venerdì, Novembre 22, 2024
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“Ode a Napoli”: un documentario capace di andare oltre gli stereotipi

Trudie Stiler, attrice, regista e produttrice al suo terzo lungometraggio, ama l’Italia come il consorte Sting. In questa occasione, con un maestro della fotografia come Dante Spinotti, chiede il permesso di entrare a Napoli a partire dal Rione Sanità. Ne nasce un panorama ampio e ricco di testimonianze.

Uno sguardo su una città moderna, ma antica nel cuore, capace di andare oltre gli stereotipi per scoprire un tessuto sociale ricco di iniziative e di umanità.

Spesso e volentieri chi è nato altrove e vuole raccontare l’Italia, rischia, anche con le migliori intenzioni del mondo, di cadere nello stereotipo. È successo anche a un genio del cinema come Woody Allen quando ha voluto girare un suo film a Roma. Se però ci si è presi il tempo non solo per amare il nostro Paese ma anche per conoscerlo l’approccio può cambiare. Quello di Trudie Stiler è assolutamente privo di pregiudizi oltre che capace di muoversi su più piani culturali.

Non è un caso che il suo documentario prenda l’avvio, tornandoci poi in più occasioni, dal rione Sanità. Quel quartiere in cui Eduardo aveva collocato il suo ‘sindaco’ Don Antonio Barracano il cui motto era «chi tiene santi va in Paradiso, chi non ne tiene viene da me» con un non troppo velato accenno alla camorra. Apre invece con un sacerdote che ha aperto le porte della sua chiesa non per indottrinare ma per accogliere. Anche in maniera che i bacchettoni (ce ne sono ancora purtroppo) riterrebbero sconveniente. Quando dice a Trudie che in sacrestia fino a poco tempo fa si praticava la boxe si può restare sorpresi ma più avanti verrà chiarito il senso (più che positivo) di questa informazione.

Da quel momento veniamo accompagnati a conoscere persone del popolo che hanno subìto uccisioni di familiari o assistito a un femminicidio ma hanno deciso (con modalità diverse) di reagire non con la violenza ma con la positività. Scopriamo il ruolo che la musica (dal rap alla classica) può avere nel contribuire alla formazione di personalità che non diventino manovalanza per la malavita.

Comprendiamo così che Napoli è una città che non può essere etichettata con la superficialità che spesso viene utilizzata nei suoi confronti. È importante, sotto questo aspetto, che Stiler faccia intervenire in più occasioni Roberto Saviano che da alcuni è additato come uno dei principali colpevoli della parificazione Napoli=Camorra grazie al libro e alla serie di grande successo internazionale che ne è derivata. Come riferisce un tassista (che ha corso il rischio di rimanere intrappolato nel giro dello spaccio di droga riuscendo invece ad uscire indenne) talvolta alcuni turisti preferiscono andare a Scampia a vedere Le Vele che non al Museo di Capodimonte. Ma non è certo colpa dello scrittore che ha denunciato un sistema non perché suscitasse emulazione e tantomeno per farlo diventare attrazione turistica.

Non vengono quindi nascosti i molteplici aspetti di una città fatta di ombre ma ci viene ricordato che, insieme ad esse, c’è la luce di tante persone (sia individualmente che in gruppo) e ci sono iniziative sia in campo artistico che in altri campi (come la già citata boxe) che fanno sì che Napoli sia una città in cui ‘si può entrare’. Magari chiedendo permesso senza supponenza e senza risposte preconfezionate alle domande che i suoi stessi abitanti si pongono ogni giorno.

FONTE – MYMOVIES.IT

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