A partire dai primi anni del Duemila, in seguito all’introduzione dei primi dispositivi portatili e alla creazione dei primi luoghi di interazione sociale virtuali, quali blog e forum, il digitale entra a far parte delle nostre vite e vi si radica, sino al punto da abbattere le distinzioni tra il contesto offline e quello online. Non a caso si è parlato di “onlife”, termine coniato dal filosofo Luciano Floridi per indicare la condizione di iperconnessione in cui l’uomo viene a trovarsi coi nuovi contesti digitali. A fomentare tale condizione contribuiscono i social media, queste piattaforme virtuali che, sempre più, si configurano come veri e propri luoghi di interazione sociale, dove le barriere tra virtuale e reale vengono definitivamente demolite. Si è arrivati sino al punto di chiedersi in che misura influisca questa nuova “dimensione sociale virtuale”? Che impatto ha sulla realtà sociale? Che grado di influenza può arrivare ad avere sulle nostre vite?
Tra le numerose piattaforme recentemente affermatesi figura TikTok, uno dei social più in voga al momento. TikTok è infatti presente in oltre 150 Paesi ed è tradotta in ben 75 lingue. Recentemente è diventata l’app social più scaricata al mondo, superando piattaforme popolari come Facebook e Instagram e riscuotendo grande successo soprattutto tra i giovani e, ultimamente, anche tra i meno giovani. Basti pensare che, solo otto mesi dopo la sua uscita, era già a un miliardo e mezzo di download, diventati due miliardi appena lo scorso anno. Insomma, una bella fetta di popolazione, costantemente iperconnessa.
Tiktok: origini e funzionalità
Lanciata in Cina nel settembre 2016, in seguito alla fusione di due piattaforme – Musical.ly e Tiktok, combinate insieme con il nome TikTok – la nuova app è risultata sin da subito ideale per un pubblico adolescente, data la possibilità di creare contenuti video leggeri ed immediati (la durata è tra i 15 e i 60 secondi), incorporandovi, musiche, danze ed altri filtri. Inoltre, come tutte le piattaforme, avvalendosi di algoritmi che analizzano gli interessi e le preferenze manifestate dai propri utenti, l’app seleziona e propone, attraverso una sorta di lista personalizzata, i contenuti risultabili più congeniali ad essi. Infine, TikTok presenta una sua community, dove gli utenti possono interagire con altri soggetti con gusti simili ai propri.
TikTok come strumento di marketing
TikTok è ormai uno strumento di marketing a tutti gli effetti. Come quasi tutte le piattaforme social, anche TikTok offre la possibilità di raggiungere un numero enorme di consumatori, diffondendo e pubblicizzando vari prodotti e articoli. Uno dei primi brand ad accorgersene è stato Nike, seguito da altri marchi di abbigliamento, alimentari e di bellezza, i quali hanno tutti creato un proprio spazio sulla piattaforma. Data la portata del fenomeno, TikTok ha attratto anche artisti e professionisti di vario genere, sia italiani che internazionali, di cui i brand si servono per le loro strategie di marketing e campagne promozionali riguardo prodotti o servizi.
Influencer e microinfluencer
Ancora una volta, sul panorama digitale irrompe la figura dell’influencer. In tal modo, le aziende possono sfruttare personaggi famosi e popolari per farsi strada tra il pubblico.
E, dato che il mondo di Internet si presenta a noi come una fitta rete, in cui vari nodi di diversa portata interagiscono tra loro, a questa figura se ne affianca un’altra, quella del microinfluencer. I microinfluencer sono quei personaggi con un numero di followers non altissimo –dai 5000 in su – che però riescono comunque a raggiungere una cospicua fetta di pubblico e ad esercitare su di esso una notevole influenza.
Eppure, non pochi di questi microinfluencer, date le quote di followers raggiunte in tempi piuttosto brevi, non solo passano facilmente allo status di influencer, ma addirittura a quello di celebrità. Si pensi al caso della 17enne americana Charli D’Amelio che, coi suoi oltre 100 milioni di followers su TikTok, è la influencer più seguita su questo social, o a quello della 19enne americana Loren Gray che, in seguito alla fama raggiunta sui social – in questo momento ha più di 52 milioni di followers su TikTok – è divenuta modella e cantante e molti altri ancora.
