La procura di Trieste ha annunciato di aver riaperto le indagini riguardo gli attentati compiuti dall’attentatore a cui fu attribuito il nome di Unabomber.
Unabomber è un bombarolo seriale la cui identità non è mai stata svelata e che ha compiuto una serie di attentati nel Nord-est dell’Italia, in particolare nelle regioni del Veneto e del Friuli Venezia Giulia tra il 1994 e il 2006.
Il Procuratore capo di Trieste, Antonio De Nicolo, ha fatto sapere che le indagini riguardano 11 persone. Dieci delle persone attualmente indagate sono già note alla procura, mentre l’undicesima non era nota e sarebbe stata segnalata da un testimone che avrebbe avvertito la procura della sua presenza sul luogo di uno degli attentati. Secondo quanto riportato dalla procura, tuttavia, la richiesta riguardante l’undicesima persona è stata formulata dal Pubblico Ministero Federico Frezza e sarebbe stata segnalata da «una persona la cui attendibilità appare problematica ed è tutta da verificare».
La procura di Trieste aveva deciso di chiedere la riapertura delle indagini nello scorso novembre, dopo che il giornalista Marco Maisano, autore del podcast Fantasma – Il caso di Unabomber, e due delle vittime delle bombe, Francesca Girardi e Greta Momesso, bambine ai tempi degli attentati, avevano presentato un esposto. Maisano, secondo quanto riportato dal Post, ha spiegato che «realizzando il podcast con Ettore Mengozzi e Francesco Bozzi ho avuto la possibilità di entrare nel luogo dove sono conservati i reperti a Trieste. In uno degli scatoloni ho trovato un capello che venne rinvenuto in un uovo-bomba posizionato sugli scaffali di un supermercato a Portogruaro, in provincia di Venezia. Inoltre c’erano altri due capelli repertati sul luogo di un attentato a San Stino di Livenza (Venezia) e alcuni peli trovati attaccati con nastro adesivo a un altro ordigno. È dopo aver visto quei reperti che, assieme a due delle vittime, ho deciso di presentare l’esposto».
Gli attentati attribuiti ad Unabomber sarebbero ufficialmente 28, ma secondo alcune ricostruzioni il numero potrebbe salire a 31 o 33. Il suo caso è una delle vicende di cronaca nera che hanno maggiormente turbato la popolazione, specialmente nelle regioni coinvolte, per via dell’apparente mancanza di un movente e della casualità degli obiettivi colpiti.
Il primo soggetto identificato con il nome di Unabomber è in realtà il terrorista statunitense Theodore Kaczynski, autore di vari attentati con esplosivi nel corso di diciotto anni. Prima della sua cattura, Kaczynski era chiamato dall’FBI con la sigla UNABOM (UNiversity and Airline BOMber), dicitura che fu poi riciclata dai media italiana e deformata in Unabomber, con riferimento all’attentatore italiano. Le analogie tra l’Unabomber italiano e quello statunitense sono tuttavia deboli.
Il fascicolo sulle indagini fu definitivamente archiviato nel 2009, quando si scoprì che una delle prove riguardanti il principale indiziato fu manomessa. Il sospettato era l’ingegnere Elvio Zornitta, originario di Azzano Decimo, un comune in provincia di Pordenone. Il suo nome venne fatto durante le indagini da una persona sentita dagli investigatori. Secondo gli inquirenti il suo profilo poteva corrispondere a quello dell’attentatore, contro di lui c’erano alcuni indizi ma nessuna prova concreta. Inoltre, l’esame del DNA a cui vennero sottoposti i reperti trovati su alcuni luoghi delle esplosioni diedero esito negativo. Zornitta rimase indagato comunque cinque anni.
Durante le indagini venne accertata la compatibilità tra un paio di forbici appartenenti a Zornitta e i tagli su un lamierino di un ordigno rinvenuto in una chiesa a Portogruaro. Si scoprì però che il lamierino era stato manomesso proprio per incastrare Zornitta: la manomissione era avvenuta quando il lamierino era già nelle mani dei tecnici della polizia scientifica. Un poliziotto, Ezio Zernar, venne processato e condannato per quella manomissione. In seguito a questa scoperta, il fascicolo contro Zornitta venne archiviato e il pool smantellato. Le indagini di fatto si chiusero senza che si arrivasse a una soluzione. Recentemente sono stati riconosciuti a Zornitta 300 mila euro di risarcimento per il danno subito dalla lunga inchiesta.
Zornitta è una delle undici persone indagate, ma secondo quanto riportato dall’ANSA che ha sentito il suo avvocato, Maurizio Paniz, «era fisiologico che qualsiasi iniziativa avrebbe interessato tutte le persone indagate nel passato, compreso l’ing.Zornitta».
Tutti i reperti che si trovano altrove verranno ora portati in procura a Trieste; verrà quindi effettuata una ricognizione per capire quali possano essere effettivamente utili, quali esami vennero realizzati allora e quali possono essere fatti oggi in più. Si tratterà quindi di nuove analisi scientifiche: il DNA sui reperti trovati allora verrà confrontato con le tracce biologiche presenti nella banca del DNA. Le tecniche di analisi scientifica si sono evolute dalla chiusura delle indagini nel 2009 e la speranza è che Unabomber sia in qualche modo già stato coinvolto da altre indagini. Non è necessario, inoltre, che la banca dati contenga il DNA di Unabomber, basterebbe anche un parente. Da lì, poi, si potrebbe risalire alla sua identità.
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