1.777 euro in media). Il 63% dei laureati dopo cinque anni considera la propria laurea molto efficace e/o efficace. Dopo un anno dalla laurea, il 53,6% dei laureati valuta la propria preparazione molto adeguata, mentre questo valore raggiunge il 56,5% a cinque anni dal titolo.
L’Orientale
L’Università di Napoli “L’Orientale” è il centro di sinologia e orientalistica più antico in Europa. Data la sua intrinseca propensione allo scambio interculturale, non stupisce che il 10,7% dei suoi laureati biennali abbia trovato lavoro all’estero. Inoltre, più della metà dei laureati al biennio nel 2019 sono disponibili a trasferirsi in Europa (62,1%) o in un paese extra-europeo (47,0%). Molto buono il tasso di occupazione dei laureati biennali magistrali, che raggiunge un picco nell’area linguistica (86,9%), mentre sono inferiori i valori per l’ambito politico-sociale (79,9%) e letterario (64,4%). In generale, nell’89,7% dei casi i laureati biennali lavorano nel settore dei servizi. Interessanti anche le prospettive di ricerca. Nel 2019 il 44,4% dichiara di voler continuare gli studi, di cui il 18,4% con un dottorato di ricerca.
Parthenope
Il 56% dei laureati presso questa università, a cinque anni dalla laurea, ha notato un miglioramento nel proprio lavoro dovuto alla laurea, di cui il 40,5% parla di miglioramento delle competenze professionali, il 26,2% rispetto alla posizione lavorativa, e il 21,4% dichiara un miglioramento economico. Inoltre, il 53,7% degli occupati a cinque anni dal titolo ha dichiarato di usare in misura elevata le competenze acquisite durante il percorso di studi, mentre il 62,4% ritiene la propria laurea efficace o molto efficace.
Università della Campania “Luigi Vanvitelli”
All’Università della Campania, dopo cinque anni i laureati in discipline giuridiche sono quelli che soffrono il tasso di occupazione più basso (66,7%). Molto meglio i laureati in discipline politico-sociali (85,5%), geologi e biologi (86,7%) e i laureati in ingegneria (94,5%). Nel lungo periodo, a guadagnare di più sono i laureati in campo medico, con uno stipendio mensile medio di 1.701 euro. Va molto peggio ai laureati in discipline giuridiche, che chiudono la classifica con 626 euro. Degli ex-studenti dell’università casertana, a cinque anni dal titolo, il 67,9% ha trovato lavoro nel settore privato, il 29% nel pubblico.
Suor Orsola Benincasa
Dopo cinque anni, il 79,2% dei laureati al Suor Orsola Benincasa giudica efficace o molto efficace la propria laurea, mentre il 65,7% giudica la propria formazione professionale molto adeguata. La quasi totalità dei laureati biennali (96,6%) dopo cinque anni è impiegata nel settore dei servizi, il 75,5% svolge un’attività nel privato, mentre il 22,6% nel pubblico. I settori nei quali si inseriscono gli ex-studenti biennali del Suor Orsola sono soprattutto quello linguistico (78,9%) e quello politico-sociale (67,6%). Al Suor Orsola Benincasa tra i laureati classe 2019 della magistrale biennale il 75,5% ha avuto un’esperienza lavorativa durante l’università. Questo è un dato molto importante se si vuole considerare il rapporto tra università e mondo del lavoro.
Università del Sannio
Tra i laureati all’Università del Sannio, il 62,8% dei magistrali biennali reputa la propria formazione universitaria molto adeguata al tipo di lavoro che svolge dopo cinque anni. Nella media anche la soddisfazione, che si attesta al 63,4% sia dopo un anno che dopo cinque anni dal titolo. Invece, il 55,6% trova benefici e miglioramenti nello svolgimento dell’attività lavorativa dopo l’acquisizione del diploma biennale. Dopo un anno dalla laurea biennale, ingegneria raggiunge il 100% di tasso di occupazione, immediatamente seguita da difesa e sicurezza (98,4%) e economia e statistica (87,7%). Mentre a cinque anni, oltre ai laureati biennali in campo ingegneristico (94,1%) e medico (90,7%), riescono a districarsi bene anche i laureati in campo linguistico (84,9%) e letterario (80,3%). Molto alta la percentuale di laureati (88,3%) che, durante il corso di studio di secondo livello, ha effettuato tirocini curriculari o lavori riconosciuti.
