domenica, Settembre 8, 2024
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Crollo Scampia: seconda notte fuori casa per 800 persone

La gente a Scampia, dopo il crollo nella Vela celeste che ha provocato due morti e tredici feriti, e’ affranta, stanca, delusa, provata dal dolore e dall’incertezza che sembrano prevalere persino sulla rabbia. Molti non hanno la voglia e la forza di parlare dopo una giornata e la seconda notte trascorsa tra le tende allestite dalla Protezione civile proprio davanti all’ingresso della Vela celeste, le palestre messe a disposizione dal Comune per una temporanea accoglienza, in macchina o nella sede dell’universita’ Federico II, inizialmente occupata e poi in qualche modo concessa per accogliere parte dei circa 800 sfollati. Sono circa 300 i bambini che con le loro famiglie, una settantina i disabili, sono rimasti senza casa e chi potrebbe rientrare in 66 abitazioni che hanno passato la verifiche dei tecnici non e’ certo di voler rientrare e, in segno di solidarieta’ per chi non puo’ tornare nelle abitazioni, ha deciso di restare con “il resto della famiglia – dice all’Agi, mentre tiene per mano una bambina, Claudia, 22 anni – perche’ noi siamo una grande famiglia e se torniamo, se rientra qualcuno, non ci danno piu’ gli alloggi”.

E’ anche una questione di dignita’: tutti chiedono l’assegnazione di nuove abitazioni, per le quali sono in lista, in molti casi da anni. “La casa e’ agibile, e la scala? Per entrare devo passare per la scala e chi mi dice che e’ agibile anche quella?”, ci chiede Daniele, in attesa di notizie e di entrare nella Vela per recuperare alcune cose. Anna, una giovane donna, anche lei in fila con altri familiari, sottolinea che non si sentirebbe tranquilla a far rientrare i suoi bambini, in quella che fino a poche ore prima era la loro casa.

Il crollo ha segnato tutti nel quartiere. Scampia, il quartiere di Gomorra, il quartiere che dopo la faida di Secondigliano e’ in parte rinato, anche e soprattutto grazie a chi si e’ dato da fare e ha creduto in un altro percorso possibile, oggi fa i conti con la realta’ e una tragedia: le Vele, i mostri della zona Nord, non hanno mai smesso di essere simbolo di abbandono e disinteresse, oltre che di degrado.

“Le istituzioni? Chi sono? Quali?”: Mario, 28 anni, amico di Roberto Abbruzzo, vittima del crollo nella Vela Celeste, con amarezza ricorda i politici che durante la campagna elettorale “vengono per prendere voti e ci parlano dei progetti, delle case che ci daranno. Poi si prendo i voti e non ci sono piu’. Salvini qui ha fatto il pieno, ma non hanno messo neanche un mattone per i nuovi alloggi”. Accanto a lui, mentre parla con altri abitanti della Vela celeste, Marianna, 45 anni, dice: “qui dovrebbe venire la signora Meloni. E’ successa una cosa terribile. Per cortesia, per pieta’ deve venire qua”. “Bisognava che ci scappasse il morto”, ci dice Danilo, 23 anni, che nelle Vele, in particolare in quella rossa, ci e’ nato e da alcuni anni ha ottenuto con la sua famiglia l’assegnazione di un alloggio poco distante da dove e’ avvenuto il crollo.

“Ero a pochi metri, quando e’ successo – racconta con voce tesa, intrisa di amarezza, che prova a non cedere alla rabbia e alla commozione – all’improvviso un frastuono e il panico. Poi abbiamo scoperto che era caduto il ballatoio, il primo, al terzo piano. E dopo, di conseguenza e’ caduto sia quello del secondo che del primo piano. Il ragazzo che e’ morto era un amico di un mio amico – dice – e pure questa notizia mi ha angosciato, perche’ aveva delle figlie che dovranno realizzare che non hanno piu’ un padre. Una vicenda che lascia un vuoto enorme, e’ l’ennesima prova che Scampia e’ un quartiere abbandonato a se stesso. Bisognava che succedesse questo? Doveva scappare il morto per dare attenzione ai cittadini di Scampia?”. Non e’ difficile sentire persone che abitano nei rioni di case popolari che circondano le Vele, sottolineare che in fondo era tutto prevedibile. Federica, 20 anni, studentessa universitaria, anche lei orgogliosa del suo quartiere, parla dei cambiamenti positivi che hanno fatto di Scampia un posto migliore, ma le Vele “sono rimaste come isolate.

La situazione degli abitanti non e’ migliorata, e’ come se i cittadini delle Vele e cio’ che li riguarda rappresentino una realta’ a se stante. In tanti attendono da anni che gli venga assegnata una casa – aggiunge – non possono permettersi una sistemazione alternativa e non e’ giusto abbandonarli e ghettizzarli”. Maria, 72 anni, si e’ trasferita dopo il terremoto dell’80 da Napoli a Scampia: “si sapeva quello che c’era li’ dentro – afferma – e si poteva evitare. Io che abito qua da tanti anni e conosco la storia la situazione delle Vele…ce lo dovevamo aspettare da un momento all’altro”. “La Vela non mi e’ mai risultato, e abito li’ da 15 anni, che e’ caduto il ballatoio, che si e’ spostata la scala”, racconta un’altra donna seduta all’interno dell’universita’ con la sua famiglia, facendo riferimento ai lavori in corso da mesi per la messa in sicurezza e la riqualificazione della Vela celeste: “i lavori che sono stati fatti, sono stati fatti giu’ e hanno indebolito l’edificio. Da mesi trema tutto, ci sono continue vibrazioni”.

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