C’è da chiedersi, però, circa l’impatto di tali modelli sulle generazioni di oggi. Ragazze e ragazzi giovanissimi, gettati nella spirale del successo mediale, portatori di un modello di vita per cui si guadagna ottenendo click attraverso la creazione di contenuti e la sponsorizzazione di prodotti, il tutto, verrebbe da dirsi, senza alzare un dito. Per molti della nuova generazione, sono modelli da emulare.
Il caso Khaby Lame
In Italia, il re delle visite era Gianluca Vacchi, poi superato dal fenomeno Khaby Lame, giovane 21enne di origini senegalesi, che è ora l’ “italiano” che ha più followers su TikTok: oltre 53 milioni. Il caso di Khaby è emblematico. In seguito alla perdita del lavoro, a causa del Covid-19, il giovane si è dedicato alla realizzazione di video su TikTok, diventando famoso dal nulla, grazie soprattutto alla sua particolare vena ironica nel commentare, attraverso video muti, persone che si pongono in situazioni improponibili. Un successo repentino e inaspettato, come ogni fenomeno del web, che ha travolto Khaby e lo ha posto al centro di un delicato dibattito: il conferimento della cittadinanza italiana a chi non è nato su suolo italiano. Infatti, nonostante Khaby viva da praticamente tutta la sua vita a Chivasso, in Piemonte, non ha ancora ottenuto la cittadinanza italiana. Ad oggi, è conosciuto come il TikToker italiano più famoso al mondo – nei suoi video è recentemente comparso l’ex calciatore Alessandro del Piero e, a breve, Khaby dovrebbe girarne uno con l’attore americano Will Smith – senza, effettivamente, essere italiano. Uno degli scherzi del web, ma chissà che stavolta, tramite la vicenda di Khaby Lame, non ne venga tratto qualcosa di positivo.
Il caso Rita De Crescenzo
Ex spacciatrice di origini napoletane, Rita De Crescenzo è ora un’influencer su TikTok con oltre mezzo milione di followers. Diventata “famosa” grazie ad un video pubblicato su TikTok in cui, dopo aver preso una multa, balla e deride la Polizia Municipale, recentemente la TikToker napoletana si è nuovamente resa protagonista di un altro episodio discutibile, avvenuto tra Mergellina e la Riviera di Chiaia, dove si era recata per girare il suo ultimo video, provocando non poco trambusto. Ecco lo scenario che, per rendere possibile la sua performance, è venuto a delinearsi: traffico bloccato, musica a tutto volume e decine di comparse, tutte senza distanziamento e mascherine. Insomma, al di là dei suoi precedenti, non proprio un modello esemplare da seguire. Eppure, il web consente, anche a simili personaggi, di ottenere visibilità e diffondere certi tipi di comportamento, incurante del fatto che a fruire dei contenuti del web, spesso e volentieri, sono soprattutto i minori.
Internet e i bambini
Gli algoritmi, questi sistemi matematico-computazionali che presiedono il funzionamento delle piattaforme sociali, oltre a fungere da “consiglieri personali”, per quanto riguarda i gusti e le scelte dell’utente, sono deputati anche ad un’altra funzione: l’individuazione di contenuti e usi inappropriati della piattaforma. A tal proposito, alquanto controversa e non poco dibattuta è la questione dell’uso di Internet da parte dei bambini.
In seguito alla tragica vicenda della bambina di Palermo, morta strangolata lo scorso gennaio a causa di una delle tante challenge lanciata sulla piattaforma, il Garante della Privacy, oltre ad aver disposto il blocco immediato dell’uso dei dati degli utenti per i quali non sia stata accertata con sicurezza l’età anagrafica, in accordo con TikTok ha introdotto un pulsante che segnali gli utenti al di sotto dei 13 anni, età minima di accesso a TikTok. Ma sarà davvero sufficiente?
