mercoledì, Ottobre 23, 2024
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I giovani (non) vogliono lavorare, ma non vogliono essere sfruttati

“Questa gente vuole vivere con dignità e crescere i figli con dignità. E quando sono vecchi si vogliono sedere sulla porta a guardare il tramonto. E quando sono giovani vogliono ballare e cantare e coricarsi insieme. Vogliono mangiare e sbronzarsi e lavorare. Tutto qua: vogliono solo far girare i loro maledetti muscoli e spezzarsi la schiena.”

Era il 1939, quando John Steinbeck scriveva queste semplici, ma incisive righe, affidandole poi alle invettive filosofiche del personaggio di Jim Casy. Era l’America degli anni della Grande Depressione e il mito del Sogno Americano sembrava più che mai lontano, scappato forse assieme alle migliaia di persone in cerca di una sorte migliore.

Ma questi non sono più gli anni Trenta e l’Italia non ha mai avuto il suo “Sogno Italiano”, eppure le parole di Steinbeck risultano più che mai attuali, ancor di più alla luce delle polemiche odierne riguardo la presunta poca volontà dei giovani di guadagnarsi un lavoro. E se, forse, non si trattasse di poca volontà, bensì delle condizioni alle quali i giovani – e non solo – devono sottostare?

Imprenditori, titolari e chef stellati si lamentano del troppo zelo dei giovani nel chiedere prima la paga e i giorni di riposo, della poca dedizione di questi al duro lavoro e del fatto che vogliano rendersi le cose facili, senza sacrificio. Certamente, non tutti i giovani (e, ribadiamolo, non solo i giovani) sono disposti a far gavetta, iniziando da lavori, per così dire, più “umili e fisici”, eppure alcuni sì, ma a quali condizioni? A condizione di turni estenuanti e paghe misere in relazione alle troppe ore di lavoro, di contratti in nero o non del tutto veritieri. È dunque giusto porre l’attenzione solo sulla mancanza di spirito di sacrificio delle persone o, forse, sarebbe giusto porre l’attenzione anche sulle reali condizioni di lavoro che, a volte, ci vengono presentate o, meglio, imposte? Perché, in effetti, in certe situazioni è questa la triste verità: o lavori alle nostre condizioni o non lavori affatto.

Questa è la realtà di molti studenti-lavoratori che, per ottenere un minimo di autonomia durante il periodo degli studi, sono costretti a sottostare alle condizioni imposte dai loro datori di lavoro. Camerieri/e, baristi/e, centralinisti/e, cuochi/e, tirocinanti, apprendisti e tante altre realtà lavorative. Ma è anche la condizione che accomuna molti padri e madri di famiglie, preoccupati di non riuscire a far fronte alle spese quotidiane.

Noi non siamo la famiglia Joad, alla disperata ricerca di un posto e di un lavoro per far vivere dignitosamente i propri cari, e questa non è l’America degli anni Trenta, ma l’Italia del nostro tempo, che non è propriamente “la terra del latte e del miele”, ma è comunque un posto dove poter vivere dignitosamente, perché è questo il punto della situazione.

Cosa vogliono i giovani? Cosa vorrebbe un genitore per i propri figli? Semplicemente, la possibilità di guadagnarsi da vivere in modo dignitoso e con una giusta retribuzione, no? La possibilità di vedere un figlio crescere senza fargli mancare nulla.

E i sogni dove li mettiamo? Dobbiamo forse accantonarli e piegarci alla grigia routine di una vita i cui giorni sono tutti uguali, scanditi da un lavoro che ci dà sì stabilità economica – quando ciò è reso possibile – ma che dà l’impressione di vivere un’esistenza sbiadita? Viene da chiedersi se sia davvero questa l’unica scelta possibile: rischiare pur di inseguire i propri sogni oppure accontentarsi di una vita stabile, ma piatta.

Dicono che la vita sia dei sognatori, di chi sa osare pur di realizzare i propri obiettivi. E qualcuno, a volte, ci riesce pure, aiutato dalla fortuna, dalle sue capacità o da condizioni favorevoli. Quando e se queste ultime ci sono.

Ma questo non sembra essere un tempo adatto ai sognatori.

 

“Wherever there’s somebody fightin’ for a place to stand

Or a decent job or a helpin’ hand,

Wherever somebody’s strugglin’ to be free,

Look in their eyes, Mom, you’ll see me.”

 

(“Ovunque ci sia qualcuno che lotti per un posto dove stare

o per un lavoro decente o per una mano che li aiuti,

ovunque ci sia gente che sta lottando per essere libera,

guarda nei loro occhi, Mamma, e tu vedrai me.”)

 

Così cantava la rauca voce di Bruce Springsteen nel lontano 1995. E come lui, anche alcuni di noi se ne stanno seduti in attesa del fantasma di Tom Joad o, forse, solo di tempi migliori.

Maria Rita Balletta
Maria Rita Balletta
Studentessa di Giornalismo ed Editoria presso l'Università di Roma Tre. Appassionata di Cultura, Ambiente e Sport.
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