Straordinaria scoperta a Pompei. Gli scavi riportano alla luce un Termopolio in ottime condizioni. Per il direttore Osanna si tratta di un ritrovamento che «restituisce un’incredibile fotografia del giorno dell’eruzione».
Vivide decorazioni, cibo ben conservato, resti umani e animali. Il Parco Archeologico di Pompei non smette di sbalordire e ci regala l’ennesimo ritrovamento degno di stupore. L’ultima meraviglia riportata alla luce è un Termopolio, una sorta di tavola calda dell’antichità romana, rinvenuto in ottimo stato di conservazione nella Regio V. Ad annunciarlo, anche un tweet del Mibact.
Una scoperta straordinaria, quella del Termopolio, che viene elogiata anche dal ministro per i Beni e per le Attività Culturali e per il Turismo, Dario Franceschini.
«Con un lavoro di squadra – ha affermato il ministro – che ha richiesto norme legislative e qualità delle persone, oggi Pompei è indicata nel mondo come un esempio di tutela e gestione, tornando a essere uno dei luoghi più visitati in Italia in cui si fa ricerca, si continua a scavare e si fanno scoperte straordinarie come questa».
Gli scavi nella zona erano iniziati due anni fa e avevano già permesso di intercettare un lato del bancone del Termopolio, caratterizzato da una Nereide che cavalca in uno scenario marino. Un probabile omaggio alla fontana della piazzetta antistante, come suggerito dal direttore del Parco Archeologico Massimo Osanna. Nella piazzetta, infatti, erano già emerse una cisterna, una torre piezometrica per la distribuzione dell’acqua e una fontana. Un’area commerciale, dunque, quella nella quale si collocava il Termopolio.
È stata la prima parziale ma eccezionale scoperta del bancone ad affascinare gli esperti durante gli interventi del Grande Progetto Pompei. Si è quindi deciso di proseguire con gli scavi, per riportare alla luce l’intero Termopolio. «Ma non ci aspettavamo che anche l’altro lato fosse superbamente dipinto con delle nature morte di grande suggestione», ha raccontato il direttore del Parco.
Le vivide rappresentazioni
Infatti, il Termopolio, ora riaffiorato nella sua interezza, affascina per lo straordinario stato di conservazione nel quale è stato rinvenuto dagli archeologi. I colori dei dipinti sono estremamente vividi e i contorni nitidi e definiti. Immagini che, con la loro intensità, ci riportano direttamente all’interno del locale, un attimo prima della disastrosa eruzione.
Oltre alla Nereide, sono emerse altre preziose raffigurazioni. Nature morte, ma anche rappresentazioni di animali probabilmente venduti nella tavola calda. Ne sono un esempio le due anatre germane pronte per essere preparate, e il gallo.
Ma troviamo anche un cane al guinzaglio, probabilmente monito simile al famoso cave canem (trad. attenzione al cane), la cui rappresentazione ha resistito brillantemente alla prova del tempo. Forse un po’ meno brillantemente ai ‘birbanti’ dell’epoca. Sì, perché sulla cornice della rappresentazione del cane al guinzaglio Osanna fa notare un’iscrizione graffita piuttosto irriverente, che non si discosta troppo dai graffiti che spesso notiamo sui muri delle nostre città. “Nicia cinede cacator”, recita la scritta. Probabilmente qualcuno l’ha incisa per prendere in giro Nicia. Nicia – nome greco che indicherebbe presumibilmente il proprietario del Termopolio – viene, infatti, epitetato come “invertito cacatore”.
Un’istantanea di Pompei
Ma la vivacità delle raffigurazioni non è l’unico motivo che determina la straordinarietà di questa scoperta. «Oltre a trattarsi di un’ulteriore testimonianza della vita quotidiana a Pompei – ha affermato Osanna – le possibilità di analisi di questo Termopolio sono eccezionali, perché per la prima volta si è scavato un intero ambiente con metodologie e tecnologie all’avanguardia che stanno restituendo dati inediti».
In particolare, all’interno delle grandi giare (dolia) incassate nel bancone in muratura sono stati rivenuti resti di alimenti davvero ben conservati. Il Termopolio, quindi, si configura anche come «uno spaccato straordinario sulla dieta mediterranea», come sottolinea Osanna, oltre che come un’istantanea di vita quotidiana e delle abitudini sociali dei Pompeiani. Era, infatti, una pratica comune quella di consumare pasti, soprattutto il pranzo, fuori casa e all’aperto. Insomma, ciò che noi oggi, con un anglicismo, chiameremmo “street food”. O, in termini più generali, ‘mangiare fuori’ a pranzo.
Archeologia e ricerca
I gruppi di ricercatori hanno già iniziato ad analizzare il materiale rinvenuto nei recipienti, al fine di ottenere nuove informazioni che possano ampliare le nostre conoscenze sulle abitudini alimentari in epoca romana. Per lo scavo e le analisi è all’opera un team interdisciplinare. «Non solo un antropologo fisico – ha spiegato Osanna – ma ovviamente anche un archeozoologo, un archeobotanico, un geologo, un vulcanologo».
Dalle primissime indagini si evince che i dolia conterrebbero, in parte, i resti degli animali raffigurati nei dipinti. Insomma, il bancone rappresenterebbe anche una sorta di menu per i clienti della tavola calda. Per esempio, è stato rinvenuto un osso di anatra, che rimanda alle anatre raffigurate nei dipinti. Ma i ricercatori hanno anche ritrovato resti suini, caprini-ovini, di pesce, di lumache di terra. Interessante anche il ritrovamento del vino, ‘sbiancato’ intenzionalmente con resti di fave macinate, trovate anch’esse in uno dei recipienti. Ciò che emerge, quindi, è una dieta molto variegata. Tuttavia, si dovrà aspettare la conclusione di tutte le indagini di laboratorio per avere un quadro completo di ciò che i Pompeiani potevano gustare al Termopolio nello slargo all’incrocio tra il vicolo delle nozze d’argento e il vicolo dei balconi.
Resti umani…e non solo
Non solo cibo, però, nel Termopolio. Infatti, nel locale pompeiano sono emersi anche diversi materiali da trasporto e da dispensa. Ma non è finita qui.
Come spiega il direttore Osanna, all’interno degli ambienti sono state rinvenute ossa umane. Gli archeologi hanno ritrovato alcuni resti dietro al bancone, spostati dai primi scavatori nel XVII secolo. Questi apparterrebbero a un individuo di circa 50 anni. Stando alle prime ipotesi degli esperti, si potrebbe trattare di un uomo verosimilmente sdraiato su una branda all’arrivo dei materiali piroclastici, e ucciso dal crollo del solaio. Altre ossa, invece, sono state occultate in un dolio e potrebbero essere quelle di un fuggiasco in cerca di qualcosa da trafugare, come ipotizza lo stesso Osanna.
Oltre ai resti umani, proprio vicino al dipinto del cane al guinzaglio, è stato ritrovato proprio lo scheletro di un cane adulto. L’animale è di taglia davvero molto – troppo – piccola, il che farebbe pensare a selezioni di razza intenzionali in atto già all’epoca dei romani.
Professionalità ed eccellenza
Insomma, possiamo ben dire che questo importante ritrovamento è il frutto di un grandissimo sforzo collettivo che ha messo in campo eccellenti professionalità e conoscenze. «C’è un presente fatto di ricerca, di professionalità, di eccellenze italiane nel campo dell’archeologia, della storia dell’arte, della cultura – ha dichiarato Franceschini – è davvero un grande presente che affianca un grande passato».
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