Gli operai e le operaie della Whirlpool di Napoli hanno inaugurato una “panchina blu”, simbolo del sudore e della fatica dei lavoratori.
Gli operai e le operaie della Whirlpool di Napoli stamattina hanno inaugurato una “panchina blu”, a Piazza Dante, nata dietro loro spinta, con l’appoggio del Comune di Napoli.
La scelta del blu che non è quello del cielo o del mare e quello della squadra di calcio ma è il blu delle tute da lavoro di milioni di uomini e donne che ogni giorno, silenziosamente, portano avanti il Paese.
Ne parla Giuliano Granato, il più giovane candidato presidente alle scorse Regionali in Campania, sindacalista e attivista di Poter al Popolo.
Ecco il suo post su Facebook:
UNA “PANCHINA BLU”?
Gli operai e le operaie della Whirlpool stamattina hanno inaugurato una “panchina blu”, nata dietro loro spinta, con l’appoggio del Comune di Napoli.
Quando vi troverete a passare per Piazza Dante a Napoli spero l’occhio vi cada su quella panchina di un colore diverso dalle altre.Il blu non è quello del cielo o del mare e neanche quello della squadra di calcio.
È il blu delle tute da lavoro di milioni di uomini e donne che ogni giorno, silenziosamente, portano avanti il Paese.
È il colore della fatica, del sudore, del grasso sulle mani e sugli abiti.È il colore forse più nascosto. In un’Italia che rimane ancora fortemente industriale, i lavoratori e le lavoratrici spariscono, al massimo fanno capolino sui media quando c’è la tragedia: come Luana, operaia di 22 anni risucchiata dall’orditoio; Come Christian, 49 anni, schiacciato dal tornio meccanico solo poche ore fa. Troppo tardi. Tutto sempre troppo tardi. I controlli, l’attenzione e le troppe lacrime di coccodrillo.
Mi hanno detto che una panchina serve a poco in una terra che ha fame di lavoro. Vero e falso allo stesso tempo.
Vero perché non cambia la materialità del dramma di chi rischia di perdere il lavoro.
Falso, perché le guerre non si combattono su un solo fronte: e gli operai e le operaie della Whirlpool in questi due anni stanno combattendo anche su quello del consenso, del racconto di sé, dell’immaginario. Per imporsi sulla scena. Per rivendicare la propria centralità. Che è reale, innervata nella produzione, ma non trova rispecchiamento alcuno nelle linee politiche delle classi dominanti del nostro Paese.A noi non regalano né regaleranno nulla, nemmeno una panchina. Ogni passo è una conquista. E il lungo cammino che abbiamo davanti è fatto di tanti tanti tanti piccoli passi. E di una panchina per potersi appoggiare un attimo c’è tanto bisogno.