Ogni libro contribuisce, in qualche modo, a renderci una persona migliore, a cambiare una parte di noi e a cambiare il modo stesso di intendere la vita e di viverla: questo è uno dei tanti scopi di “Precari come aggettivi” dove già il titolo è tutto un programma che ci apre all’immaginazione e alla curiosità.
Mario Ascione, insegnante di Lettere al Liceo e stimato musicista e compositore, ci trasporta in un viaggio senza tempo in cui ognuno di noi può rispecchiarsi e sentirsi compreso. In questo romanzo l’amore è il motore di ogni cosa, l’amarsi di giorno ma soprattutto l’amarsi di notte: un amore che cambia, che prende coscienza, un amore che non conosce sottrazioni o divisioni e neppure lavora per addizioni…ma che è moltiplicativo in quanto partecipe del mistero della creazione.
Un libro che affronta il tema del precariato in diverse forme, dal lavoro all’amore e che non smette mai di mutare attraverso l’introspezione dei personaggi. Un romanzo che fa luce sulla professione dell’insegnante:
una professione così ingombrante che mi ha quasi riempita tutta svuotandomi di ogni altra cosa
Questo è un libro che rapisce perché riesce a trascinare il lettore nel suo gorgo di amore disperato fino a restare senza fiato.
Trama
Loredana è una giovane docente di lettere napoletana, precaria, giunta alla soglia dei 40 anni, assillata dal ricordo del suo ex fidanzato, Tiziano, un filosofo freddo e lucido, con cui ha vissuto un’intensa storia di passione, ormai finita. Si trascina con una serie di nodi irrisolti, che non le permettono di sentirsi pienamente realizzata tanto da vivere questa condizione di precariato lavorativo come condizione esistenziale, specchio di una generazione. Un incontro con un pittore e maestro di spiritualità l’aiuta a trovare la strada della guarigione e, come in un rito di iniziazione, è pronta a liberarsi dai fardelli del passato per accogliere le nuove prospettive della vita e il vero amore, quello eterno.
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