venerdì, Novembre 22, 2024
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Ci indigniamo dinanzi alla spettacolarizzazione degli sbarchi

Ci indigniamo dinanzi alla spettacolarizzazione degli sbarchi

Ci indigniamo alla notizia di un barcone pieno di esseri umani disperati, spazzato via nel cuore della notte dall’implacabilità del mare in tempesta. Eppure, questi “incoscienti” avrebbero potuto restarsene a casa loro, al sicuro. Invece, hanno osato affrontare la furia del mare su di una semplice imbarcazione in legno. Erano sicuramente guidati dalla pazzia o, forse, solo dalla disperazione.

Ci indigniamo all’udire le prime voci che riportano di corpi che galleggiano tra le onde. Qualcuno, ancora vivo, tiene in braccio un bambino piccolo. Morto. Ma solo una madre “scellerata” potrebbe pensare di portare il figlioletto con sé verso un destino così incerto.

Ci indigniamo alla notizia dell’ennesima strage in mare aperto che ci informa di centinaia di vite spezzate. Ci indigniamo dinanzi a quei sacchi bianchi messi in fila sulla spiaggia. Ma di quelle vite non sapremo mai nulla e, forse, tra qualche settimana smetteremo anche di parlarne, archiviando questa tragedia come uno dei tanti sbarchi clandestini che non avrebbero dovuto avere luogo.

Ci indigniamo perché li hanno lasciati partire, ignari del fatto che queste partenze avvengono per mano dei loro stessi aguzzini, in cambio di denaro. Se riescono a sfuggire agli orrori della guerra, incappano poi nelle milizie locali – regolari e non – e finiscono in carcere, torturati e privati di qualsiasi sostentamento fisico. In cambio di soldi, viene data loro la possibilità di uscire e di partire, con la promessa che al di là del mare troveranno una vita migliore. Sempre che non vi sia la Morte ad accoglierli prima e che l’abbraccio che essa offre loro non sia forse più dolce e misericordioso dell’accoglienza che l’Europa ha in serbo per queste povere vite.

Ci indigniamo alla vista di un paio di piccoli pantaloni rosa arenati sulla spiaggia. Lì vicino giace un biberon vuoto. Tutto attorno, i detriti e le assi di legno di quel che resta di tante speranze infrante.

Ci indignammo anche alla vista di quel corpicino riverso sulla spiaggia, addosso un paio di pantaloncini blu ed una maglietta rossa. Sembrava quasi che dormisse, così scrissero i giornali. Tutto il mondo si indignò, ma oltre sette anni dopo tragedie simili continuano ad accedere sotto gli occhi di tutti.

La crudele “spettacolarizzazione” degli sbarchi non si ferma. C’è un modo per porre fine all’ “ecatombe” che quotidianamente si sta consumando nel Mar Mediterraneo?

Intanto, le politiche migratorie europee si irrigidiscono sempre più e sembra quasi impossibile garantire l’apertura di canali sicuri e regolari per rifugiati e migranti.

Da Mare Nostrum a Sophia

Il 3 ottobre del 2013 avviene uno dei naufragi più tragici degli ultimi anni, costato la vita a 368 migranti e conosciuto come la Strage di Lampedusa. Dopo tale tragedia viene istituita l’operazione Mare Nostrum, lanciata dal governo Letta e destinata al salvataggio in mare dei migranti, poi sospesa il 31 ottobre 2014 da Renzi. Quando termina la missione italiana, arrivano le navi delle Ong.

Mare Nostrum viene sostituita dall’operazione Triton, il cui principale scopo è per lo più il controllo delle frontiere. A Triton subentra nel 2018 l’operazione Themis, più coerente con il suo antecedente Mare Nostrum. Nel frattempo, nel 2015 arriva l’operazione Sophia, poi prorogata dai Paesi Ue, ma senza più le sue navi per adempiere al suo mandato, che si concentrava principalmente sugli sbarchi e il salvataggio delle persone in mare. La riduzione degli assetti di ricerca e soccorso nel Mediterraneo in seguito al taglio delle navi della missione Ue Sophia e alle restrizioni imposte alle Ong contribuisce a peggiorare ulteriormente le cose e a rendere il Mediterraneo un mare sempre più pericoloso.

Ridotti a meri numeri

Il 3 ottobre 2013, a mezzo miglio dalle coste, si ribalta un barcone carico di migranti: 368 morti, 20 dispersi, 155 morti si contano nel naufragio di Lampedusa. Qui di seguito viene riportata solo una piccola parte dei naufragi in mare avvenuti da allora nell’ultimo decennio.

– 3/10/2013 – Un peschereccio libico salpato dal porto di Misurata colmo di rifugiati eritrei prende fuoco a poche miglia dalla costa di Lampedusa e affonda davanti all’Isola dei Conigli. Delle oltre 500 persone a bordo se ne salvano 155: si contano 368 vittime.

