Dopo una serie di flop che ne hanno ridimensionato la reputazione
Roma, 13 set. (askanews) – Masayoshi Son, il vulcanico fondatore di SoftBank, si frega le mani in attesa che l’offerta pubblica iniziale (IPO) del produttore di chip Arm – i cui prodotti sono praticamente in tutti gli smartphone del mondo – possa riportarlo ai tempi in cui era considerato un finanziere dal tocco magico.
Arm, che quoterà questa settimana sul Nasdaq 95,5 milioni di azioni, è un’azienda britannica con quasi 6mila dipendenti che nel 2016 è stata acquisita dal gruppo di Son per 32 miliardi di dollari. SoftBank punta a rastrellare tra i 4,5 e i 5,2 miliardi di dollari.
Sebbene la quotazione di Arm non raggingerà i livelli di euforia visti con l’IPO del concorrente Nvidia, si tratterebbe di un bel risultato, perché porterebbe il valore di mercato di Arm ai 52 miliardi di dollari, anche se solo un mese fa – quando SoftBank ha acquisito dal veicolo d’investimento consociato Vision Fund il 25 per cento – la stessa compagnia era stata valutata 64 miliardi di dollari.
Alcuni investitori tech di prima grandezza – come Apple, Google, Nvidia, Intel e TSMC – hanno concordato l’acquisto fino a 735 milioni di dollari di azioni Arm al prezzo di collocazione, secondo quanto ha riportato nei giorni scorsi il Financial Times.
Son è un outsider nel mondo legato a grandi famiglie e strutture rigide (i conglomerati “keiretsu”) dell’economia giapponese. E’ nato in Giappone nel 1957, secondo di quattro figli di genitori di etnia coreana – come tradisce il suo cognome – che vivevano in una casa abusiva e dovevano sbarcare il lunario allevando polli e maiali.
Sottoposti alle odiose discriminazioni contro i cosiddetti coreani “zainichi”, però, i Son riuscirono a guadagnare bene (anche mettendo in piedi un commercio di sake) e questo consentì al giovane Masayoshi di fare buone scuole, fino a spostarsi a 16 anni in California, a San Francisco, e a frequentare la prestigiosa Università di California a Berkeley, dove studiò economia.
Era il posto dove stare in quel momento. Il suo primo grande successo fu la realizzazione di un traduttore automatico che vendette alla compagnia giapponese Sharp per circa 1,5 milioni di dollari.
Quando tornò in Giappone, Son rinunciò all’utilizzo di un cognome giapponese (che i genitori gli avevano imposto per non incorrere in discriminazioni) e tornò a quello originario, in un atto di orgoglio che è considerato un modello da molti giovani zainichi.
La fondazione della SoftBank risale al 1981, come software house, con uno spin-off come operatore di telefonia mobile, ancora operante. Oggi la casa d’investimento porta il nome di SoftBank Group Corp.
Lo stile d’affari di Son è considerato spregiudicato, in linea con un carattere che non le manda a dire. Tra le grandi scommesse l’acquisto nel 1995 di una quota di Yahoo! (che lo portò temporaneamente a essere l’uomo più ricco del mondo) e nel 1999 di una parte di Alibaba, quando ancora la stella di Jack Ma era di là da sorgere (e oggi pare pure tramontata).
Altre grandi scommesse di Son sono state l’acquisto dell’operatore telefonico Usa Sprint, l’ingresso in Deutsche Telekom, il fondo d’investimento Vision Fund da 100 miliardi di dollari per intervenire nei mercati a più elevato valore tecnologico.
Ma proprio da questo settore sono venuti i principali dolori per Masayoshi Son, il cui Vision Fund nel 2022 ha dovuto dichiarare perdite per oltre 27 miliardi di dollari, con una valutazione del portafoglio in caduta. I flop più rumorosi sono stati probabilmente quelli legati agli investimenti in WeWork, in Wirecard (processore di pagamenti tedesco fallito), oltre che il crack della family bank Greensill Capital. “Non addurrò scuse, è stata una dura lezione”, ha commentato Son dopo il caso WeWork.
L’IPO di Arm è considerata la più grande quotazione di quest’anno per il Nasdaq e si sta rivelando popolare, avendo ricevuto richieste 10 volte superiori e spingendo SoftBank a prendere in considerazione l’aumento del prezzo. Ma il responso finale sul fatto che Son sia tornato a essere la gallina dalle uova d’oro lo darà solo il mercato.