“Per amore del mio popolo non tacerò”, Casal di Principe 25 Dicembre1991.
Un documento scritto da Don Peppe Diana, messaggio d’amore per la propria terra e monito per combattere la camorra, definita come forma di terrorismo che impone le sue leggi tramite la violenza.
“Dove c’è mancanza di regole, di diritto si affermano il non diritto e la sopraffazione. Bisogna risalire alle cause della camorra per sanarne la radice che è marcia… dove regnano povertà, emarginazione, disoccupazione e disagio è facile che la mala pianta della camorra nasca e si sviluppi”.
Giuseppe Diana nacque in una famiglia di proprietari terrieri, intraprese gli studi di teologia e, successivamente, si laureò in Filosofia e diventò prete. Fu assistente ecclesiastico del gruppo Scout di Aversa e nella sua chiesa, a Casal di Principe, si pose come punto di riferimento per i giovani e per le famiglie, nella lotta alla camorra, durante gli anni di predominio dei Casalesi.
Don Peppe si sentiva circondato da regole inaccettabili, da continue estorsioni e, quindi, invitava la Chiesa e i giovani a far sentire la propria voce e a partecipare al dialogo politico e civile. Bisognava reagire, bisognava mettere a tacere i soprusi perpetuati quotidianamente dalla camorra. Si, Don Peppe non aveva paura di pronunciare la parola camorra, perché affrontarla senza veli era l’unico modo per riuscire ad estirparla. La Chiesa doveva alzare la voce ed essere testimone della lotta alla criminalità.
Il 19 Marzo 1994 fu messo a tacere nella chiesa di San Nicola di Bari a Casal di Principe, mentre si accingeva a celebrare la messa. Due colpi alla testa, uno al volto, uno alla mano e uno al collo, così Don Giuseppe morì all’istante. Gli assassini non si accontentarono di freddarlo, vollero pure scempiarne il corpo con ulteriori colpi di pistola al basso ventre per indicare falsamente un movente sessuale e così tentare di impedire che divenisse il simbolo del riscatto di un popolo vessato dalla criminalità organizzata. Ma ciò non è avvenuto.
Da quel giorno il 19 Marzo si è incastrato dentro il corpo di tutti coloro che ogni giorno si battono per combattere le mafie.
Dentro ai veri abitanti del territorio Casalese, quelli che parlano del proprio paese come il paese di Don Peppe, andandone fieri.
Dentro alle migliaia di persone venute da tutta Italia per commemorarlo ogni anno e per scandire ancora oggi le sue parole.
Dentro al Comitato Don Peppe Diano fondato nel 2006, con lo scopo di non dimenticare il suo martirio e per costruite vie alternative alla camorra.
Quella terra una volta degli Schiavone oggi è la terra di Don Peppe, è la terra confiscata ai clan, dove si promuovono i prodotti tipici tramite cooperative, dove la camorra esiste ma si combatte. Dove per amore non si tace più.
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