Il Consiglio Europeo ha raggiunto un accordo riguardo il sesto pacchetto di sanzioni economiche nei confronti della Russia.
L’accordo è stato raggiunto nella notte tra lunedì 30 e martedì 31 maggio e rappresenta il più grande colpo assestato finora all’economia della Federazione Russa. Il blocco legato al pacchetto sanzionatorio riguarda il petrolio importato via mare, mentre il trasporto tramite oleodotto è stato escluso dalle sanzioni per via della strenua opposizione, durata circa 26 giorni, da parte soprattutto del presidente ungherese Viktor Orbán. È necessario, infatti, che l’Unione Europea raggiunga l’unanimità riguardo le principali decisioni di politica estera, il che ha permesso ad Orbán di imporre il proprio veto.
Orbán aveva definito un eventuale blocco totale delle importazioni del petrolio russo come una “bomba nucleare” che avrebbe colpito l’economia ungherese, fortemente dipendente dagli idrocarburi russi e danneggiata dall’assenza di sbocchi sul mare.
Il Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ha commentato l’accordo durante una conferenza stampa, affermando che il blocco colpirà circa due terzi delle importazioni di petrolio russo, andando a tagliare “un’enorme fonte di finanziamento della macchina da guerra” della Federazione Russa. Resta, tuttavia, da raggiungere un accordo riguardo i dettagli tecnici, che probabilmente saranno annunciati entro la fine della settimana.
Ursula Von Der Leyen, la Presidente della Commissione Europea, la scorsa settimana aveva mostrato scetticismo riguardo la possibilità che i leader europei riuscissero a raggiungere un accordo durante l’incontro di ieri. Durante la conferenza stampa congiunta con Michel, Von Der Leyen ha affermato che le sanzioni andranno a colpire il 90% delle importazioni di petrolio russo entro la fine dell’anno.
All’interno del sesto pacchetto sanzionatorio sono incluse ulteriori misure, tra cui la rimozione della più grande banca russa, Sberbank, e di altre banche dal sistema di transazioni internazionali SWIFT. Le sanzioni colpiranno anche il patriarca Kirill, capo della Chiesa Ortodossa Russa e stretto alleato del presidente russo Vladimir Putin, che ha garantito un imprimatur all’invasione ai danni dell’Ucraina, oltre che diversi ufficiali militari russi legati a possibili crimini di guerra commessi in Ucraina.
È da sottolineare, tuttavia, che la proposta iniziale da parte della Commissione Europea, di inizio maggio, riguardava il blocco completo delle importazioni di petrolio greggio russo entro sei mesi e di quelle di prodotti petroliferi raffinati entro la fine dell’anno. L’opposizione di Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca e Bulgaria è stata determinante nel garantire l’esclusione dal panchetto sanzionatorio del petrolio importato tramite l’oleodotto Druzhba.
Druzhba è un oleodotto lungo 5.5000 chilometri che permette il trasporto di petrolio greggio dalla Russia all’Europa, passando per la Bielorussia, dove si divide in due rami: attraverso il ramo nord viene trasportato petrolio verso Polonia e Germania, tramite quello sud verso Slovacchia, Ungheria e Repubblica Ceca.
Germania e Polonia hanno comunque garantito che terranno fede agli impegni presi, bloccando interamente le importazioni di petrolio entro la fine dell’anno, da cui probabilmente deriva la stima fornita in conferenza stampa da Von Der Leyen e Michel riguardo il taglio del 90% delle importazioni al termine del 2022.
Il petrolio russo costituisce il 30% circa delle importazioni di petrolio da parte dell’Unione Europea ma a dispetto del gas il suo mercato è estremamente liquido e dunque facilmente rimpiazzabile. Dall’inizio dell’invasione alcuni stati hanno applicato una sorta di auto-sanzione nei confronti del petrolio proveniente dalla Federazione Russa, che ha determinato un crollo dei barili importati di 440.000 unità tra febbraio e marzo. Da allora, il numero di barili importati è rimasto sostanzialmente costante, intorno ad 1.2 milioni di barili importati al giorno.
Una fetta consistente delle importazioni da inizio febbraio riguarda l’Italia, dove arrivano 400.000 barili al giorno attraverso il porto di Trieste, da cui, però, circa un quarto vengono spediti verso l’Europa Centrale.
Nel mese di maggio, circa 600.000 barili al giorno sono stati importati tramite l’oleodotto Druzbha, escluso dal pacchetto sanzionatorio, da Ungheria, Slovacchia, Polonia e Germania.
Secondo Edward Gardner, un economista di Capital Economic, una società di consulenza con sede a Londra, intervistato dal Washington Post, l’export della Russia dovrebbe crollare di circa 20 punti percentuali entro la fine dell’anno, mentre l’Unione Europea dovrebbe essere in grado di trovare nuovi fornitori senza troppi problemi, sebbene l’impatto globale del pacchetto sanzionatorio provocherà un aumento dei prezzi.