Oggi ricorre il triste anniversario della strage di Natale del 1996. Venticinque anni fa, a largo di Portopalo di Capo Passero, in provincia di Siracusa, annegarono 283 persone provenienti da India, Pakistan e Sri Lanka.
La vecchia nave di legno denominata F174 si trovava in acque internazionali, sovraccarica all’inverosimile. In un primo tempo, per affrontare il viaggio era stata scelta la Yiohan, una nave da carico malandata con cui viene compiuta la prima parte del viaggio.
A un certo punto, alle 470 persone rinchiuse in stiva era stato imposto di trasbordare proprio sulla F174: un battello malridotto che avrebbe potuto trasportare al massimo 80 persone. Le condizioni del mare sono pessime e la vecchia nave comincia ad imbarcare acqua.
Il comandante chiede aiuto alla Yiohan, che torna indietro. Una richiesta fatale: le due imbarcazioni si scontrano.
La F174 affonda, la Yiohan riesce a trarre in salvo circa 30 persone, tra cui il comandante, e portano tutti in Grecia.
Qui i superstiti vengono tenuti segregati: nessuno deve sapere. Alcuni di loro riescono a fuggire, raggiungono la polizia e raccontano il naufragio. Non solo non vengono creduti, ma finiscono agli arresti.
Solo il 4 gennaio inizieranno a trapelare le notizie dei sopravvissuti in Grecia. La nave venne infine sequestrata il 28 febbraio dopo aver sbarcato altri clandestini in Calabria. Le autorità italiane, tuttavia, non trovando indizi della tragedia, si dimostrarono perplesse sull’accaduto e, vista la mancanza di riscontri oggettivi, non approfondirono ulteriormente.
Poiché il naufragio non ha quasi lasciato tracce concrete, la vicenda è venuta alla luce solo grazie anche alle indagini del giornalista Giovanni Maria Bellu, che credette alle testimonianze di alcuni clandestini.