venerdì, Novembre 22, 2024
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Di Maio: “Trasferire in Italia 2.500 afghani”

di Alessandro Golino – “La gravità della situazione in Afghanistan rende ineludibile un raccordo ancor più stretto con i nostri alleati, per definire una strategia comune a favore del popolo afghano e delle conquiste maturate finora”. Lo afferma il ministro degli Esteri Luigi Di Maio al Meeting di Cl.

“L’Italia, presente con il console e un nucleo di militari presso l’aeroporto di Kabul, continua a lavorare per portare in salvo i collaboratori e gli attivisti che vogliono lasciare il Paese.

Abbiamo evacuato finora circa 1.600 civili afghani, nostri ex collaboratori e loro familiari. Il piano è di trasferirne in Italia circa 2.500″, ha aggiunto il ministro

“La domanda di accoglienza di rifugiati e migranti di provenienza afghana è destinata ad aumentare. È necessario ed urgente mettere a punto insieme all’Unione Europea una risposta comune, in raccordo con i partner della regione”, afferma ancora Di Maio, aggiungendo che “l’Italia si sta battendo affinché sia garantito alle organizzazioni internazionali pieno accesso umanitario al Paese”. 

Il terrorismo “non deve tornare ad annidarsi in Afghanistan. Sarà fondamentale, in tal senso, che la comunità internazionale eserciti anche un’azione rafforzata di contrasto ai traffici di droga e per l’eliminazione della produzione di oppio in Afghanistan. Dovremo costruire alleanze e coinvolgere una pluralità di Paesi attorno a questi obiettivi comuni: specie quelli della regione, che condividono questa preoccupazione, oltre a Russia e Cina, attori imprescindibili in questo scenario”.

“L’Afghanistan negli ultimi venti anni ha rappresentato una delle principali sfide per il sistema multilaterale – ha sottolineato –. Nonostante 20 anni di presenza e investimento nel Paese da parte di una vasta coalizione internazionale, dell’Onu, di NATO e Ue, il collasso repentino del governo afghano e delle sue istituzioni – collasso sfuggito alle capacità di previsione della comunità internazionale – ci pone di fronte ad uno scenario drammatico. Un dramma rispetto al quale dovremo interrogarci, per capire gli errori commessi dall’Occidente e dall’intera comunità internazionale”.

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