Rubano le foto in costume dai profili social (in particolar modo da Instagram) di circa 300 ragazze di Aversa e dell’agro aversano e le utilizzano per fare un’orrida ‘classifica dello stupro’ da far girare sul web attraverso un link. Una vicenda a dir poco raccapricciante, uno dei fenomeni più pericolosi della rete messo in atto per soddisfare perversioni sessuali ai danni di ragazzine completamente ignare di quanto avvenga sul web alle loro spalle.
A denunciare l’accaduto è stato il consigliere comunale di Aversa, Mariano Scuotri che ha affermato: “In Italia, al Sud, nelle nostre città c’è tanta strada da fare per abbattere pregiudizi, convenzioni e schematismi paternalistici e maschilisti. E porcate come queste sono la conseguenza di un’istruzione familiare molto spesso basata su modelli sbagliati, su padri e madri essi stessi, prima dei figli, condizionati da modelli che puzzano di un’arcaicità sociomafiosa che fa paura e genera la maggior parte dei problemi sociali delle nostre zone. E che mercifica il corpo della donna come materiale nelle mani degli uomini”. Il consigliere Scuotri si sta organizzando assieme ad un gruppo di ragazze, vittime dell’orribile ‘classifica dello stupro’, per andare a sporgere regolare denuncia e consentire alle forze dell’ordine di acciuffare gli autori del folle gesto. “Le istituzioni devono fare la loro parte delegittimando e condannando ogni gesto che vada in questa direzione – ha sottolineato Scuotri – Ma soprattutto invitando a denunciare. E denunciando. Io, da rappresentante delle istituzioni, sono pronto a denunciare al fianco di chi ha subito direttamente questa porcheria”.
Intriso di rabbia è lo sfogo di una delle vittime dell’accaduto, che ha scoperto di essere stata inserita nella classifica dello stupro per una foto in costume pubblicata più di un anno fa su Instagram, scattata e postata giustamente con leggerezza e senza troppi pensieri. “Ci sono io, ci sono altre ragazze in costume, ci sono ragazze vestite e coperte da capo a piedi, ragazze che nella foto hanno inquadrato soltanto il loro viso. Siamo tutte di Aversa. E, a quanto pare, tutte colpevoli di esserci sentite libere di fare quello che vogliamo con il nostro corpo, la nostra faccia, le nostre foto – ha affermato la ragazza – Tutte, indistintamente, prese e buttate là per essere oggettificate, valutate, promosse e bocciate in base a chissà quale criterio nauseante e malato. Io sono in vacanza, a 800 km di distanza dalla città in cui questa classifica è stata concepita e pubblicata. Ma poi ad Aversa ci torno, ci vivo, ci esco il sabato sera e tutti gli altri giorni della settimana. E dietro il computer con cui questa classifica è stata realizzata, si nasconde una persona in carne ed ossa. Una persona che ha davvero pensato queste cose e che, se dovesse incontrarmi per strada, tornerebbe a pensarle. E magari, ad Aversa, il sabato sera, ci esce anche lei. E magari ci esce anche mia sorella, le mie amiche, mia madre, le vostre amiche, le vostre figlie. E magari, potrebbe anche succedere che non si limiti soltanto a pensarle. A questo punto io ammetto di avere paura per me, per mia sorella, per tutte le altre ragazze della foto e anche per tutte quelle che non ci sono. Quante volte sono tornata a casa da sola, a piedi, la sera tardi? Magari questa persona l’ho incontrata? E se non l’ho incontrata io, che cambia? E se la conoscessi già? Se fosse un amico? Se fosse un’amica? Vorrà dire che la prossima volta eviterò la foto in costume, eviterò di fare sempre i soliti discorsi pesanti, monotematici, moralisti e noiosi sul femminismo. Che dite? O forse, vorrà dire che certi discorsi magari potrebbero anche essere concretamente fondati e non vi farebbe male ascoltarli? Magari dovreste essere voi ad evitare di etichettare come isteriche, schizzate, drammatiche, esagerate e ora addirittura nazifemministe tutte le donne che si azzardano a protestare quando si sentono trattate come carne da macello? Magari?”.