Il 12 giugno, dalle ore 7 e alle ore 23, i cittadini italiani con più di 18 anni di età saranno chiamati a votare per i referendum abrogativi sulla giustizia, promossi dalla Lega e dal Partito Radicale.
I cittadini potranno esprimere la propria opinione riguardo cinque quesiti di carattere estremamente tecnico, decidendo l’annullamento o meno di alcune norme sul funzionamento dell’ordinamento giudiziario. Perché il voto per ogni singolo quesito sia ritenuto valido, sarà necessario il raggiungimento del quorum, ossia la partecipazione alla votazione della metà più uno degli aventi diritto.
Originariamente, i quesiti proposti da Lega e Partito Radicale ne includevano un sesto che riguardava la responsabilità civile dei magistrati. La Corte Costituzionale lo ha giudicato inammissibile, così come quelli sull’eutanasia e sulla cannabis.
Abrogazione della Legge Severino
Il primo dei cinque quesiti referendari riguarda l’incandidabilità e la decadenza dalle cariche pubbliche dei politici nel caso in cui questi abbiano commesso alcune tipologie di reato, stabiliti dalla cosiddetta “legge Severino”, che prende il nome da Paola Severino, ministra della Giustizia nel governo Monti.
In base alla legge Severino, non possono essere candidati o decadono dalla carica di deputato, di senatore o di parlamentare europeo le persone condannate in via definitiva per reati particolarmente gravi, come mafia o terrorismo; per reati contro la pubblica amministrazione, come peculato, corruzione o concussione; e per delitti non colposi per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore a quattro anni. Soltanto per gli amministratori locali, la legge Severino prevede la sospensione temporanea del mandato anche in caso di condanna non definitiva. La sospensione dall’incarico può durare al massimo un anno e mezzo.
Limitazione delle misure cautelari
Il secondo quesito referendario va a modificare le norme per la disposizione delle misure cautelari, ossia quei provvedimenti che un giudice può disporre su richiesta del pubblico ministero verso una persona, non ancora condannata in via definitiva. Tra queste misure ci sono gli arresti domiciliari, la custodia cautelare in carcere o quella in un luogo di cura.
Oggi, in base all’articolo 274 del codice di procedura penale, le misure cautelari possono essere disposte a fronte di gravi indizi di colpevolezza e nei casi in cui ci sia il pericolo di fuga dell’indagato, di inquinamento delle prove, di compimento di nuovi e gravi reati o della reiterazione del reato per cui si è accusati. In quest’ultimo caso, la custodia cautelare si può applicare solo se la pena massima prevista per il reato in questione è superiore a quattro anni, o a cinque anni se il giudice intende disporre la custodia cautelare in carcere.
Negli ultimi anni in Italia si è verificato un aumento significativo dei provvedimenti di custodia cautelare. Secondo quanto riportato nella relazione annuale del Ministero della Giustizia sulle “Misure cautelari personali e riparazione per ingiusta detenzione – 2021” lo Stato paga in media 43mila euro per ogni risarcimento (24 milioni all’anno).
Separazione della funzione tra i magistrati
Il terzo quesito del referendum riguarda la separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e requirenti. I primi svolgono la funzione di giudice, mentre i secondi corrispondono ai pubblici ministeri, quindi all’accusa. Oggi in Italia i magistrati possono decidere di cambiare funzione, passando dal ruolo di giudice a quello di pm, fino a quattro volte nel corso della propria carriera.
Il quesito referendario punta a eliminare questa possibilità per giudici e pubblici ministeri. Se passasse il sì, il magistrato dovrà dunque scegliere se esercitare la funzione di giudice o quella di pubblico ministero, e non potrà poi modificare la sua decisione.
Valutazione della professionalità dei magistrati
Il quarto quesito referendario riguarda le modalità con cui viene valutato l’operato dei magistrati. La valutazione viene effettuata ogni quattro anni, tramite tre possibili giudizi: positiva, non positiva o negativa.