– 10/10/2013 – Al largo di Lampedusa cola a picco un peschereccio su cui i trafficanti avevano stipato di 480 siriani. Poco dopo la partenza, la sera prima, l’imbarcazione era stata intercettata da una motovedetta libica che aveva sparato raffiche di mitra. Al mattino, lo scafo forato aveva cominciato ad affondare: annegano 268 rifugiati tra cui almeno 60 bambine.

– 11/10/2013 – Il “naufragio dei bambini”: 200 morti tra cui 60 minori.

– 13/09/2014 – Spaventoso naufragio in acque maltesi: 489 dispersi

– 13/04/2015 – Nove morti e 391 dispersi a largo delle coste libiche

– 19/04/2015 – Oltre 700 morti in acque libiche. I morti sono 142, i dispersi 630. Il naufragio è avvenuto al largo delle coste libiche. L’imbarcazione si sarebbe rovesciata dopo che i passeggeri hanno avvistato un mercantile e hanno tentato di attirarne l’attenzione

– 14/07/2015 – I corpi di almeno 100 migranti provenienti dall’Africa sub-sahariana sono stati ritrovati sulla costa di Tajoura, in Libia

– 07/08/2015 – 25 morti, 200 dispersi al largo di Zuwara, in Libia

– 25/08/2015 – 111 morti, 89 dispersi poco dopo la partenza da Zuwara in Libia

– 02/09/2015 – Aylan Kurdi, tre anni, il bambino siriano diventato un simbolo della strage del Mediterraneo, è uno dei 12 profughi (7 morti e i 5 dispersi) affogati mentre tentavano di raggiungere l’isola greca di Kos. C’erano 23 persone a bordo delle due imbarcazioni, che si sono rovesciate dopo essere partite dalla zona di Akyarlar, nella penisola Bodrum in Turchia. Gli altri sono stati tratti in salvo

– 05/10/2015 – I corpi di 95 profughi sono stati ritrovati sulle coste libiche: 85 vicino Tripoli, altri 10 nei pressi di Sabratha

– 25/10/2015 – Quarantatre morti e tredici dispersi a Lesbo in Grecia. Tra le vittime anche una donna e due bambini

– 28/10/2015 – Cinquantasei le vittime e tredici i dispersi a largo di Lesvos, in Grecia. Tra i morti, 13 bambini

– 18/12/2015 – A Bodrum, in Turchia, diciotto vittime, dieci sono bambini

– 22/01/2016 – Trentacinque morti e dieci dispersi a Kalolymnos in Grecia. Diciassette bambini tra le vittime

– 30/03/2016 – Novanta morti al largo di Sabratha, in Libia

– 15/04/2016 – Cinquecento dispersi al largo della Libia

– 26/05/2016 – Cinquecentocinquantasei dispersi a Zuwara. Un barcone si ribalta al largo della Libia

– 26/05/2016 – Quarantacinque morti e 170 dispersi nel Canale di Sicilia

– 03/06/2016 – Nove morti e trecentodieci dispersi al largo di Creta, in Grecia

– 25/07/2016 – Centoventi morti al largo di Sabratha, in Libia

– 21/09/2016 – Un barcone carico di migranti diretti in Italia, si è ribaltato nel delta del Nilo, a Rosetta. Duecento quattro morti e 83 dispersi

– 14/11/2016 – Centrotrentacinque morti in un naufragio al largo di Tripoli, in Libia

– 15/11/2016 – Un gommone si ribalta al largo delle coste libiche a causa del mare mosso. Il bilancio è tragico. Novantacinque dispersi e quattro morti. Nelle operazioni di salvataggio coinvolta anche la nave Aquarius della Ong Sos Mediterranee che ha recuperato 114 persone

– 24 maggio 2017 – Un’imbarcazione si ribalta al largo del porto libico di Zuara, soccorsa da Guardia Costiera italiana e ong Moas. Circa 200 migranti cadono in mare da un barcone con circa 500 migranti a bordo. Di questi, si contano 34 morti

– 19/01/2019 – Centodiciassette dispersi 45 km ad est di Tripoli. Tre i superstiti salvati dalla Marina italiana: sono rimasti in mare senza aiuto per tre ore prima dell’intervento aereo

– 25/07/2019 – Due imbarcazioni con circa 300 persone a bordo capovoltesi nelle acque davanti a Khoms, a circa 120 chilometri a est della capitale Tripoli: 150 morti, oltre 100 migranti dispersi e 145 riportati sulle coste libiche

Dal 3 ottobre, data della Strage di Lampedusa, al 28 gennaio 2021, l’Unhcr (Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati), ha stimato che il numero di morti e dispersi accertati ammonti a 20376.

Il 2021 è l’anno che vanta il triste record del numero di migranti e rifugiati intercettati dalla cosiddetta Guardia costiera libica e ricondotti in un sistema organizzato di miseria e violenze: 32.400 persone contro le 11.900 del 2020.