Al di là dell’accusa, rivolta a TikTok, di non aver sorvegliato a sufficienza l’età anagrafica di alcuni iscritti, occorre precisare come, seppur siano state introdotte delle regole sugli usi e gli accessi alle piattaforme sociali, queste non di rado siano state del tutto ignorate, e come questi ambienti digitali si configurino, per loro natura, come spazi altamente accessibili, nel senso che il loro uso è facilmente fruibile, indipendentemente dai limiti di età e dalle regole che vi si pongono e per le quali viene da chiedersi, a questo punto, se sono realmente sufficienti ad arginare i pericoli in cui si può incorrere nel web.
Le challenge: un gioco di morte?
I social network sono ad oggi i luoghi di interazione sociale per eccellenza. TikTok non fa eccezione ed uno dei modi di relazionarsi attraverso questa app è quello di lanciare, attraverso degli hashtag, delle challenge, ovvero sfide tematiche, attraverso video-performance, che gli utenti della rete fanno tra di loro, per divertirsi ed intrattenere il pubblico. Ma non si tratta solo di innocue sfide a suon di balli ed esibizioni canore.
In un anno sono state ben 280 le challenge lanciate nel nostro paese su TikTok. Tra queste non figurano solo stacchetti e balli di tendenza, ma anche sfide di altro tipo. Eccone alcuni esempi.
La Planking challenge, la sfida che propone di sdraiarsi nei posti più inconsueti, quali il centro di un incrocio stradale, le rotaie di un treno, il cornicione di un palazzo alto. Insomma, qualsiasi posto in cui questo “gioco” potrebbe facilmente evolvere in tragedia. Non sono pochi quelli che ci hanno provato per il gusto del brivido e dell’adrenalina che ne deriva dall’aver sfiorato la morte. Ma è davvero necessario spingersi a tanto?
Un altra tendenza decisamente pericolosa fu quella del Blackout challenge, tristemente noto anche come gioco del soffocamento, il quale consiste nel filmarsi mentre ci si autoprovoca un’asfissia temporanea, che, seppur breve, può provocare danni al cervello. Il motivo? Il medesimo di prima: brivido e adrenalina. Solo che, a differenza di altre challenge, in questo caso la tragedia non è stata sventata. Protagonista del terribile evento fu Antonella, la bimba di 10 anni del quartiere Kalsa a Palermo, di cui si è accennato poc’anzi, finita in coma lo scorso gennaio per questo gioco orribile e poi dichiarata cerebralmente morta.
Ovviamente, tutto questo non ha affatto fermato la tendenza del lanciare challenge sempre più pericolose, ma anche stupide. Forse una delle più deliranti tra le sfide è la Coronavirus challenge, consistente nel leccare i servizi igienici e le tavolette dei wc. Inutile dirlo, ovviamente la cosa provocò un alto tasso di contagi. Viene naturale chiedersi quale sia, in questo caso, la sensazione indotta da una simile azione…
Infine, la Condom snorting challenge, in cui le persone si sfidano ad inalare un preservativo attraverso il naso per poi farlo uscire dalla bocca. Si potrebbe pensare che simili iniziative attecchiscano solo tra gli adolescenti. In realtà, sorprenderebbe non poco sapere che anche molti “adulti maturi” vi prendono parte. Insomma, a chi non verrebbe in mente di inalare un oggetto di lattice coperto di lubrificante?
Da spazi di intrattenimento ed interazione sociale, quali erano inizialmente deputati, il web con le sue piattaforme social sta assumendo sempre più la fisionomia di una vera e propria “trappola virtuale mortale”. Eppure, è necessario ribadire che gli agenti artificiali che operano in questi ambienti – algoritmi, bot, sistemi di intelligenza artificiali – non sono che una parte degli attori sociali che agiscono sulla scena digitale. L’altra parte è rappresentata dagli agenti umani, ovvero noi.
Viene da chiedersi se qualche colpa non sia forse da ascriversi anche a noi stessi.