Università di Salerno
Secondo i dati AlmaLaurea, i laureati dell’Università di Salerno sono molto soddisfatti: a cinque anni dalla laurea il 70,6% dei laureati considera la propria laurea molto efficace e/o efficace per il lavoro che svolge, e abbastanza efficace nel 20,9% dei casi. Il 76,3% si iscriverebbe di nuovo allo stesso corso magistrale! I tassi occupazionali restano in linea con gli altri atenei campani. Considerando i laureati biennali magistrali e i settori disciplinari, ad un anno dalla laurea i percorsi a più alto inserimento lavorativo sono quelli ingegneristici (89,0%) e scientifici (84,9%), mentre va male per l’area letteraria (46,5%). A cinque anni dal titolo, invece, mentre resta stabile l’occupazione in ingegneria (93,2%), ottime notizie arrivano dall’area linguistica, che gode di un tasso di occupazione dell’84,8%, e dall’area scientifica (83,7%).
E il Covid-19?
Certo, bisogna riconoscere che in questo momento storico il futuro è pericolosamente incerto. Soprattutto se consideriamo lo scenario prospettato dall’ISTAT che nel 2020 prevede un calo del 9,3% degli occupati, con oltre 2 milioni di posti di lavoro persi e un crollo del PIL pari all’8,3%. Insomma, se l’incertezza nella correlazione titolo di studio-occupazione era già presente nell’era pre-covid, lo è certamente in seguito a quello che molti definiscono uno shock senza precedenti.
La rilevazione di AlmaLaurea purtroppo non tiene conto del crollo verificatosi in seguito alla pandemia durante i primi mesi del 2020. Tuttavia, i dati ci forniscono un affresco realistico della situazione delle nostre università e del rapporto tra laureati e mondo del lavoro.
Inoltre, gli analisti di AlmaLaurea, nel loro rapporto, hanno effettuato alcune considerazioni sugli effetti della pandemia, analizzando dei dati parziali. Chi sembra aver sofferto maggiormente a causa dell’emergenza sono i neo-laureati, quelli che, insomma, aspettavano di entrare nel mondo del lavoro proprio ora. Invece, chi era già inserito ha sofferto meno il colpo. I dati parziali, infatti, evidenziano un calo del tasso di occupazione di -9.0 punti percentuali per i laureati di primo livello (65%) e di -1.6 punti percentuali per quelli di secondo livello (70,1%) rispetto alla rilevazione del 2019. Al contrario, dopo 5 anni dal conseguimento del titolo il tasso è in aumento, attestandosi all’88,8%.
L’Italia non è un Paese per ‘smart workers’
Nel pieno della pandemia, gli analisti di AlmaLaurea si sono interrogati anche sullo smart working. I dati confermano che l’Italia arranca ancora in digitalizzazione del lavoro. Nel 2019 lo smart working è poco diffuso tra i laureati. A un anno dal titolo, solo il 3,1% dei laureati di primo livello e il 4,2% di quelli di secondo livello ha dichiarato di svolgere un lavoro da remoto, percentuali che salgono al 4,6% e al 5,2% a cinque anni dal titolo.
Dati estratti dai diversi rapporti forniti da Almalaurea, nell’ambito della XXII indagine sulla condizione occupazionale dei laureati (2020) e sul profilo dei laureati (2020).
I dati della XXI indagine Almalaurea sono disponibili qui.
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