L’intervento della professoressa Anna Rubartelli, docente all’università ‘‘Vita-Salute San Raffaele” di Milano, in un’intervista rilasciata al sito Huffpost sui prezzi eterogenei dei vaccini anti-Covid, ha posto l’accento su diversi elementi che possono influenzare l’economia alla base degli stessi: perché, ad esempio, Pfizer può arrivare a costare quasi 20 euro a dose mentre AstraZeneca non supera i 3?
Un primo motivo è facile da intuire e ha a che fare con gli interessi delle case farmaceutiche, che vedono nei vaccini e nei richiami occasioni per fatturare soldi.
Un secondo motivo è da ricercarsi nel fattore innovazione: Pfizer e Moderna sono vaccini realizzati con la tecnica dell’Rna messaggero (mRna), mai sperimenta prima; diverso è invece il caso di AstraZeneca o Johnson&Johnson che sono a vettore virale. Tradotto in termini più comprensibili, vuol dire che mentre con l’approccio tradizionale si inietta il virus – privo della capacità di replicarsi – per far sì che il sistema immunitario produca gli anticorpi di cui il corpo ha bisogno per proteggersi eventualmente dall’infezione, con i vaccini a mRna si fa arrivare in alcune cellule della persona un piccolo segmento di Rna messaggero contenente le istruzioni per produrre una proteina chiamata Spike presente sulla superficie del Coronavirus: in questo modo, il sistema immunitario comincerà a produrre da sé gli anticorpi e i linfociti per difendersi dalle proteine Spike, riconosciute come estranee.
Un terzo motivo risiede nelle modalità di conservazione. ‘‘Pfizer finora veniva conservato a temperature di circa -70 gradi, ora sembra che possa resistere anche a -20 gradi. Vaccini come AstraZeneca, invece, possono essere conservati in un normale frigorifero e questo di certo abbatte i costi di gestione rendendo AstraZeneca molto più ‘maneggevole’ ”.
Un quarto motivo consiste nell’affidabilità: nonostante il prezzo elevato del vaccino Pfizer, l’UE sembra interessata a perseguirne l’acquisto perché privo di effetti collaterali da menzionare, a differenza di quanto accaduto con AstraZeneca in cui si sono constatati – seppur con rarità – casi di trombosi post-somministrazione (curabili con immunoglobuline in vena e anticoagulanti non eparinici), in pazienti giovani, generalmente donne. ‘‘È un’eventualità rarissima quella che si è verificata’’ ha spiegato la docente a Huffpost, ‘‘si parla di 222 casi di trombocitopenia trombotica immune indotta da vaccino su 34 milioni di vaccinati con AstraZeneca (circa 1 su 100.000). Ma è stato dimostrato che un nesso causale tra somministrazione di vaccino a vettore virale adenovirus e queste forme atipiche di trombosi c’è. Non sappiamo ancora cosa in questo vaccino scateni tale risposta, ma una correlazione c’è”.