Da gennaio ad agosto del 2022, invece, sono state registrate 310 vittime e 851 dispersi: in totale 1.161 persone. Nella stessa area geografica, ma in Africa settentrionale, nei primi otto mesi dell’anno 450 persone sono decedute o non se ne è più avuta notizia.

Dall’inizio del 2023, il numero di morti e dispersi in mare supera già le 190 persone e queste sono solo alcune delle stragi avvenute da inizio anno:

– 10/02/2023 – Imbarcazione partita il 4 febbraio con 65 persone da un punto della costa africana nord-occidentale in direzione Canarie, poi rimasta alla deriva e ritrovata in mare da un peschereccio. Solo 31 superstiti, tra cui un bambino morto

– 10/02/2023 – Imbarcazione con 56 persone il 10 febbraio da Cap Boujdour (Sahara occidentale) e naufragata poco dopo la partenza. 36 morti, tra cui cinque bambini

– 15/02/2023 – 73 migranti morti in un naufragio al largo della Libia: 11 i corpi recuperati, 62 i dispersi. Il barcone era partito da Qasr Al Kayer con circa 80 persone a bordo

– 26/02/2023 – Strage in mare al largo di Cutro, Crotone. Al momento, 60 cadaveri recuperati, tra cui due gemellini di pochi anni, un neonato e molte donne. Oltre 40 dispersi e circa 80 superstiti. Erano partiti in 150-180

Accordi tra Italia e Libia: dove finisce l’umanità

Nell 2017 il governo italiano, al fine di contrastare l’immigrazione irregolare in arrivo soprattutto dalla Libia, approva il decreto Minniti, che prevede regole più severe in tema migratorio, tra cui la creazione di 20 centri per l’espulsione di stranieri non in regola. Nello stesso anno, viene firmato il memorandum tra il premier Paolo Gentiloni e il primo ministro libico Fayez al Serraj, che rafforza la cooperazione tra i due Paesi ed ha anche l’obiettivo di limitare le partenze dalla Libia.

Nel 2019 l’accordo italo-libico, firmato il 2 febbraio 2017 sotto il governo Gentiloni, viene rinnovato dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Il trattato è un documento d’intesa tra i due Paesi firmato per la prima volta il 2 febbraio 2017, sotto il governo Gentiloni. L’accordo, con durata di tre anni e rinnovo automatico, prevede che il governo italiano fornisca aiuti economici e supporto tecnico alle autorità libiche per ridurre i flussi migratori, ai quali viene affidato la sorveglianza del Mediterraneo attraverso la fornitura di motovedette, di un centro di coordinamento marittimo e di attività di formazione. Tali accordi sostengono però anche l’operato dei centri di detenzione, definiti ufficialmente “centri di accoglienza”, dove le persone vengono quotidianamente sottoposte a trattamenti inumani e degradanti.

Il Memorandum d’intesa sulla migrazione stipulato dall’Italia con la Libia è stato automaticamente rinnovato il 2 febbraio 2023 per i prossimi tre anni. Da quando è stato firmato nel 2017, il sostegno tecnico e finanziario fornito dall’Italia alle autorità libiche è stato fondamentale per facilitare l’intercettazione di migliaia di persone che tentavano di attraversare il Mediterraneo per raggiungere l’Italia, e il loro ritorno forzato in Libia.

Il 28 gennaio 2023, il primo ministro italiano Meloni ha visitato la Libia per firmare un ingente accordo sul gas con il paese e ha dichiarato che l’Italia fornirà alla Guardia costiera libica cinque “imbarcazioni completamente equipaggiate”. L’Italia sta evidentemente pagando affinché decine di migliaia di persone vengano intercettate e riportate in Libia, dove sono vittime di abusi che le Nazioni Unite descrivono come possibili crimini contro l’umanità.

“Le misure contenute nel provvedimento hanno l’evidente obiettivo di ostacolare le attività di soccorso delle Ong nel Mediterraneo centrale. Fanno parte del tentativo di assicurare che il maggior numero possibile di persone sia intercettato dai guardiacoste libici e riportato in Libia a subire detenzioni arbitrarie e torture. La nuova legislazione, insieme alla prassi dei ‘porti lontani’, che richiede alle Ong di sbarcare le persone soccorse in luoghi assai distanti dalle zone dove svolgono le attività di ricerca e soccorso in mare, rischia di provocare molte altre morti in mare. Causerà inevitabilmente maggiore sofferenza alle persone sopravvissute ai naufragi e produrrà l’ulteriore criminalizzazione delle legittime azioni di coloro che difendono i diritti umani” ha dichiarato Matteo de Bellis, ricercatore di Amnesty International sull’immigrazione.

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Maria Rita Balletta
Maria Rita Balletta
Studentessa di Giornalismo ed Editoria presso l'Università di Roma Tre. Appassionata di Cultura, Ambiente e Sport.
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