Un’opera teatrale e un film, questa differenza dovrebbe già bastare per placare ogni tipo di paragone e, di conseguenza, ogni tipo di critica sulle eventuali incongruenze sceniche ed interpretative tra il film diretto da Edoardo De Angelis e la commedia messa in scena da Eduardo De Filippo.
Invece non è stato così, la trasposizione di Edoardo De Angelis è stata messa alla gogna diverse settimane prima di vedere la luce, creando tantissime aspettative ed esasperato qualsivoglia giudizio (prima, durante e, sicuramente, anche dopo la proiezione).
Eduardo è uno dei drammaturghi più rappresentativi del ‘900, paragonato a Shakespeare dallo stesso Sergio Castellitto, che ha interpretato un Luca Cupiello, ispirato a quello di Eduardo (e a chi se no?), ma molto diverso negli sguardi nelle movenze e soprattutto nei modi. De Filippo dava voce ad un uomo tutt’altro che autoritario, prerogativa messa in evidenza più volte da Castellitto, soprattutto per i toni usati in dialoghi dove Eduardo appariva intimidito, quasi dispiaciuto durante gli sfoghi della sua rabbia.
Queste differenze non rendono l’interpretazione di Castellitto mediocre, la rendono diversa, com’è giusto che sia.
La trasposizione filmica è diversa nei tempi e nelle pause, ma parliamo di un film, giusto? I tempi non possono e non devono andare di pari passo con quelli teatrali, altrimenti tutto questo non avrebbe senso.
Eduardo in quanto attore e drammaturgo non si discute. Qui non si è toccato un mostro sacro, tentando di migliorarlo o estremizzarlo, si è reso omaggio al drammaturgo che era come, si spera, si continuerà a fare.
Il linguaggio di De Filippo è universale e in quanto tale va ricordato e omaggiato attraverso le sue opere che restano immortali, ma non devono essere intoccabili.
Fare Eduardo per un attore deve rappresentare un sogno, un obiettivo, come per un calciatore indossare la maglia numero 10, perché sempre di un fuoriclasse stiamo parlando. Fare Eduardo significa farlo conoscere alle nuove generazioni. Fare Eduardo significa vivere l’essenza del teatro, anche lontani dal teatro.
Edoardo De Angelis ha avuto il coraggio di toccare questo testo sacro, ben consapevole dei rischi che avrebbe corso, ben consapevole delle critiche a cui andava in contro e, solo per questo, avrebbe meritato una sola cosa: l’attesa. Natale in Casa Cupiello doveva, soprattutto per il periodo storico in cui stiamo vivendo, essere atteso con curiosità, fascino e soprattutto rispetto. Solo per questo De Angelis meriterebbe un plauso, ma dopo stasera ne merita altri, perché è riuscito a dare nuova luce (diversa) ad un capolavoro, avvalendosi di attori che hanno saputo rendere giustizia ai loro “predecessori”, affiancati dalle musiche di un altro mostro sacro: Enzo Avitabile.
Il cast di questo film è ricco e variegato e, oltre al sopracitato Castellitto, salito anch’egli sulla forca dei critici cinematografici e non, perché “non napoletano”. Ebbene, un non napoletano ha vestito i panni di Luca Cupiello con grande umiltà e rispetto e seppur con qualche “esasperazione” interpretativa è riuscito a rendergli omaggio. Al suo fianco una straordinaria Marina Confalone e Adriano Pantaleo che in questo film ha sfoggiato tutta la maturità artistica conseguiti in anni, anni e anni di gavetta. Il suo Nennillo riesce ad essere convincente e “macchiettistico” senza incappare nella banalità. Delicata l’interpretazione di Pina Turco che con poche parole, ma tanti gesti e sguardi, interpreta al meglio un ruolo complesso. Tony Laudadio ed Antonio Milo completano un cast promosso a pieni voti.
Potremmo stare qui ore a elencare i motivi per non paragonare i due lavori, ma così come a Tommasino “Nun ce piace ‘o Presepe” a molti potrà non essere piaciuto Natale in Casa Cupiello di Edoardo De Angelis, ma non bisogna parlare di rispetto, in questo caso c’entra poco, anzi non c’entra niente.
