venerdì, Novembre 22, 2024
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Eduardo ed Edoardo: la differenza abissale tra profanazione e rispetto in “Sabato, domenica e lunedì”

Dopo quasi un anno dalla messa in onda di “Natale in casa Cupiello” (QUI la recensione), ieri sera abbiamo assistito, su Rai 1, alla trasposizione della commedia Eduardiana “Sabato, domenica e lunedì”, diretta, anche in questo caso, da Edoardo De Angelis.

Il regista, dopo la pioggia di critiche (ma anche di lodi) che si sono abbattute su di lui e sul “suo” Eduardo, interpretato da Sergio Castellitto, con grande umiltà e coraggio ha riproposto altri due classici (Non ti pago andrà in onda il 27 dicembre su Rai 1).

Eduardo non si tocca. Eduardo deve essere toccato. In un’epoca dal tatto razionato, è significativo che la relazione con un autore e la sua opera si esprima proprio attraverso questo senso. Noi lo abbiamo toccato con rispetto ma anche cercando soddisfazione. Abbiamo amato e approfondito la tradizione, tradendola un po’.
Sono sinceramente interessato a conoscere la vostra opinione con una sola preghiera, sono benvenuti tutti i commenti anche appassionati ma evitiamo gli insulti, bandiamo l’odio.

Queste le parole del regista, subito dopo la fine della messa in onda e l’inizio del secondo round, rappresentato dai commenti social di attori, registi, scrittori, giornalisti o semplicemente “eduardiani”.

In questo caso il paragone e le critiche sono legate non solo all’opera autentica di Eduardo, ma anche alle altre trasposizioni, come quelle di Sorrentino o di Lina Wertmüller, con Luca De Filippo e Sophia Loren.

Una trasposizione cinematografica può tranquillamente stravolgere l’opera da cui è tratta. Anche perché, a prescindere, il paragone, come ammesso più volte anche dagli stessi ideatori, dal regista, dai produttori, dal protagonista e dal cast: è un paragone che non solo non sussiste, ma che non deve e non può esserci.

De Angelis sceglie, ad esempio, di cambiare il sesso di due personaggi chiave: Rocco e nonno Peppino. Il primogenito di casa Priore nel testo originale viveva un rapporto conflittuale con il padre, non solo per le vicissitudini legate al commercio. Nonno Peppino, che non mangia se a tavola, al suo fianco, non c’è anche Rocco, viene sostituito da nonna Titina, interpretata da una Nunzia Schiano eccezionale che, come sempre, riesce attraverso la sua mimica, il suo sguardo e alle sue parole (poche) pungenti e insindacabili, a farci quasi dimenticare del personaggio originale, risultando credibile e autentica.

Il regista decide di prendersi una licenza, piazzando un dromedario sul terrazzo di casa Priore che affaccia sul golfo di Napoli.

Oltre a queste due “licenze” sopraelencate, il testo segue pedissequamente la narrazione Eduardiana autentica.

Sergio Castellitto, a differenza di “Natale in Casa Cupiello”, non è mattatore, ma osserv e fa da sfondo alle alle vicende familiari, borbottando di tanto in tanto. Ci sono molti silenzi, molti sguardi persi nel vuoto, ma soprattutto, ci sono dei dialoghi autentici ed emozionanti con Donna Rosa che lasciano trasparire tutta l’insoddisfazione coniugale, l’insicurezza e la più pura delle gelosie che non conosce epoca. Castellitto è un uomo che ha bisogno di “controllare”, come tutti i capofamiglia dell’epoca e non accetta, ad esempio, che la figlia non segua le orme paterne e che rinneghi quello che le ha dato il pane. Non sopporta l’idea che un uomo possa trovare in sua moglie, quello che ha sempre visto lui.

Il ruolo è affidato a Fabrizia Sacchi, che interpreta una grande cuoca e una mamma, ma soprattutto una donna forte che mostra tutta la frustrazione e l’immancabile voglia di sentirsi amata, desiderata, ma soprattutto capita, il tutto manifestato attraverso uno sguardo e una mimica fragile e tangibilmente straziata. La sacchi, poco dopo la sua interpretazione in “Luna Park”, si conferma un’attrice capace di emozionare senza perdere nemmeno un briciolo di autenticità.

Come nella commedia Eduardiana, il film si sviluppa in tre atti collegati tra loro: la preparazione e l’ovvia “tranquillità” (più che mai effimera) del sabato, l’atto principale rappresentato dal pranzo domenicale con tutte le problematiche, le discussioni e le tragedie familiari che si susseguono, e la risoluzione di tutti i mali del lunedì.

La figura femminile e il ruolo femminile predominante nell’opera di De Angelis non è un caso. Ogni donna di casa Priore ha il suo spazio: dalla figlia, che abbandona la bottega di famiglia per mettersi in proprio, disobbedendo al “padre-padrone”, alla nonna ignorata e snobbata (come troppo spesso accade), ma al tempo stesso ascoltata nei momenti catartici del pranzo, alla mamma, dalla cui serenità dipende quella di tutta la casa.

Menzione di merito per Adriano Pantaleo che, attraverso al suo look da divo americano (rigorosamente made in Afragola) e ai suoi tempi comici mai stucchevoli o fuori luogo, riesce a dare un tocco ironico e divertente alle vicende di casa Priore.

Un cast di attori più che a loro agio in un’opera eccezionale, tra le più belle di De Filippo. Da Maria Vera Ratti, Liliana Bottone a Luigi Ianniello,  passando per il grande Tony Laudadio, Gianluca Di Gennaro, Liliana Bottone e Giulia Pica.

Un opera rispettosa e coinvolgente che merita solo ed esclusivamente rispetto.

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