Il 14 giugno 1837 moriva a Napoli Giacomo Leopardi. Nell’anniversario della sua morte, ricordiamo il poeta dell’Infinito e il suo rapporto con il capoluogo campano.
La città di Napoli non ha solo dato i natali a personaggi illustri, ma è stata spesso anche la città nella quale essi hanno trascorso solo gli ultimi anni di vita, restandone ugualmente incantati. Il poeta recanatese Giacomo Leopardi visse i suoi ultimi anni di vita nel capoluogo partenopeo, ospite del suo amico Antonio Ranieri. Il più grande poeta italiano d’età moderna nacque a Recanati (MC) nel 1798, ma morì a Napoli il 14 giugno 1837. Il borgo natìo, sempre caro al poeta, gli era però troppo “stretto”. Simbolo di Recanati è infatti quella siepe, che “da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude“.
Leopardi oltre quella siepe riusciva a “fingersi” l’infinito. Così, dopo aver lasciato Recanati, il poeta trascorse molti anni della sua vita in giro per varie città d’Italia. Dopo Roma, Milano, Bologna, Firenze, Pisa, egli giunse infine a Napoli. Il poeta di Recanati trascorse i suoi primi tempi nel capoluogo campano, abitando nella residenza dei Ranieri, nelle vicinanze di piazza San Ferdinando. Egli però si era trasferito a Napoli, non solo perché all’epoca era una delle principali città europee, ma anche per motivi di salute. Egli era gobbo, con gravi problemi di vista e malato di tisi, con un carattere malinconico e solitario.
Il modo di porsi di Leopardi non era infatti ben visto dagli altri intellettuali napoletani, dal carattere ben più estroverso, che pare lo chiamassero “ranavuottolo” (ranocchio). Le difficoltà di Leopardi nel farsi accettare dagli altri intellettuali sono ben evidenti nel film Il giovane favoloso, con Elio Germano. Il poeta era però innamorato di Napoli, così si trasferì al Vomero, zona collinare e all’epoca periferica, ma dalla quale si godeva (e si gode!) di uno splendido panorama.
Gli ultimi anni di Leopardi e la morte a Napoli
Dopo qualche anno, sempre grazie all’amico Antonio Ranieri, Giacomo Leopardi si trasferì tra le campagne di Torre del Greco. Fu lì che compose un altro dei suoi magistrali capolavori, ovvero La ginestra, scritto nella primavera del 1836. Il fiore, che dà il titolo al poemetto, simboleggia la speranza. La ginestra è infatti un fiore “eroico”, che rappresenta ognuno di noi: essa continua a vivere e a resistere, nonostante sia circondata dalla lava che scende giù per le pendici del “formidabil monte, sterminator Vesevo”.
Trasferitosi nuovamente in un’altra residenza dei Ranieri, in vico del Pero 2 a Napoli, Leopardi morì il 14 giugno 1837. L’ultima residenza del poeta si trova nel quartiere Stella, nella Municipalità III di Napoli. La dimora purtroppo non è ben tenuta, pur potendo diventare un’ulteriore attrattiva in una zona ricca di potenzialità inespresse.
La tomba di Leopardi è oggi situata in uno dei punti più belli della città di Napoli, ovvero nel parco Vergiliano a Piedigrotta, a Mergellina. Il poeta è sepolto nei pressi di dove sembra sia sepolto anche il poeta latino Virgilio. La presenza di tombe di personaggi tanto illustri dovrebbe spronare a curare ancor di più la manutenzione del parco. Nonostante ciò, è una tappa obbligatoria per i napoletani e per tutti i turisti, soprattutto per gli amanti della poesia.
I manoscritti di Leopardi alla Biblioteca Nazionale di Napoli
L’ultima dimora di Leopardi non è ben tenuta, è vero. Eppure i manoscritti del poeta sono uno dei principali motivi di vanto della Biblioteca Nazionale di Napoli. In essa sono custoditi i manoscritti di alcuni tra i più importanti componimenti: L’Infinito, A Silvia, La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio, Canto notturno di un pastore vagante dell’Asia, Il tramonto della luna. Attraverso un post di facebook, la Biblioteca ricorda che presto tutti i manoscritti saranno disponibili online.
In attesa della digitalizzazione e in attesa di nuove mostre che espongano tali tesori custoditi nella Biblioteca, ecco le foto del manoscritto dell’Infinito e del Canto notturno di un pastore vagante dell’Asia. Attraverso le correzioni, i manoscritti sono una vera e propria testimonianza del processo compositivo delle poesie di Leopardi.
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