L’assurda vicenda giudiziaria di un ungherese a cui hanno rubato i documenti, utilizzati per aprire società (poi fallite) in Lombardia. È stato arrestato mentre era in vacanza a Roma e ha passato 13 giorni a Rebibbia
Come riportato da Repubblica, l’uomo, un quarantenne ungherese, una volta arrivato a Roma è stato arrestato e trasferito in carcere, a Rebibbia, dove è rimasto per 13 giorni, dal 3 al 16 agosto. L’arresto è arrivato per aver subito nel 2014 un processo, conclusosi con una condanna a suo carico. Tutto a sua insaputa. Gli agenti lo hanno prelevato dall’hotel in cui soggiornava, il Regina Margherita del quartiere Nomentano.
Solo dopo quasi due settimane la sezione feriale della Corte d’Appello di Milano ha ordinato la sua scarcerazione perché l’uomo non era a conoscenza di aver subito un processo in Italia. L’uomo è dirigente di un’azienda privata in Ungheria e non era mai stato in Italia fino allo scorso 3 agosto. Eppure, il suo nome era collegato a una società in Lombardia di cui risultava intestatario. L’azienda, che operava nel settore edile, è fallita e lui è stato processato per non aver pagato i contributi ai dipendenti: la condanna di un anno di reclusione è arrivata nel 2014.
Così, non appena l’uomo ungherese è arrivato in Italia è stato trasferito in carcere per scontare la sua pena. Ma lui si è subito difeso negando tutto: non era mai stato prima in Italia e non aveva mai posseduto alcuna società. Figuriamoci aver subito una condanna in un processo. Ma un fatto raccontato dall’uomo successo proprio nel 2014 ha messo a posto i tasselli dello strano caso.
Proprio nel periodo in cui risulta condannato, il 2014, l’uomo ha dichiarato di aver subito un furto di documenti. E chi era stato condannato nel 2014 portava proprio il suo nome e cognome, qualcuno che gli aveva rubato l’identità.
La console ungherese in Italia, Csilla Papp, è stata subito coinvolta nel caso e sta valutando un intervento formale. A confermarlo, anche l’avvocato Scaringella, che difende il turista: “Dopo il furto dei documenti, qualcuno deve usato la sua identità per aprire della società a sua insaputa in Italia – ha spiegato il legale -. Oggi miriamo alla totale assoluzione, ha subito un furto di identità. Inoltre, né il penitenziario, né gli agenti di polizia sono riusciti a fornire risposte o notizie a me, la mio assistito o al consolato ungherese sulla sua situazione”. Ora l’uomo è libero ma reclama giustizia.
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