Nun fa’ ‘o Zeza
Alcuni modi di dire napoletani sono diventati, con il trascorrere degli anni, sempre più oscuri e misteriosi; spesso capita infatti che, pur continuando ad usare esclamazioni ed epiteti particolari, nessuno si ricordi il loro significato originario o perché in certi casi si usi pronunciare certe parole.
E’ questo il caso di Zeza: quante volte abbiamo sentito esclamare un nonno o una zia “Nun fa’ ‘o Zeza!”, senza capire precisamente a cosa stesse facendo riferimento? Quante volte vi siete ritrovati a domandarvi, senza riuscire a trovare risposta, chi potesse mai essere lo “Zeza” citato in questa bizzarra esortazione?
Anche se non ve lo foste mai chiesti, #BussoLaLingua quest’oggi vi racconterà tutta la storia di Zeza e delle sue origini.
Zeza è un maschio o una femmina?
Zeza è un epiteto che assume un significato lievemente diverso a seconda del sesso della persona a cui viene riferito.
Quando sentiamo “Nun fa’ ‘o Zeza!” declinato al maschile significa che quest’esclamazione esorta l’uomo a cui è rivolta a non comportarsi da cascamorto e a non essere eccessivamente insistente. Talvolta viene usato anche come invito al cessare un comportamento mellifluo e soprattutto falso: un modo tutto partenopeo per dire, insomma, che proprio “non c’è trippa per gatti”, in un senso o nell’altro.
Quando invece viene esclamato “Nun fa’ ‘a Zeza!”, al femminile, significa che si sta esortando la donna a cui ci si sta riferendo a smetterla di comportarsi in modo civettuolo e/o svampito, sciocco e falsamente ingenuo.
Lucrezia, la moglie di pulcinella
Ma comunque non abbiamo ancora scoperto chi sia Zeza: si tratta forse di un farabutto, come Bubbà? O di un nobile condottiero, come nel caso del Gioacchino citato in mille detti? Oppure stiamo parlando di un dittatore, come nel caso del celebre Baffone?
Niente di tutto questo: Zeza sarebbe il diminutivo di Lucrezia, ed in questo caso sarebbe riferito alla consorte di Pulcinella. Chiacchierona, pettegola e svampita, durante le commedie dove recitava insieme a Pulcinella spesso Lucrezia si lasciava andare a drammi interminabili, inutili, spesso falsi e indubbiamente irritanti.
Il modo di dire deriverebbe dunque dall’eccessiva drammaticità di Lucrezia, che sul palco recitava, per ottenere ciò che voleva, delle vere e proprie sceneggiate, degli inutili e fastidiosi teatrini.
Nun fa’ ‘o Zeza!
Dunque il merito (o la colpa) di questo strano modo di dire ricade ancora una volta, come in molti altri casi, su una delle maschere della commedia dell’arte.
E voi, conoscevate questa espressione? L’avete mai usata?
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