Dal Gambia a Napoli, attraverso il deserto, il traffico di esseri umani e il Mar Mediterraneo. Paboy Bojang fonda la sua impresa in piena pandemia ed è già un successo: “Qui mi sento ispirato”.
Poteva essere l’ennesima storia di immigrazione. Una delle centinaia che ascoltiamo troppo spesso al telegiornale. Una di quelle che raccontano di chi cerca di salvarsi la vita, lasciando il proprio Paese per sfuggire alla dittatura, alla guerra, all’estrema povertà, e invece la perde ad opera dei trafficanti o nelle profondità del Mar Mediterraneo. Però, qualche volta il dramma nasconde un lieto fine – anche se in questo caso sarebbe più opportuno parlare di lieto inizio – che vale la pena raccontare. La storia di Paboy Bojang comincia in Gambia ma si scrive a Napoli e, sulla falsariga delle altre, nasce dalla voglia di riscatto. Si sa, per quanto sia difficile da vivere, Napoli è quel posto in cui la speranza non muore mai e può riaccendersi nonostante le difficoltà. Sarà l’arte dell’arrangiarsi con poco, l’ingegno spicciolo, l’estro contagioso del suo popolo, chissà.
Sta di fatto che Paboy Bojang, ventinovenne gambiano, richiedente asilo, ha trovato in Napoli il suo punto di partenza. La città lo ha accolto, gli ha permesso di condurre una vita dignitosa e lo ha ispirato con la sua verve. “Il primo anno è stato difficile. Il secondo anno, quando ho cominciato a conoscere più persone e amici che mi avevano a cuore, ho cominciato ad innamorarmi di Napoli. Qui mi sento ispirato”, ha affermato Bojang in un articolo pubblicato da The Guardian. È qui, infatti, che il giovane ha deciso di fare della sua arte un’impresa, riuscendo a fare scacco matto persino al Covid-19.
Ma facciamo un passo indietro.
Chi è Paboy Bojang?
Paboy Bojang cresce con la nonna nella città di Serrekunda. Ha 13 anni quando impara a cucire e inizia a lavorare presso il negozio di sartoria dello zio, in Gambia. Ma quando Bojang è ancora adolescente, sua nonna muore e per scappare dalla dittatura del suo Paese, lascia tutto alla volta dell’Europa. Attraversa il continente, il deserto, fino ad arrivare a Tripoli, dove trascorre 18 mesi. È schiavo dei trafficanti, li paga più di una volta per assicurarsi un posto per l’Europa. Ma è un’operazione difficile. Riesce, comunque, a salpare per l’Italia e giunge a Lampedusa nel 2015, dopo due anni dall’inizio del suo viaggio. Bojang viene poi spostato a Napoli, una città di cui apprezza subito la vitalità, i suoni, il cibo, i colori.
Nel 2017 riceve protezione umanitaria e può quindi lavorare in una fabbrica di mattonelle di maiolica. Un’esperienza importante per la sua voglia di sperimentare, dirà poi Bojang. Tuttavia, il giovane gambiano perde il lavoro per le conseguenze di alcune decisioni politiche del Ministero dell’Interno e della lentissima burocrazia italiana che non gli permette di rinnovare in tempo i permessi da richiedente asilo.
È in questo momento della sua vita, da poco senza lavoro e con poche prospettive, che fa un incontro davvero fortunato. Quello con Sophia Seymour, una giornalista e documentarista britannica che sta co-dirigendo un documentario sulle speranze e i sogni dei richiedenti asilo a Napoli. Lei gli offre una stanza e gli presta la sua macchina per cucire, incoraggiandolo a creare.
Nel posto giusto, al momento giusto
Poi all’improvviso scoppia la pandemia. Ma è proprio il momento più buio della storia recente, quando il mondo entra di fatto nella nuova epoca del Covid-19, a far nascere la scintilla. A causa del lockdown la frustrazione è tanta, ma lo spirito d’iniziativa non manca. Così Bojang comincia a cucire cuscini usando la macchina per cucire e dei tessuti avanzati in casa. È la primavera del 2020.
L’idea arriva all’improvviso. Bojang carica le sue creazioni su Instagram ed è subito un boom. Le richieste arrivano non solo dall’Italia ma anche dall’estero. Nasce così In Casa by Paboy. L’impresa si sviluppa a Napoli, che ha il merito di riuscire a dare sempre una chance all’estro creativo, e di essere inesauribile fonte di ispirazione.
“Mi piace sedermi vicino al mare e guardare la baia di Napoli, le diverse tonalità di blu del cielo che cambia colore sempre, e il vulcano”, afferma Bojang, come riportato su Vogue. “Nel mio lavoro metto tutto quello di cui faccio esperienza nella vita”, continua. “Vedo combinazioni di colori ovunque”, spiega durante un’intervista su Designed by Woulfe. “Il semplice passeggiare per la città mi ispira”, conclude.
In Casa by Paboy
Il suo business respira internazionalità, ma il suo quartier generale ha sede a Napoli, in quel centro storico che lo ha accolto e che ora è casa sua.
Tutti i cuscini sono cuciti a mano usando 100% cotone italiano, fornito da commercianti locali del centro storico di Napoli, e i loro colori, briosi e sgargianti, sembrano espressione dell’esplosiva miscela culturale che caratterizza Bojang. I suoi followers ne apprezzano la qualità, e per questo sopportano tempi di produzione piuttosto lunghi e costi relativamente elevati (ca. €160/pz).
Recentemente, Bojang ha stretto importanti collaborazioni con Selfridges, Paul Smith, C.A. Design, come si legge sul sito web. The Financial Times e The Guardian hanno raccontato la sua storia. Vogue e Vogue Italia gli hanno dedicato uno spazio. Insomma, In Casa by Paboy ha tutta l’aria di essere un brand di cui sentiremo molto parlare. E l’impresa è nata meno di due anni fa.
Oggi Bojang non lavora più da solo, il suo team è composto da quattro persone. Ma c’è di più. Paboy è riuscito a realizzare un altro ‘piccolo’ grande sogno: quello di assumere altri migranti per dare loro un futuro. “Voglio mostrare alle persone che abbiamo talento, conoscenza, facciamo cose belle, non dovremmo solo lavorare nelle aziende agricole ed essere malpagati”, ha dichiarato il giovane gambiano al The Guardian.
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Paboy Bojang promuove i suoi prodotti online sul sito ufficiale e attraverso i canali social Instagram e Facebook.
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