L’assestamento dell’inflazione, ferma a febbraio allo 0,8%, è un segnale positivo, ma sul fronte dei listini al dettaglio il bicchiere è purtroppo ancora “mezzo vuoto”: occorre infatti ricordare che il dato arriva dopo due anni di caro-prezzi che hanno influito pesantemente su redditi e capacità di acquisto delle famiglie.
Lo afferma il Codacons, commentando i numeri forniti oggi dall’Istat.“Al di là del tasso medio di inflazione di febbraio che risente della forte contrazione registrata per i beni energetici (-17,3% su anno), è senza dubbio da evidenziare la frenata del carrello della spesa che su base annua scende dal +5,1% al +3,4%, mentre i prodotti ad alta frequenza d’acquisto passano dal +3,5% di gennaio a +2,8% di febbraio – spiega il presidente Carlo Rienzi – Segnali positivi che tuttavia non bastano: nel biennio 2022-2023 i prezzi al dettaglio sono infatti saliti complessivamente del +13,8%, aggravando la spesa delle famiglie e incidendo su redditi e capacità d’acquisto dei cittadini.
I listini devono quindi invertire il trend e iniziare a scendere, specie in settori come gli alimentari dove i rincari sono ancora sostenuti e nell’ordine del +3,9%” – aggiunge Rienzi.Il Codacons sottolinea poi le forti differenze a livello territoriale sul fronte dell’inflazione: Napoli e Bolzano sono le città che, a febbraio, registrano la crescita dei prezzi più sostenuta, con un tasso medio annuo del +1,7%, mentre ben 4 province appaio in deflazione, Brescia e Catania (-0,1%), Ancona (-0,2%) e Campobasso (-0,9%).
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