Il 31 dicembre scorso è scaduta una misura introdotta dal governo di Mario Draghi, volta ad abbassare il prezzo dei carburanti attraverso uno sconto sulle accise.
Lo sconto era stato introdotto tramite un decreto del 18 marzo dello scorso anno e prevedeva una diminuzione delle accise di 25 centesimi al litro (30,5 centesimi considerando anche l’IVA). La misura introdotta dal governo di Mario Draghi si era resa necessaria a causa del forte aumento dei prezzi causato dall’inizio del conflitto in Ucraina il 24 febbraio 2022, ma era osteggiata da alcuni mesi da tutte le principali istituzioni internazionali, tra le quali la Banca Centrale Europea, il Fondo Monetario Internazionale e la Commissione Europea, che avevano fortemente sollecitato i governi a rendere le misure per alleviare gli effetti dei rincari (che erano inizialmente previste per tutti) più mirate verso le fasce più povere della popolazione, che sono quelle che fanno davvero fatica a sopportare i consistenti aumenti dei prezzi di questi mesi.
Dal primo gennaio di quest’anno, dunque, lo sconto sulle accise è stato totalmente rimosso e il prezzo dei carburanti è tornato a salire (già dal primo dicembre il prezzo era salito per via di una riduzione dello sconto di 12,2 centesimi al litro: lo sconto sulle accise era diminuito da 30,5 a 18,8 centesimi al litro).
Martedì sera, poi, il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto-legge con alcune misure per contrastare le speculazioni sui prezzi del carburante da parte dei distributori di benzina e per aumentarne la trasparenza. Le nuove misure approvate dal governo stabiliscono che ogni distributore dovrà esporre accanto al proprio prezzo di vendita del carburante quello della media nazionale, «con specifica evidenza», che viene pubblicato ogni giorno dal ministero delle Imprese e del Made in Italy. In questo modo i clienti potranno rendersi conto se ci sia stata effettivamente una speculazione da parte del singolo distributore di benzina sul prezzo applicato a livello nazionale.
Il comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 15 ⤵️https://t.co/BZvwBB2Tgb
— Palazzo_Chigi (@Palazzo_Chigi) January 10, 2023
L’aumento del prezzo dei carburanti era apparentemente inevitabile dato l’enorme costo per le casse dello Stato (circa 700 milioni di euro al mese), ma vari membri del governo, come il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, hanno accusato gli operatori di speculare sul prezzo della benzina. Secondo Salvini e Pichetto Fratin le quotazioni starebbero salendo più del normale aggiustamento che ci sarebbe stato solo a causa dell’aumento delle accise.
Matteo #Salvini: "Non ci possono essere distributori che vendono la benzina a 1,70 e altri a 2,40. Evidentemente c'è qualcuno che fa il furbo. Porterò il ragionamento a livello di governo"@ultimora_pol
— Ultimora.net – POLITICS (@ultimora_pol) January 8, 2023
Le accuse dei membri del governo guidato dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni sono arrivate in seguito ad una denuncia da parte del Codacons – Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori – che ha chiamato in causa l’Antitrust chiedendo di aprire una istruttoria per la possibile fattispecie di intesa anticoncorrenziale. In sostanza, l’associazione dei consumatori ha presentato un esposto formale, chiedendo di aprire una pratica per possibile cartello anticoncorrenza nel settore dei carburanti e di acquisire presso tutti gli operatori della filiera la documentazione utile a capire se siano in atto manovre speculative per far salire in modo ingiustificato i listini alla pompa. Ma è davvero così?
In realtà, scomponendo i prezzi emerge che in questi giorni sono aumentati esattamente di quanto ci si attendeva, ossia di un valore pari all’aumento delle accise. Le dichiarazioni di alcuni membri del governo sono quindi di fatto infondate e sembrano volte a recuperare consensi dopo aver imposto una misura probabilmente impopolare.
Secondo gli ultimi dati, aggiornati al 9 gennaio, forniti dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, pubblicati settimanalmente e che però tengono conto esclusivamente dei prezzi in modalità self-service, i prezzi medi di benzina e gasolio sono attualmente pari a 1,81 e 1,86 euro al litro.
I prezzi di benzina e gasolio sono saliti addirittura meno di quanto avrebbero dovuto e gli attuali aumenti sono dovuti esclusivamente alla rimozione dello sconto sulle accise. Mentre, infatti, l’ulteriore taglio sulle accise avrebbe dovuto comportare un aumento del prezzo di benzina e gasolio di 18 centesimi al litro, secondo i dati forniti dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, l’aumento di prezzo tra dicembre e gennaio è stato rispettivamente di 16 e 15 centesimi al litro.
🇮🇹 #carobenzina: "volano i prezzi", "stroncare la speculazione".
Solo senza osservare i dati ci si può inventare una polemica così. pic.twitter.com/FpBo7k0jbW
— Matteo Villa (@emmevilla) January 10, 2023
Se si scompone il prezzo dei carburanti in due, materia prima e tasse, si vede che i rialzi sono dovuti esclusivamente alla componente delle tasse: per esempio, prima del 31 dicembre un litro di benzina costava 1,62 euro, di cui 87 centesimi erano accise e IVA (il 54 per cento del prezzo finale), mentre il resto era composto dal costo industriale della benzina. Nella rilevazione sulla prima settimana di gennaio, il prezzo finale è di 1,81 centesimi, di cui 1,05 euro solo di accise e IVA (il 58 per cento del prezzo finale). Il prezzo al netto delle accise, ossia quello industriale su cui effettivamente gli operatori possono “speculare”, è stato addirittura leggermente più basso, pari a 75,6 centesimi.
I casi denunciati dal Codacons e dai ministri Salvini e Pichetto Fratin sono in realtà estremi, caratterizzati o da alti costi di logistica (in particolare in Sicilia e Sardegna) o da elevati costi gestionali (gli impianti autostradali che devono versare le royalty ai concessionari dell’infrastruttura). Per di più non si parla mai di self service, ormai la modalità prevalente, ma di servito.
Il problema, dunque, è esclusivamente politico. Diversi membri dell’attuale governo di centrodestra in passato hanno più volte denunciato la forte componente nel prezzo dei carburanti dovuta alle accise. Probabilmente, il fatto che proprio l’attuale governo si sia reso responsabile di un aumento dei prezzi di benzina e gasolio ha fatto storcere il naso a parecchi elettori, ma in particolare alla categoria dei gestori dei distributori di benzina, che hanno negato le proprie responsabilità nell’aumento dei prezzi del carburante. In realtà non è in atto alcun fenomeno speculativo e il governo farebbe bene a motivare la propria scelta che appare, per di più, particolarmente sensata, se non obbligata.
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