Le valutazioni sono effettuate dai consigli giudiziari, ossia gli organi “ausiliari” del Csm, il Consiglio Superiore della Magistratura. I consigli giudiziari sono presenti in ognuno dei 26 distretti di Corte d’Appello e sono composti da magistrati eletti sul territorio, dal presidente della Corte d’Appello e dal suo procuratore generale. A questi componenti “togati” si aggiungono alcuni avvocati e professori universitari, che partecipano come membri “laici”. Il numero complessivo di componenti di ogni consiglio giudiziario varia in base al numero di magistrati in servizio nei vari distretti.
Attualmente, solo i membri “togati” partecipano attivamente al processo di valutazione dei magistrati, mentre i componenti “laici” sono esclusi. Il referendum chiede invece che anche i membri laici, ossia gli avvocati e i professori universitari, possano partecipare alle valutazioni.
Secondo i dati più recenti forniti dal Csm, negli ultimi anni le valutazioni dei magistrati sono state quasi sempre positive: dal 2008 al 2016 la quota di pareri favorevoli non è mai scesa sotto il 97 per cento, con un minimo del 97,2 per cento nel 2009 e un massimo del 99,6 per cento nel 2015. Il 2009 è stato anche l’anno con il maggior numero di valutazioni negative: 20 su 1.378, l’1,5 per cento.
Elezione dei membri togati del Csm
L’ultimo quesito del referendum riguarda le modalità con cui i magistrati possono candidarsi al Csm. Il Csm è l’organo di autogoverno della magistratura. Ne fanno parte, per diritto, tre persone: il Presidente della Repubblica, che lo presiede, il Primo Presidente e il Procuratore Generale della Corte di Cassazione. Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati (i cosiddetti membri togati), per un terzo dal Parlamento in seduta comune (i componenti laici).
Al momento, infatti, è necessario che ogni candidatura sia accompagnata da almeno 25 firme (e massimo 50) raccolte tra altri magistrati. Il quesito chiede di abrogare quest’obbligo, facilitando quindi le procedure.
L’obiettivo del referendum è di ridurre il peso del sistema correntizio all’interno della magistratura nell’individuazione dei candidati, evitare la lottizzazione delle nomine e rimettere al centro la valutazione professionale e personale del singolo al di là dei suoi diversi orientamenti politici.
Le posizioni dei partiti
La Lega, uno dei partiti promotori, Forza Italia, Italia Viva e Azione si sono detti favorevoli, tramite i loro segretari e presidenti, ai cinque quesiti referendari.
Fratelli d’Italia, invece, ha espresso una posizione favorevole riguardo tre dei cinque quesiti: la separazione delle carriere dei magistrati, l’eliminazione delle firme per le candidature al Csm e la possibilità per gli avvocati di valutare l’operato dei magistrati. Il partito è contrario sia alla limitazione della custodia cautelare sia all’abolizione della “legge Severino”.
Il Partito Democratico ha lasciato una sostanziale libertà di voto riguardo i quesiti referendari, sebbene pare che la posizione del segretario, Enrico Letta, sia per il “no” ai cinque quesiti. Ciononostante, diversi esponenti del PD, tra cui il sindaco di Bergamo Giorgo Gori, hanno espresso il proprio parere favorevole riguardo tutti i quesiti referendari.
Il Movimento 5 Stelle è il partito maggiormente contrario al referendum sulla giustizia.
Stime sull’affluenza
Secondo un sondaggio dell’istituto SWG, commissionato per conto della rete televisiva La7, è improbabile che si raggiunga il quorum per i cinque quesiti referendari sulla giustizia.
La stima sull’affluenza si aggira tra il 26% e il 30% e, per di più, per due dei cinque quesiti, quelli riguardanti la limitazione della custioda cautelare e l’abolizione della Legge Severino, secondo l’istituto di sondaggistica il “No” sarebbe in vantaggio.