venerdì, Novembre 22, 2024
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Giornata del 27 gennaio: una memoria che sa di ipocrisia

Il 27 gennaio, Giornata della Memoria, nata con risoluzione 60/7 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite con lo scopo di non dimenticare e ricordare le vittime dell’Olocausto.

Fare memoria oggi, però,  fa male, imporsi di ricordare oggi ciò che è stato, stride, fa digrignare i denti.

Fa male perché è una memoria che sa di ipocrisia.

Si riportano al cuore le vite dilaniate dall’odio della Germania di Hitler, mentre nel mondo ancora si parla di guerra e ancora si combattono le guerre. Quella parola, guerra, che doveva essere espunta da qualsiasi linguaggio umano. Quella guerra che oggi dobbiamo ricordare, per non dimenticare, che dobbiamo ripercorrere, tra la nostra mente e il nostro cuore, è la stessa guerra che si combatte oggi. Truppe, soldati, armi esistono ancora. Come le vittime dell’odio e del profitto.

E allora cosa dobbiamo ricordare, perché dobbiamo ricordare? Fare memoria vuole dire non girare le spalle alla storia, vuol dire lottare per abolire ogni forma di discriminazione, vuol dire reprimere ogni forma di odio. Vuol dire impedire, come dice Anna Frank, che quanto avvenuto non accada di nuovo.

Come si fa a commemorare una Storia calpestata dalla politica e società odierna? Come si fa a ricordare se non si riesce nemmeno più a vedere? Non si riescono più a vedere gli atti razzisti, i migranti, le forze spiegate in dalla Russia per una possibile operazione in Ucraina, dell’Afghanistan di cui non parla più nessuno, le scritte fasciste, i campi profughi in Bosnia.

La Polonia ha iniziato i lavori per erigere il muro anti-profughi al confine con la Bielorussia. Un’opera che l’opposizione attacca, definendola senza mezzi termini «il muro della vergogna». Un muro, una ennesima divisione imposta.

Al gelo centinaia di curdi iracheni, tra cui ragazze yazide. Sopravvissuti al genocidio dell’Isis. Quell’Europa negata dietro un filo spinato. Nuovamente, come già è accaduto.

Quel “mai più” è continuamente smentito dalle azioni odierne delle nazioni che ripetono “ancora” e “ancora” e “ancora”, e incoraggiano continuamente la crescita dell’odio e del desiderio di violenza contro le minoranze come strumento di controllo sociale.

 

 

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