«Quando Mao Zedong fece visita il dittatore sovietico Iosif Stalin, nell’inverno del 1949, era probabilmente in una posizione subalterna, quasi supplicante. Stalin lo costrinse ad aspettare per settimane in un’abitazione di sua proprietà a 27 chilometri da Mosca, dove il leader cinese, umiliato e costipato, brontolava riguardo un po’ di tutto: dalla qualità del pesce al suo scomodo materasso. Quando per i due leader comunisti giunse il momento di parlare d’affari, Stalin impose a Mao un accordo molto vantaggioso per l’Unione Sovietica, che avrebbe previsto l’acquisto da parte della Cina di armi russe, da pagare tramite un prestito su cui applicare poi gli interessi.»
Stuart Lau, un corrispondente del magazine POLITICO Europe, ha aperto in questo modo un proprio articolo riguardo le attuali relazioni tra Cina e Russia, evidenziando come, qualche decade fa, i rapporti di forza fossero sostanzialmente invertiti.
Poco prima dell’invasione dell’Ucraina è stato il presidente russo Vladimir Putin a viaggiare in Cina per le Olimpiadi invernali di Pechino, sebbene il trattamento riservatogli dal presidente della Repubblica Popolare Xi Jinping non sia stato in alcun modo comparabile a quello subito da Mao Zedong. Ciononostante Lau sottolinea come, dal 24 febbraio, la Russia viva una situazione di obbligato vassallaggio nei confronti del nuovo alleato cinese.
I due paesi sono sostanzialmente legati da un comune interesse: distruggere il mondo unipolare guidato dagli Stati Uniti, proponendo un’alternativa multipolare ed oscurando il faro del modello occidentale. Putin e Xi Jinping hanno firmato una dichiarazione congiunta in occasione del viaggio del presidente russo in Cina, annunciando un nuovo rapporto di amicizia “senza alcun limite” tra i loro stati.
Eppure, i limiti pare che ci siano eccome e la Cina non sembra voglia rinunciarvi, sebbene pubblicamente dichiari il contrario.
L’economia della Cina da 18 trilioni di dollari è attualmente circa dieci volte superiore a quella russa. La Russia si trova in una situazione fortemente caotica, causata dalla decisione del suo presidente di invadere l’Ucraina, e aggravata dalle sanzioni imposte dai governi occidentali, così come da Giappone, Corea del Sud e Singapore, che hanno contribuito all’isolamento russo e alla più grave proiezione di crollo del prodotto interno lordo dalla caduta dell’Unione Sovietica nel 1991.
La Russia, inoltre, è strettamente legata al mercato europeo per quanto riguarda l’export di idrocarburi, gas e petrolio in primis. Il nuovo pacchetto di sanzioni, il sesto, annunciato dall’Unione Europea potrebbe determinare un ulteriore peggioramento della situazione economica della Federazione Russa, che attualmente può trovare nella Cina l’unico possibile mercato sostitutivo.
Ma la Cina di Xi Jinping è, evidentemente, un partner cinico che non è disposto a fare alcuno sconto al nuovo amico russo. Il più importante calcolo sia economico che politico da parte della Cina è rappresentato dal determinare quanto la Repubblica Popolare sia disposta a venire in aiuto dell’alleato russo. Pechino, certamente, può esercitare un forte potere di leva nei confronti di Mosca.
Russia ed Arabia Saudita sono i più importanti esportatori di petrolio verso la Cina. Nel 2021 la Cina importava 800.000 barili al giorno dalla Russia, saliti a 1.14 milioni a maggio di quest’anno, secondo i dati forniti da Vortexa Analytics a POLITICO. L’aumento dell’import di petrolio, tuttavia, è dovuto ad un fatto puramente di convenienza per l’economia cinese: attualmente il petrolio greggio russo è venduto nei mercati internazionali ad un prezzo che varia tra i 20 e i 30 dollari in meno rispetto a quello Brent.
