“Tracking transient changes in the plumbing system at Campi Flegrei Caldera” è il nome del nuovo studio pubblicato oggi dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, una vera e propria fotografia del sottosuolo della caldera flegrea. Le novità scoperte dagli scienziati sono tante ed importanti ai fini della prevenzione.
I ricercatori hanno utilizzato una tecnica che analizza il rapporto tra la velocità delle cosiddette onde P (prime o di pressione) e il loro rapporto con le cosiddette onde S (seconde o di taglio). Questo metodo ha permesso di far luce sulle caratteristiche della velocità crostale fino alla profondità di 6 km, dove le tradizionali tecniche linearizzate hanno sempre mostrato limiti di risoluzione.
L’uso di questo metodo ha permesso di individuare per la prima volta tre principali zone di accumulo di materiale magmatico sotto l’area risorgente, corrispondenti alle sorgenti delle deformazioni bradisismiche. Mentre i serbatoi centrali, localizzati a 2.5 e 3.5 km di profondità, rivelano un accumulo prevalente di “fluidi in sovrapressione”, il serbatoio più profondo, localizzato a 5 km, mostra valori di velocità coerenti con un accumulo di magma.
Quindi per essere chiari il primo accumulo sono fluidi magmatici ma non è la lava, quella si trova nel secondo serbatoio localizzato a circa 5km. Questo approccio può rivelarsi un utile strumento per monitorare nel tempo l’evoluzione del sistema di alimentazione magmatica.
Per chi volesse approfondire qui può trovare il link con la pubblicazione dello studio.