È Catanzaro, fra i principali capoluoghi di regione italiani, la città dove i mutui per comprare casa costano di più: per un finanziamento da 150.000 euro della durata di 25 anni, si paga una rata mensile di 1.000 euro, ben 200 euro in più rispetto agli 800 euro che si pagano a Bologna.
Il tasso d’interesse medio praticato dalle banche in Calabria è pari al 6,23%, a un passo dal 6,25% del Molise, che detiene il record in Italia, mentre in Emilia-Romagna gli interessi applicati ai prestiti immobiliari sono del 4,03%, i più bassi in Italia. È quanto rileva la Fabi, secondo cui oltre al Molise, il tasso medio sui nuovi mutui, rilevato a giugno scorso sulla base delle statistiche della Banca d’Italia, è superiore al 6% anche in altre tre regioni: Calabria (6,23%), Sicilia (6,14%) e Campania (6,02%)
Secondo i dati di un documento illustrato oggi dal segretario generale della Fabi Lando Maria Sileoni a Mattino Cinque, sono invece sei le regioni con il tasso d’interesse medio sui prestiti immobiliari inferiore al 5%: Piemonte (4,68%), Valle d’Aosta (4,55%), Friuli-Venezia Giulia (4,50%), Lombardia (4,48%), Lazio (4,24%) ed Emilia-Romagna (4.03%). Altre 10 regioni, poi, si posizionano nella forchetta tra il 5% e il 6%: Puglia (5,91%), Basilicata (5,87%), Abruzzo (5,65%), Sardegna (5,61%), Liguria (5,57%), Umbria (5,50%), Veneto (5,33%), Toscana (5,21%), Marche (5,20%), Trentino-Alto Adige (5,09%).
Fra i principali capoluoghi di regione italiani, è dunque Catanzaro la città dove un finanziamento per l’acquisto di un immobile viene concesso con le condizioni peggiori per la cliente. Nel caso di un mutuo da 150.000 euro della durata di 25 anni, infatti, la rata mensile è pari a 1.000 euro contro gli 800 euro pagati a Bologna, dove si registrano i costi più bassi d’Italia.
Fra le altre grandi città, a Milano la rata mensile è di 841 euro, a Roma di 821 euro, a Napoli di 980 euro, a Torino di 859 euro, a Firenze di 906 euro. I dati si riferiscono ai prestiti a tasso fisso, in questo momento più conveniente rispetto al variabile: ciò perché – spiega il sindacato – il mercato ritiene che il livello del costo del denaro sia vicino al picco e, pertanto, ipotizza una discesa nel breve periodo, ovvero due o tre anni, sia del tasso di riferimento sia del livello dell’inflazione.
“Consequenzialmente, si ipotizza una discesa anche per quanto riguarda gli interessi su mutui e prestiti, ragion per cui il tasso variabile potrebbe essere meno vantaggioso, in prospettiva, per la banca che eroga un finanziamento”, afferma la Fabi. L’inversione della curva dei tassi si è verificata l’ultima volta nel 2008, nel periodo della crisi dei mutui subprime negli Stati Uniti e del fallimento Lehman Brothers, prima ancora in occasione delle recessioni del 1990 e del 2001. L’andamento dei vari tipi di interessi è legato alle aspettative dei mercati rispetto a due indici interbancari: l’Euribor, utilizzato per i mutui a tasso variabile, e l’Irs (interest rate swap) per quelli a tasso fisso.