Coronavirus a Napoli: com’è cresciuta la curva dei contagi? Ecco uno studio condotto dall’unità di statistica medica dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”.
L’Università “Luigi Vanvitelli”, coordinata con Francesca Menna (assessore alla Salute del Comune di Napoli), ha condotto un lavoro per studiare l’evoluzione della curva dei contagi nel capoluogo campano.
Pare che la curva dei contagi abbia subito una leggera flessione nella settimana al 9 al 15 novembre. L’aumento dei casi continua però comunque a rimanere alto (22% in più rispetto alla settimana precedente). L’incremento giornaliero dei casi è aumentato in maniera esponenziale, soprattutto nella prima settimana di novembre. Il 6 del mese solo a Napoli sono stati registrati in un giorno più di 1000 casi.
Inoltre lo studio rivela quanto sia variabile l’età media dei contagiati in un mese. Nei mesi estivi si era abbassata a 32 anni, rialzandosi poi a 41 anni nel mese di settembre. In concomitanza con la riapertura delle scuole, nel mese di ottobre è possibile evidenziare un aumento dei contagi nella classe di età 6-18 anni. E qui bisogna porsi l’eterno dilemma: scuole aperte o chiuse?
Lasciare aperte le scuole vuol dire aumentare il via vai cittadino giornaliero e gli inevitabili assembramenti davanti le scuole. Vuol dire lasciare alunni e docenti nell’incertezza settimana dopo settimana: al primo contagio che si presenta in una scuola, l’edificio infatti deve essere chiuso per sanificazione.
Chiudere le scuole significa invece privare i ragazzi di vivere a pieno una realtà, che non potranno vivere più. Significa ridurre l’apprendimento ad una sterile lezione online. Vista però la necessità di tale misura, spetta ai docenti il difficile compito di coinvolgere e far appassionare alle loro materie gli alunni, piccoli e grandi.
Con la chiusura delle scuole e con le disposizioni sempre più limitanti i queste ultime settimane, l’età media dei contagiati è di nuovo salita. In particolare, l’incidenza sulla curva dei contagi della fascia d’età tra i 60 e i 75 anni è raddoppiata. Questo è senza dubbio un segnale da valutare attentamente per due motivi. In primis, per il maggior rischio di tale fascia d’età per maggiori sintomi e manifestazioni del virus. In secondo luogo, ciò comporterebbe a lungo andare anche una pressione maggiore sul servizio sanitario.
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