La Russia è obbligata a sostituire il mercato europeo, allontantosi dal 24 febbraio e che si distaccherà quasi completamente dalla dipendenza russa dalla fine di quest’anno, per effetto del sesto pacchetto sanzionatorio. L’Unione Europea importava circa 2.4 milioni di barili di petrolio al giorno, più del doppio di quanto attualmente ne importi la Cina.
Per di più, per quanto il mercato del petrolio sia estremamente liquido e risulti dunque relativamente semplice sostituire i propri partner commerciali, il colpo di grazia all’economia russa potrebbe essere determinato da eventuali sanzioni europee al gas. Mentre la maggior parte dell’export di petrolio avviene via mare, per il gas il trasporto tramite tubo è estremamente più conveniente e la Russia è fortemente interconnessa con l’Europa mentre non altrettanto con la Cina.
È in progetto la costruzione di un gasdotto che colleghi i due nuovi alleati, il gasdotto Sila Sibiri 2, Forza della Siberia 2, che permetterebbe un ulteriore aumento della quantità di gas importato dalla Cina che attualmente, secondo gli accordi stipulati da Putin e Xi Jinping, dovrebbe aggirarsi intorno ai 48 miliardi di metri cubi per anno.
La Cina ha le carte migliori da giocare nelle negoziazioni. Xi Jinping non è disposto ad offrire sconti a Putin né tantomeno a vincolare il proprio paese alle importazioni di idrocarburi russi, principalmente per evitare di essere soggetto alle sanzioni occidentali, che ostacolerebbero il progetto cinese di soppiantare gli Stati Uniti come prima potenza economica mondiale.
Il calcolo strategico della Cina prevede dunque un completo isolamento della Russia (e non solo dagli ex partner economici occidentali) per fare in modo da legare indissolubilmente il nuovo alleato alla necessità di guardare al proprio mercato, ottenendo prezzi forzatamente scontati.
Secondo i dati forti dallo Stockholm International Peace Research Institute, un istituto di ricerca sulla pace internazionale, l’India è stato il più grande importatore di armi al mondo tra il 2017 e il 2021. La Russia è il secondo esportatore, preceduta dagli Stati Uniti, e il 27.9% delle sue armi, in questi cinque anni, sono state vendute proprio all’India.
Per la Cina, che deve guardare al nemico al di là della catena montuosa dell’Himalaya, avere un partner commerciale e politico che venda armi ad uno dei propri rivali geopolitici non è un compromesso accettabile. Da anni gli ufficiali governativi cinesi tentano di convincere le proprie controparti russe a tagliare le vendite di armi all’India, attraverso intense attività lobbistiche. E se negli anni precedenti i rapporti di forza non imponevano alla Russia di adeguarsi ai desideri cinesi, il ribaltamento completato dal conflitto ucraino potrebbe cambiare ancora una volta le carte in tavola.
«Quando si trattava di Stalin e Mao, Stalin era il maestro, il titano del movimento comunista. Quando Stalin morì, Mao guardava Khrushchev dall’alto al basso, come qualcuno che non fosse in grado di comprendere l’ideologia comunista. Quando Deng Xiapoing incontrò Gorbachev, dovette pensare certamente che Gorbachev fosse un idiota», ha detto Joseph Torigian, autore di un libro sulla relazione politica tra Stalin e Mao.
Vladimir Putin e Xi Jinping condividono un rapporto personale migliore dei propri predecessori, ciononostante coltivano interessi differenti per via della rispettiva visione del futuro dei propri stati nel mondo.
Il focus principale di Xi è assicurarsi la presidenza per la terza volta, portando a compimento il proprio progetto di rendere la Cina la prima potenza economica mondiale.
Putin, attualmente, non può far altro che sperare che il proprio paese regga l’urto economico determinato dal conflitto ucraino e dalle seguenti sanzioni occidentali, ed è costretto anche ad interpretare il ruolo di partner minore della Cina pur di sopravvivere.