venerdì, Novembre 22, 2024
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Omicidio Giulia Cecchettin, l’interrogatorio di Turetta: “Lei era mia e solo mia, non poteva essere di altri”

È terminato dopo quasi nove ore l’interrogatorio di Filippo Turetta, in carcere con l’accusa di aver ucciso l’ex fidanzata Giulia Cecchettin l’11 novembre.

Il 21enne ha risposto alle domande davanti al pm di Venezia Andrea Petroni. Pause lunghe, silenzi, lacrime, sguardo spento ma anche risposte articolate, quelle che non aveva dato al gip tre giorni fa. E alcune incongruenze nel racconto verificate con domande puntuali, di fronte a diversi “non ricordo”. E quel “mi è scattato qualcosa in testa” per spiegare l’orrore. Poi la sua verità, il perché dell’omicidio che ha sconvolto tutta Italia.

Nell’interrogatorio fiume, andato avanti dalle 11 fino alle 20, Turetta ha dovuto ricostruire passo passo tutto ciò che è avvenuto quella sera, ma anche nei giorni precedenti e nella settimana di fuga fino in Germania.

Il tutto dopo che nelle poche dichiarazioni alla giudice Benedetta Vitolo si era detto “affranto, dispiaciuto”, pronto a “pagare” per le sue responsabilità e a “ricostruire” nella sua “memoria” quello che gli era “scattato” nella testa quella sera. Avrebbe sostenuto di aver avuto la mente offuscata, un blackout, quando ha capito che Giulia non era decisa a troncare.

Mentre attende il trasferimento nella sezione “protetti” del penitenziario, a sua tutela, il giovane potrebbe essere sentito nuovamente dagli inquirenti nei prossimi giorni. Potrebbero servire altre ore di interrogatorio per fare definitiva chiarezza su tutti i dettagli.

 Lui parlava di “amore”, le diceva che solo con lei stava bene e che altrimenti si sarebbe ammazzato. Nel frattempo, come hanno raccontato anche le sue amiche con cui Giulia si confidava, la pedinava a volte, soprattutto nelle ultime settimane, e faceva crescere in lei “ansia e paura”.

Quella sera di sabato lei ha accettato di andare a cena in un centro commerciale a Marghera. Lui insisteva ancora per recuperare il rapporto, lei era decisa nella sua scelta. La prima aggressione nel parcheggio a Vigonovo, a meno di 200 metri da casa di lei, al ritorno.

“Ho perso la testa, mi è scattato qualcosa”, avrebbe ripetuto Turetta in carcere. Nel parcheggio di via Aldo Moro i calci quando Giulia è già fuori dall’auto del 21enne, lei che cerca di reagire e un vicino di casa che vede parte della scena, dà l’allarme che resta inascoltato. Turetta, intanto, l’ha già portata, chiusa dentro la Fiat Grande Punto nera, nella zona industriale di Fossò, deserta il sabato sera.

 Una telecamera di sorveglianza riprende le fasi finali della seconda aggressione. Non le coltellate, tante, oltre venti.

Le immagini mostrano Giulia, spinta e colpita da dietro mentre tenta di fuggire di corsa, già fuori dalla macchina. Sbatte la testa su un marciapiede e resta a terra e lui la carica sull’auto. Poi la fuga di Turetta.

Il corpo di Giulia, già morta dissanguata, l’ex fidanzato lo abbandonerà a oltre cento chilometri di distanza, vicino al lago di Barcis, con dei sacchi di plastica neri a coprire il cadavere. Sacchi che aveva già con sé quella sera. Nel pomeriggio avrebbe fatto pure un sopralluogo a Fossò.

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