Il Pnrr sta salvando il Sud dalla recessione, ma la crescita nel 2023 è dimezzata rispetto al resto del Paese, pari allo 0,4%, e non basta a fermare la povertà che dilaga sempre di più anche tra chi lavora.
Il Rapporto Svimez sull’economia e sulla società del Mezzogiorno descrive un “meccanismo micidiale”, con le parole del presidente Adriano Giannola.
Quasi una famiglia di lavoratori su dieci nel Meridione vive in indigenza assoluta e tra bassi salari, anni di precariato, lavoro in nero e part time involontario avere un impiego spesso non basta per guadagnare abbastanza per vivere. Così si continua ad emigrare, nonostante l’occupazione aumenti. A partire sono sempre più i giovani laureati: circa 20 mila in un solo anno, nel 2021.
Dal 2011 al 2023 il Mezzogiorno ha perso oltre un milione di residenti e il calo ha avuto intensità doppia nelle aree interne. Per Svimez il rischio è lo “spopolamento e il gelo demografico” con la perdita, al 2080, di 8 milioni di abitanti.
“Numeri da far tremare i polsi”, secondo il sindaco di Napoli e delegato dell’Anci, Gaetano Manfredi, che ha sollecitato un modello di sviluppo industriale del Mezzogiorno orientato ad imprese ad alto valore aggiunto e alto tasso tecnologico per garantire ai giovani lavoro di qualità.
Il Rapporto Svimez ha indicato una rotta a partire dalle prime urgenze che sono salari, lavoro povero ed emigrazioni giovanili. Per crescere – è la ricetta – servono politiche industriali, ridurre il divario di genere e aumentare i laureati. Oltre alla piena attuazione del Pnrr, soprattutto al Sud, superando i ritardi dei comuni dovuti alla debole capacità amministrativa.
“Senza il Pnrr avremmo un Paese sostanzialmente in recessione e un Sud con una recessione più forte che nel resto d’Italia nel prossimo biennio”, ha detto il direttore di Svimez, Luca Bianchi. Senza Pnrr, il Pil del Mezzogiorno calerebbe dello 0,6% nel 2024 e dello 0,7% nel 2025 e quello del Centro-Nord sarebbe in stagnazione. Grazie al Pnrr, invece, la crescita prevista è dello 0,7% nel 2023 come nel 2024 a livello nazionale ( +0,7 al Centro-Nord e +0,6 a Sud) e nel 2025 dell’1,2% (+1,3 al Centro Nord e +0.9% a Sud).
“A metà del guado del piano, non c’è da essere soddisfatti e manca una strategia con obiettivi precisi”, secondo Giannola che ha chiesto di aprire una riflessione, anche sulla nuova zona economica speciale unica, la Zes. La Svimez ha segnalato poi i rischi legati ai 100 mila posti negli asili nido saltati nella revisione del Pnrr che potrebbero pregiudicare il raggiungimento del target europeo del 33% in Lombardia (32,4%), Puglia (32%), Campania (23%) e Sicilia (17,8%). Ha chiesto quindi che i nuovi fondi stanziati dal governo vadano dove ce n’è più bisogno.
Il ministro per gli Affari europei, per le politiche di coesione e per il Pnrr, Raffaele Fitto, ha risposto ribadendo che il governo ha stanziato i fondi per mantenere l’obiettivo sugli asili nido e chiesto di “evitare polemiche sloganistiche di cui il Paese non ha bisogno”. Il ministro ha osservato, come ogni volta che il governo modifica qualcosa, citando per esempio le politiche di coesione, si apre “un grande dibattito come se si toccasse qualcosa che funziona”, ma i dati dimostrerebbero che così non è. Anzi: “il rapporto conferma la diagnosi del Governo che sin dal suo insediamento ha denunciato la grande difficoltà di spesa delle amministrazioni centrali e regionali nel Mezzogiorno e soprattutto l’inefficacia della stessa “.
L’allerta di Svimez è massima anche sulla riforma dell’autonomia differenziata, che rischierebbe di trattenere in tre regioni del Nord, Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, il 30% del gettito Irpef nazionale e sugli effetti dei cambiamenti climatici, che colpiranno più pesantemente il Mezzogiorno. “Si potrebbe allargare ancora di più il fossato che separa le due parti del Paese”, ha osservato il segretario confederale della Uil Santo Biondo.
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