Napoli, anni ’30, “Maggio se ne va” di Pino Daniele come colonna sonora e l’autore: Maurizio De Giovanni.
Insomma, tutti elementi che lasciavano pensare ad una serie di successo. “Il commissario Ricciardi” però, è stata molto di più.
Luigi Alfredo Ricciardi di mestiere risolve casi, è un uomo malinconico, dannato, dialoga con le anime, le vede, le sente, fino a quando non arriva a scoprire la verità. Guarda l’amore dalla finestra, senza trovare il coraggio di viverlo.
Napoli e un contesto storico come quello che precede la seconda guerra mondiale, sono uno sfondo surreale e affascinante, una fotografia cupa e silenziosa ravvivata da personaggi grotteschi. La figura del duce viene più volte evocata, ma senza mai interferire con la storia. Taranto, dove Napoli è stata ricostruita per rendere al meglio la storicità, si presta benissimo all’intento del regista Alessandro D’Alatri che riesce a fotografare perfettamente il contesto storico, i chiaroscuri e tutte le classi sociali che si susseguono minuto dopo minuto. A D’Alatri anche il merito di aver portato nella serie l’antifascismo, attraverso l’eclettico dottor Modo, interpretato da Enrico Ianniello.
A proposito di attori, la serie tratta dagli omonimi romanzi del Re Mida della letteratura contemporanea, è una miniera di conferme e di scoperte. Per Lino Guanciale i complimenti sono arrivati a iosa, anche dallo stesso De Giovanni. Il suo sguardo tormentato, la sua voce pacata e e la sua emotività sono riusciti a rendere la serie coinvolgente e al tempo stesso “tormentata”, proprio come il suo personaggio.
Una scoperta è sicuramente Adriano Falivene (Bambinella ndr.) un ruolo complesso come quello del “femminella” degli anni ’30, dove cadere negli stereotipi e nell’interpretazione macchiettistica era molto più che un rischio, ma Falivene “non lo sa” e grazie alla sua spiccata sensibilità e dedizione dà vita ad un personaggio quanto mai credibile e tra i più amati dal pubblico.
La conferma che aspettavamo si chiama Antonio Milo, il brigadiere Maione, fedele spalla del Commissario Ricciardi. Un ruolo “cucito addosso” con precisione certosina, al punto da far sembrare il suo personaggio letterario ispirazione della sua interpretazione.
Menzione a parte per Nunzia Schiano, all’apparenza la sua Tata Rosa sembra una donna burbera e brontolona, ma nasconde una dolcezza unica tutta rivolta verso il suo signorino. La sua morte ci ricorda che il lieto fine non è poi così scontato e rappresenta l’unica cosa nota amara che ci accompagnerà per tutto il tempo di attesa per la seconda stagione (che ci sarà eccome).
L’ostilità di Ricciardi verso l’amore ci porta a menzionare altre due interpretazioni degne di nota. Si tratta delle “sue donne”: Enrica, l’amore che guarda dalla finestra e che incarna tutta la delicatezza della serie (interpretata da Maria Vera Ratti), e Livia (Serata Iansiti) passione e sensualità pura.
Il commissario Ricciardi rappresenta Napoli in tutte le sue forme attraverso il Gambrinus, il San Carlo, giusto per citare due luoghi simbolo molto spesso menzionati, ma la rappresenta anche e soprattutto attraverso i suoi interpreti che puntata dopo puntata compaiono nel bene o nel male nella vita del commissario Ricciardi. Citarli tutti sarebbe impossibile, ma basti pensare che questa serie è stata un tripudio di grandi conferme, di occasioni sfruttate e di liete sorprese delle quali nel tempo non si potrà far altro che raccogliere i frutti.
A Maurizio De Giovanni va il merito di aver messo ancora una volta Napoli al centro di una storia che dopo aver venduto milioni e milioni di copie, riesce a tenere incollati allo schermo altrettanti telespettatori, dimostrando, casomai ce ne fosse bisogno, che un personaggio costruito nel modo giusto può essere reso al meglio sulle pagine di un libro così come in televisione e chissà, magari un giorno anche sul grande schermo.